Pechino-Hong Kong. Relazioni pericolose

In by Simone

Il 1 luglio saranno 15 anni che Hong Kong è "tornata" alla Cina ma il rapporto con la madrepatria continua a essere difficile, soprattutto in politica. Il presidente cinese Hu Jintao si recherà alle celebrazioni e cercherà di placare il malcontento offrendo finanza, turismo e una zona di sviluppo. Tra i 5mila e gli 8mila poliziotti saranno dispiegati per le strade di Hong Kong domenica 1 luglio, in occasione della visita del presidente cinese Hu Jintao per il 15esimo anniversario del passaggio dell’ex colonia britannica al Dragone.

Nello stesso giorno, entra ufficialmente in carica Leung Chun-ying, l’”amministratore delegato”,chief executive, che ha vinto le elezioni dello scorso marzo: elezioni che a Hong Kong sono ristrette a un comitato di 1.200 notabili vicini a Pechino.

Nei quindici anni trascorsi, su un piatto della bilancia c’è l’arricchimento di Hong Kong proprio grazie al legame virtuoso con il retroterra cinese: il Dragone ci ha messo industria e lavoro; l’ex colonia, i capitali e il mercato finanziario.

Hong Kong è stata la principale banca che ha finanziato il boom del continente. E che dire poi dell’arricchimento geometrico dei suoi speculatori immobiliari, pronti a sfruttare l’enorme mercato che si è aperto sulla terra ferma?

Sull’altro piatto ci sono questioni apparentemente ideali. Ogni anno, in occasione dell’anniversario dell’handover, migliaia di manifestanti chiedono più democrazia (sia nell’ex colonia sia nella Cina continentale) e rivendicano una maggiore indipendenza negli affari locali, dato che il motto di Deng Xiaoping – “un paese, due sistemi” – è spesso corrotto dall’infiltrazione delle forze filo-Pechino negli organismi che governano l’ex colonia di Londra.

Quest’anno però la ricorrenza, già particolarmente “sensibile” perché giunge alla vigilia del cambio della guardia nella stessa Pechino, è ulteriormente problematica.

Il gap tra ricchi e poveri sta infatti aumentando.

I prezzi degli immobili hanno registrato un’impennata del 95 per cento negli ultimi cinque anni e interi quartieri di Hong Kong si sono trasformati in shopping center di lusso dove gli arricchiti continentali sbattono il proprio benessere in faccia ai residenti.

I prezzi medi delle case sono 12,6 volte più alti del reddito annuo di una famiglia media, rivela una ricerca dell’agenzia Demographia, che confronta il dato con quelli decisamente più accettabili degli Usa (3,1 volte) e della Gran Bretagna (5 volte).

Molti cittadini dell’ex colonia, anche quelli di reddito medio-alto, non possono più permettersi l’acquisto di un appartamento. Quelli a basso reddito finiscono nelle minuscole stanze note come “box”.

Così lo stesso Leung Chun-ying è stato costretto a scusarsi per uno scandalo che l’ha coinvolto di recente. Era infatti emerso che l’”amministratore delegato” avesse fatto alcuni lavori illegali di ampliamento della propria casa.

Per sintetizzare, la Cina batte qualche colpo a vuoto proprio nella strategia che le ha permesso di conquistarsi la fedeltà di Hong Kong: il benessere diffuso.

E allora Pechino corre ai ripari secondo il suo consueto stile: affinché non si spezzi il rapporto di scambio, Hu Jintao si presenta nel “Porto profumato” con un pacco dono.

La strategia, scrive il South China Morning Post, è come al solito “win-win”: ci devono guadagnare entrambi i contraenti.

La prima misura dovrebbe riguardare la possibilità, per i cittadini cinesi, di investire nelle azioni quotate alla Borsa di Hong Kong attraverso exchange-traded funds.

Tradotto, significa che è in arrivo più liquidità per l’economia locale. Tuttavia, c’è chi dubita del successo di questa misura. Le performance delle azioni “hongkonghine” sono in ribasso e non è escluso che si verifichi quindi un flusso contrario: fuga da Hong Kong di capitali che cercano sbocco sulla terraferma.

Più favore, sempre secondo il Scmp, dovrebbero incontrare altre misure focalizzate sull’economia reale.

Pechino vorrebbe per esempio dare una bella mano al turismo di Hong Kong ammorbidendo le restrizioni a cui sono sottoposti i cinesi che vanno in crociera. Potranno visitare più paesi, tra cui la Corea del Sud e il Giappone, e il “Porto profumato” appare come uno scalo ideale (insieme a Taiwan).

Ma si attende soprattutto che venga messo il sigillo finale sulla Qianhai Shenzhen-Hong Kong Modern Service Industry Cooperation Zone, un progetto già approvato nel 2010 che prevede il lancio di una zona di sviluppo avanzato sui 15 chilometri quadrati dell’area di Qianhai, presso Shenzhen.

Il nuovo polo vedrà la compenetrazione di industria informatica, servizi finanziari e logistici. Sarebbe il gemellaggio definitivo tra il terziario di Hong Kong e il manifatturiero del Guangdong, sotto il cappello protettivo di Pechino e con la potenza di fuoco degli investimenti cinesi: un gigantesco Ogm economico con un miscuglio di Ruhr, Silicon Valley e City di Londra come patrimonio genetico.

Un film di fantascienza per il “Porto profumato”. E un legame sempre più stretto con la terraferma.

* Gabriele Battaglia è fondamentalmente interessato a quattro cose: i viaggi, l’Oriente, la Rivoluzione e il Milan. Fare il reporter è il miglior modo per tenere insieme le prime tre, per la quarta si può sempre tornare a Milano ogni due settimane. Lavora nella redazione di Peace Reporter / E-il mensile finché lo sopportano.

[Foto Credits: vendocasathiene.it]