Nonostante i recenti tentativi di Donald Trump di avvicinarsi alla Russia, provocando la Cina, Pechino e Mosca hanno dimostrato unità di intenti per quanto riguarda la crisi siriana. E la Cina potrebbe raccoglierne i frutti: in un’intervista alla tv di stato russa, Bashar al Assad ha sostenuto che «nel processo di ricostruzione della Siria dopo la guerra la priorità verrà data ai paesi amici come la Russia, la Cina, l’Iran e altri».«Il popolo siriano – ha continuato Assad – non consentirà l’accesso alle società di quei paesi che hanno avuto una posizione anti-siriana, si sono schierati contro l’integrità territoriale e hanno sostenuto il terrorismo, questo è assolutamente evidente».
Come in tante altre crisi internazionali la Cina, anche sulla Siria, ha tenuto una posizione ambigua, salvo parteggiare per Assad nelle sedi internazionali, votando insieme alla Russia anche di recente al consiglio di sicurezza del’Onu, a proposito della tregua e fornendo, mesi fa, sostegno militare, di addestramento, alle truppe governative di Assad.
Nelle settimane scorse in Siria, secondo fonti pechinesi, c’era l’inviato speciale da Pechino, Xie Xiaoyan che avrebbe visitato Damasco e che, come consuetudine cinese, avrebbe intavolato discussioni tanto con personale governativo, quanto con quello delle opposizioni, benché si fatichi a capire con chi precisamente l’inviato cinese abbia parlato.
Come al solito la Cina si predispone dunque a capire da che parte tira il vento, fermo restando una generale situazione globale in evoluzione, specie alla luce della futura presidenza di Donald Trump.
«La Cina ha specificato più volte che il problema può essere risolto solo attraverso una soluzione politica e che i mezzi militari non porteranno da nessuna parte» ha detto alla Reuters l’inviato speciale cinese per la Siria Xie Xiaoyuan lo scorso novembre. Ovviamente le cose nelle ultime settimane sono cambiate e neanche di poco.
All’epoca Xie aveva specificato che la Cina potrebbe essere un giocatore «ampiamente stimato e fidato» nelle eventuali operazioni a guerra finita. E queste parole sono tanto più importanti alla luce di quanto detto ieri da Assad.
Pechino osserva poi con attenzione anche le mosse della Russia. In questi giorni Putin incontra il premier giapponese Shinzo Abe, alla ricerca di accordi che la Cina guarda con attenzione.
Ieri inoltre è arrivato un nuovo alert da un think tank Usa: sugli isolotti di Fiery Cross, Mischief e Subi, nelle Spratly, sono state rilevate costruzioni identiche a forma esagonale da giugno e da luglio: «adesso sembra che le strutture siano un’evoluzione di fortificazioni militari già realizzate in forma più piccola sugli isolotti di Gaven, Hughes, Johnson e Cuarteron».
La Cina – come segnalato da molti dei suoi «vicini» – nei mesi scorsi ha costruito piste aeree e sistemi radar alle Spratly, in una mossa che ha raccolto la condanna degli altri Paesi dell’area (Vietnam e Filippine in testa) che hanno dispute territoriali con Pechino e di Usa e Giappone per il tentativo di cambiare lo status quo regionale con la forza.
Il portavoce del Dipartimento di Stato americano John Kirby ha evitato commenti sul rapporto, definito «una questione da intelligence. Dovreste consultare – ha aggiunto – il governo cinese per sapere cosa queste immagini possano significare o non significare. Noi abbiamo costantemente invitato la Cina e gli altri Paesi a impegnarsi in una pacifica soluzione delle dispute evitando ulteriori rivendicazioni territoriali, costruzioni, nuovi impianti e la militarizzazione».
[Scritto per Eastonline]