Si è chiusa la giornata del primo ottobre a Hong Kong, dove continuano le proteste e in Cina, dove oggi è la festa della Repubblica. Le proteste a Hong Kong e i social media. Intanto gli studenti hanno dato l’ultimatum al Chief Executive Leung. OCCUPY E 1° OTTOBRE
La portavoce di Scholarism, Agnes Chow, 17 anni, ha dato un ultimatum al Chief Executive Leung: dimissioni entro domani a mezzanotte, oppure occupazione degli uffici pubblici.
È la festa nazionale cinese e un bel numero di “continentali” cala su Hong Kong per lo shopping intensivo. Ma trovano molte boutique chiuse, a causa del boicottaggio da parte degli studenti di Occupy, avanguardia del movimento sfuggito ormai ai suoi stessi promotori. Intanto si muove anche la componente operaia, che sta facendo circolare un documento in cinque punti che enfatizza come la “democrazia” non sia nulla senza diritti ben più sostanziali.
E quindi, la parte più moderata dei pan-democratic comincia a fare appelli affinché Occupy rientri nei canoni prestabiliti, senza danneggiare il business as usual di una delle capitali degli affari.
“WEIBO È PER PARIGI, WECHAT È PER HONG KONG”
Quale social media interpreta meglio la protesta di Hong Kong? In rete si discute e c’è chi sostiene che, almeno in Cina, Occupy potrebbe sancire il definitivo passaggio dall’era di Weibo a quella di Weixin (WeChat). I social simili a Twitter – cioè Weibo – sono perfetti per diffondere messaggi “da uno a molti”, ma in Cina tutto si complica per via della censura. È molto più difficile censurare un messenger che funziona privatamente, da uno a uno.
E infatti, ieri, anche in Cina si è diffuso su Weixin l’articolo di un “professore” di Hong Kong che spiegava, punto per punto, le ragioni del movimento per orecchie cinesi, enfatizzando la sua utilità pratica, strumentale a uno sviluppo condiviso.