I netizen più nazionalisti non hanno dubbi: c’è dietro “l’infiltrazione culturale occidentale“. Senza fornire prove, in molti hanno tacciato l’illustratore Wu Yong e il suo studio di lavorare segretamente con la CIA per corrompere le anime innocenti dei giovani cinesi. Nessuna pietà nemmeno per l’alma mater di Wu, l’Accademia delle arti e del design della prestigiosa Tsinghua University, accusata di “allevare traditori”.
Non è chiaro perché i manuali abbiano attirato tanta attenzione solo ora. Sul web qualcuno ha affermato che “il problema non è nuovo”; semplicemente in passato “nessuno si è assunto la responsabilità”. “Questo è l’annientamento culturale del Paese, il risveglio è troppo tardivo e il costo della rettificazione dei crimini troppo basso”, recita uno dei commenti più condivisi. Non sono bastate le rassicurazioni con cui l’editore ha promesso una revisione dei libri sospetti. Sono servite “le nostre più profonde scuse” per sedare il malcontento popolare.
In uso dal 2013 e ripubblicati due volte, i controversi testi sono opera della People’s Education Press, storica casa editrice per libri scolastici. Solo due anni fa, l’azienda statale – affiliata al ministero dell’Istruzione – era stata elogiata dal presidente Xi Jinping per aver contribuito a realizzare il “socialismo con caratteristiche cinesi” coltivando “la moralità delle persone” e ispirando saggezza. Ma gli anni passano, il contesto internazionale cambia, e la Cina è sempre più convinta che le influenze straniere siano un pericolo per la stabilità sociale. In gioco c’è la rinascita nazionale, il sorpasso sugli Stati uniti, ma ancora prima la sopravvivenza del sistema. “Dobbiamo garantire che tutti i libri di testo aderiscano alla corretta direzione politica e ai valori, che sostengano la cultura tradizionale cinese e soddisfino gli standard estetici condivisi”, ha avvertito il ministero dell’Istruzione commentando il caso.
Da anni scuole e università sono al centro di una campagna ideologica a base di marxismo, purghe, e classici cinesi. Nel 2015, in seguito a un esame approfondito, le autorità comuniste hanno bandito dalle aule i manuali stranieri promotori dei valori occidentali. D’altronde, l’ex Celeste Impero ha un trascorso turbolento con i libri: dal rogo ordinato nel 213 a.C. dall’imperatore Qin Shi Huangdi per spazzare via le correnti di pensiero avversarie, alla distruzione coreografata quattro anni fa da una biblioteca nella Cina centrale di tutte le “pubblicazioni illegali, religiose e devianti”. La decisione, criticata anche in patria, parve giungere in risposta alle proteste studentesche di Hong Kong e ai timori di Pechino per una possibile “rivoluzione colorata”.
Di Alessandra Colarizi
[Pubblicato su il manifesto]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.