Pechino «caccia» corrispondente francese: «Ha offeso i sentimenti del popolo»

In by Gabriele Battaglia

La giornalista francese Ursula Gauthier, corrispondente da Pechino per il settimanale L’Obs dal 2009, è stata dichiarata dal ministero degli esteri cinese «persona non più adatta a lavorare in Cina». Le è stato negato il rinnovo del visto e dovrà lasciare il paese entro la fine dell’anno. Conseguenze di un articolo sulla solidarietà cinese «non senza doppio fine» all’indomani dell’attentato di Parigi, grazie alla quale Pechino ha rilanciato l’offensiva contro la minoranza uigura in Xinjiang.«Mi è stato chiesto di "scusarmi pubblicamente e solennemente per aver offeso i sentimenti del popolo cinese", di "affermare pubblicamente di non sostenere il terrorismo" e di "prendere le distanze dalle ong e dai media stranieri che hanno riportato il mio caso come esempio di violazione della libertà di stampa in Cina". Mi hanno detto che non c’era spazio per negoziare: dovevo fare pubblica ammenda su ognuno dei tre punti. Mi preparo a lasciare la Cina il 31 dicembre». Così ha scritto in una mail privata Ursula Gauthier, corrispondente a Pechino dal 2009 per il settimanale L’Obs.

Alla giornalista francese è stato negato il rinnovo del visto giornalistico a seguito di un articolo scritto all’indomani degli attacchi di Parigi in cui denunciava che la solidarietà espressa dal governo cinese alla Francia «non era senza un doppio fine», anzi. Avrebbe permesso alla Repubblica popolare di giustificare il pugno duro usato nella regione occidentale dello Xinjiang contro la minoranza turcofona e musulmana degli uiguri. Lì la situazione è sempre più simile a una guerra civile a bassa intensità. I locali lamentano che le loro tradizioni sono osteggiate e represse; Pechino denuncia che gli uiguri avrebbero velleità indipendentiste legate al movimento jihadista internazionale.

Per questo motivo la reporter era stata oggetto di una feroce campagna denigratoria portata avanti dai quotidiani di stato Global Times e China Daily. Tra le migliaia di commenti alcuni si chiedevano perché l’articolo originale della Gauthier non fosse rintracciabile online (leggi: censurato) mentre altri la minacciavano di morte.

Una situazione estremamente spiacevole che aveva già indotto il Club dei corrispondenti stranieri in Cina a pubblicare un comunicato di solidarietà. Ma evidentemente quei commenti si appoggiavano su una volontà politica ben precisa. Il 2 dicembre la portavoce del ministero degli esteri cinese aveva criticato l’operato della Gauthier citandola addirittura per nome. E infatti.

Lo scorso 26 dicembre la dichiarazione ufficiale in cui si annuncia che la giornalista francese «non è più adatta a continuare a lavorare in Cina». In altre parole non le verrà rinnovato il visto e la Gauthier sarà costretta a lasciare il paese entro dicembre. Finisce così un percorso professionale durato sei anni.

Era già successo nel maggio 2012 alla corrispondente per Al Jazeera Melissa Chan, costretta a lasciare la Cina dopo un reportage sulla detenzione illegale. In maniera diversa, nel 2013 e nel 2014 la Cina ha negato nuovi visti a Bloomberg e al New York Times perché avevano pubblicato dettagliate inchieste sulle ricchezze delle famiglie del presidente Xi Jinping e dell’ex premier Wen Jiabao.

Quella dei visti è un’arma che il governo cinese usa come ricatto per controllare la stampa straniera. Nel 2015, il Club dei corrispondenti stranieri in Cina ha denunciato che dieci giornalisti sono stati minacciati dalle autorità di vedere il proprio visto cancellato o non rinnovato proprio a causa del loro lavoro.

Quello di Gauthier è dunque solo l’ultimo caso di una lunga serie. Ma è soprattutto un monito per gli altri corrispondenti. Il vecchio adagio è sempre lo stesso: «colpirne uno, per educarne cento».

[Scritto per il Fatto quotidiano; foto credit: cnn.com]