Pechino indaga sul vino europeo

In by Gabriele Battaglia

La Cina lancia un avvertimento all’Europa: le misure anti-dumping sui pannelli solari danneggiano il commercio bilaterale. E oggi Pechino ha annunciato un’indagine sulle importazioni di vino europeo. Sembra una ritorsione contro le politiche comunitarie. Ma forse c’è ancora spazio per negoziare. Chi di spada ferisce… Appena 24 ore dopo l’annuncio dell’Unione europea delle misure anti dumping sui pannelli solari cinesi, Pechino ripaga l’Europa con la stessa moneta.

Il ministro del commercio cinese ha annunciato che indagherà sulle importazioni di vino europeo perché ha già ricevuto diverse lamentele sul fatto che l’aumento dei consumi di Bordeaux, Chianti e Champagne dipende anche dai sussidi ricevuti nel proprio paese d’origine dalle omonime aziende vinicole.

È chiaro che le tensioni commerciali cominciano a farsi sentire ha spiegato al South China Morning Post Ding Chun, esperto di questioni europee alla prestigiosa Università Fudan di Shanghai. Ma ha aggiunto cercando di rassicurare: “Fin’ora le azioni intraprese dalle due parti sono razionali, c’è ancora spazio per negoziare”.

Secondo i dati rilasciati dalla China Customs Administration le importazioni di vino sono cresciute dell’8,9 per cento rispetto l’anno precedente raggiungendo i 430 milioni di litri. Di questi, oltre la metà sono vini europei, segmento che è cresciuto del 5,8 per cento rispetto all’anno precedente.

Secondo i dati dell’Unione europea, l’anno scorso la Francia – che è il più grande esortatore di vino in Cina – ha fatturato 546 milioni di euro su un totale europeo di 763. Al secondo posto la Spagna con 89 milioni seguita dall’Italia con 77. Numeri che sono poca cosa se si guarda il totale degli scambi commerciali tra Cina e Unione europea il cui totale ammonta a 433,6 miliardi di euro e che non comprende il mercato di Hong Kong che negli ultimi anni è diventato un hub per il commercio di vini.

Il vice direttore del Bureau of Fair Trade del ministero del commercio cinese Liu Danyang ha però sottolineato che sono “sempre stati contro il protezionismo”. La Cina indagherà in maniera giusta e leale, dando la necessaria importanza al settore del vino per l’Europa, sottolinea il Global Times.

Il portavoce del ministro del commercio Shen Danyang si è anch’esso premurato di sottolineare come la riduzione delle tariffe sui pannelli solari (11,8 per cento contro il 47,6) evidenzia il fatto che c’è ancora spazio perché le dispute vengano risolte attraverso accordi e negoziati. Ha inoltre aggiunto che le relazioni commerciali tra le due parti hanno basi solide e che la Cina assolutamente non vuole che questa disputa sui pannelli solari condizioni le relazioni tra e due economie. Il ministro ha inoltre aggiunto che le misure protezionistiche danneggiano entrambe le parti.

Attualmente, la maggioranza assoluta (15 su 27) dei Paesi membri si dice contraria a misure punitive contro gli esportatori cinesi di moduli solari: tra questi anche Gran Bretagna e Germania, che per prima aveva sollevato la questione. Mentre si avvicina l’ora del verdetto del commissario europeo al Commercio Karel de Gucht, che aveva proposto dazi per il 47% del valore delle merci importate il 9 maggio scorso, ad affrontarsi sono anche i due consorzi contrapposti.

AFASE (Alliance For an Affordable Solar Energy) generalmente considerata come il braccio europeo degli interessi degli esportatori cinesi, ha presentato ieri una petizione rivolta direttamente a De Gucht, in cui si sostiene che ben 18 Paesi sui 27 membri dell’Ue sarebbero contrari all’imposizione dei dazi anti-dumping provvisori.

“Le tariffe sulle importazioni dei pannelli solari proposte dalla Commissione europea 
– si legge nella petizione – danneggiano direttamente la lotta dell’Ue contro il cambiamento climatico.”

[Scritto per il Fatto Quotidiano; Foto credits: time.com]