Bilancio dell’attentato di domenica scorsa in Xinjiang, a Luntai: 50 morti e oltre 50 feriti. Due persone sarebbero state arrestate. Risoluzione Onu sui movimenti transnazionali dei terroristi: la Cina ne ha approfittato per fornire la propria soluzione al problema. L’anticorruzione e Macao. XINJIANG – BILANCIO ATTENTATO
Il governo regionale dello Xinjiang ha divulgato il bilancio dell’attentato avvenuto domenica scorsa nella zona di Luntai. I due morti comunicati inizialmente sono diventati 50; oltre 50 i feriti. Secondo le autorità locali, tra i morti ci sarebbero ben 40 “terroristi” uccisi dalle forze di sicurezza o deceduti a causa delle esplosioni provocate da loro stessi nell’attacco suicida, mentre dei rimanenti 10 ci sarebbero quattro poliziotti e sei passanti. Due sarebbero gli arresti. Le esplosioni avrebbero colpito un negozio, un mercato all’aperto e due stazioni di polizia.
Il capo del commando di attentatori è identificato in Mehmet Tursun, di cui non si specifica l’etnia ma che dal nome sembrerebbe uiguro. L’uomo – riportano i media – era sotto influenza dell’estremismo religioso dal 2003 e si rimarca come avesse reciso i rapporti anche con la propria famiglia musulmana, non partecipando neppure al funerale del padre e al matrimonio del fratello. Sarebbe rimasto ucciso nell’attentato.
Intanto, l’agenzia Nuova Cina ha pubblicato dei video utilizzati come prova a carico durante il processo a Ilham Tohti, l’intellettuale uiguro condannato all’ergastolo per separatismo. Si vedono spezzoni delle lezioni del professore in cui l’uomo inciterebbe all’utilizzo della violenza contro il governo. La sua voce è però coperta dal voice over.
ONU: RICETTA ANTITERRORISMO CINESE
Il consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato mercoledì all’unanimità una risoluzione che chiede ai Paesi di tutto il mondo di impedire i movimenti transnazionali dei terroristi e la Cina ne ha approfittato per fornire la propria soluzione al problema, per bocca del ministro degli Esteri Wang Yi, che ha delineato una ricetta in tre punti.
Primo: le Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza devono assumere la guida nella lotta anti-terrorismo – cioè gli Usa non devono fare da soli – per garantire un coordinamento efficace.
Secondo: ci vuole un codice di condotta per la "cyberindustry globale", cioè più controlli su internet e, specialmente, i social media.
Terzo: bisogna istituire efficaci controlli alle frontiere e regolamenti finanziari per bloccare i canali di finanziamento del terrore.
Un colpo un cerchio e uno alla botte: da un lato, Pechino recita la parte della superpotenza responsabile; dall’altro rivendica le proprie ricette sulla sicurezza – specialmente il controllo della Rete – come una soluzione estendibile.
MACAO
Il giro di vite contro la corruzione starebbe penalizzando Macao, capitale mondiale del gioco d’azzardo (ha spodestato Las Vegas rispetto alla quale fattura sette volte tanto) e unico luogo dove sia consentito in Cina (di cui è una zona amministrativa speciale). La longa manus del potere cinese si sarebbe infatti stretta a tenaglia intorno al collo degli operatori “junket”, quelle agenzie finanziarie che – offrendo prestiti e riscuotendo i debiti dei grandi giocatori – consentono il trasferimento di enormi somme di denaro dalla Cina continentale ai casinò di Macao in maniera non molto chiara. Spesso sono accusate di riciclaggio. Per avere un’idea della loro importanza, basti sapere che due terzi del fatturato dei casinò dipendono dalle loro attività di intermediazione e che una delle maggiori, Suncity, è stata sponsor ufficiale del gran premio di Formula 3 della zona amministrativa speciale.
Almeno quindici operatori junket hanno chiuso negli ultimi tempi, altri stanno indirizzando i propri clienti verso mete più sicure, come le Filippine e il Vietnam.