Pechino si appresta a diventare la prima città ad avere ospitato entrambe le competizioni olimpiche, ma questa volta dovrà fare i conti con la gestione del Covid e il boicottaggio diplomatico dei paesi occidentali. Se nel 2008 la Cina aveva bisogno delle Olimpiadi per presentarsi al mondo, stavolta si tratta di un affare domestico, dove il pubblico cinese ricopre un ruolo privilegiato e gli ostacoli esterni diventano occasione per dimostrare la resilienza della Rpc
Uno spettacolo privato che mostri al mondo la resilienza della Cina. Così si presentano le Olimpiadi invernali di Pechino 2022, al via il 4 febbraio. Senza pubblico internazionale. Senza diversi leader politici di spicco alla cerimonia di apertura. Senza margine di errore. Dopo il successo ai Giochi di Tokyo2020, che hanno visto la Repubblica Popolare collezionare risultati storici (anche in discipline in cui solitamente non raggiunge il podio), in queste Olimpiadi invernali il medagliere passa in secondo piano e la priorità del governo è uscire indenne dal campo minato di problematiche che accompagna chi ospita le gare olimpiche. A remare contro la Cina, la situazione pandemica ancora delicata e il recente boicottaggio diplomatico da parte di un sempre più nutrito gruppo di paesi capeggiati dagli Stati Uniti. Ma a Pechino 2022, l’obiettivo è resistere e trionfare. Contro ogni aspettativa.
Per quanto le Olimpiadi invernali non godano dello stesso prestigio di quelle estive, Pechino ha già molto da festeggiare. La capitale si appresta a diventare la prima città al mondo ad avere ospitato entrambe le competizioni olimpiche e gli sport invernali stanno vivendo un momento di grande popolarità in Cina. Questo anche grazie al successo di riforme infrastrutturali e iniziative legate al Programma di sviluppo per gli sport su neve e ghiaccio istituito nel 2016, che come ribadito all’interno del 14esimo piano quinquennale (2021-2025) punta ad accrescere il turismo nella Rpc fino a “coinvolgere 300 milioni di persone negli sport invernali” entro il 2025. Rispetto a Pyeongchang 2018 poi, la squadra cinese è decisamente più competitiva. In soli 4 anni il numero di atleti in preparazione per i Giochi è aumentato da 300 a 3300, e con esso la possibilità di aggiudicarsi qualche medaglia in più.
In termini di performance come paese ospitante, il confronto più difficile da reggere per la Cina è quello con se stessa. Sono passati 14 anni dalle prime Olimpiadi di Pechino, che con lo slogan “un mondo, un sogno” hanno avuto il ruolo di presentare la Rpc come nuovo imponente attore sul palcoscenico globale. Un debutto sancito nel fragore dei 2008 tamburi di bronzo della cerimonia di apertura dei Giochi con la regia dell’illustre Zhang Yimou, e terminato con il trionfo cinese nel medagliere olimpico. Nel 2008, la Cina si giocava il tutto per tutto con un dispiegamento di forze atletiche, performative ed economiche determinato ad anticiparne il ruolo di potenza mondiale. Per Pechino 2022 è invece previsto un approccio più cauto, coronato da una sobria cerimonia di apertura. Lo ha confermato all’agenzia di stato Xinhua il direttore del dipartimento di organizzazione delle cerimonie di apertura e chiusura dei Giochi Chang Yu, che ha parlato dello show atteso per il 4 febbraio come di uno spettacolo “semplice e sicuro”. La distanza con la fanfara del 2008 non potrebbe essere più evidente. PER CONTINUARE A LEGGERE OTTIENI IL MINI EBOOK IN CINA E ASIA 2022
Giornalista praticante, laureata in Chinese Studies alla Leiden University. Scrive per il FattoQuotidiano.it, Fanpage e Il Manifesto. Si occupa di nazionalismo popolare e cyber governance si interessa anche di cinema e identità culturale. Nel 2017 è stata assistente alla ricerca per il progetto “Chinamen: un secolo di cinesi a Milano”. Dopo aver trascorso gli ultimi tre anni tra Repubblica Popolare Cinese e Paesi Bassi, ora scrive di Cina e cura per China Files la rubrica “Weibo Leaks: storie dal web cinese”.