Un altro attacco in Xinjiang: l’attentatore e un poliziotto sono rimasti uccisi. I pericoli per il sistema finanziario cinese si chiamano shadow banking e bolla immobiliare che sembra sgonfiarsi. Le strade dell’urbanizzazione: che ne sarà del mondo rurale? Il finto bombarolo all’aeroporto di Pechino. Xinjiang, un altro attacco
Un poliziotto è stato ucciso in un attacco compiuto da un individuo di etnia uigura che poi è stato freddato dalle forze di sicurezza. Il fatto è accaduto a Urumqi, capitale dello Xinjiang, l’agitata regione dell’estremo occidente cinese, al centro delle cronache dopo la strage di Kunming e ripetuti episodi di violenza avvenuti nell’ultimo anno.
Il poliziotto, 29 anni e un figlio appena nato, è stato attaccato con un’ascia e un coltello all’ingresso di un edificio governativo ed è morto in seguito alle ferite riportate.
Real estate e shadow banking
Il nesso tra bolla immobiliare e credito ombra, con i relativi pericoli per il sistema finanziario, trovano in questi giorni un’esemplificazione perfetta nella vicenda della Zhejiang Xingrun Real Estate, una grande impresa di sviluppo immobiliare che sta fallendo perché inadempiente.
Nel caso della Xingrun, l’azienda sembra essere stata fregata dal fatto che i prezzi dei terreni nell’area in cui opera sono crollati di un terzo, mentre i prezzi per i singoli appartamenti e case a sono diminuiti di oltre la metà rispetto al picco di inizio 2011.
La banca centrale cinese e uno dei suoi più grandi istituti di credito statali stanno ora tenendo colloqui di emergenza per capire se è il caso di salvarla, mentre echeggiano ancora le parole del premier Li Keqiang che meno di una settimana fa aveva parlato di default "inevitabili", per scoraggiare comportamenti irresponsabili da parte degli investitori di ogni genere.
Il problema è che alla Xingrun – si apprende – sono già stati offerti prestiti a tassi usurai da operatori interni al “credito ombra”, dopo che le maggiori banche le hanno chiuso le porte in faccia. E quindi che fare? Salvarla o lasciarla in preda a un cancro che si autoalimenta?
Quale urbanizzazione?
Sarà sociale o non sarà. La nuova urbanizzazione cinese, presentata domenica scorsa con un piano che riguarda il periodo 2014-2020, sarà “incentrata sull’uomo e rispettosa dell’ambiente”.
Il 60 per cento dei cinesi dovrà stare in città antro il 2020, ma il 60 per cento delle città dovrà rientrare negli standard nazionali anti-inquinamento. Obiettivi apparentemente contraddittori, ma continuamente ribaditi dai leader, in primis il premier Li Keqiang che ne parla da almeno un paio di anni.
Ora, molti osservatori si chiedono come sia possibile evitare che la cosiddetta chengzhenhua si trasformi nell’ennesima colata di cemento a vantaggio di alcuni e a scapito di (molti) altri. E poi, quale sarà il futuro del mondo rurale, su cui tanto si scommette?
Bomba finta, arresto vero
“Ho una bomba infilata nel c….”, ha detto un passeggero che non ne poteva più di stare in fila a un controllo di sicurezza nel Terminal 3 dell’aeroporto di Pechino, lunedì scorso. Subito sono scattati gli allarmi, i passeggeri sono stati spostati in un altra area dell’aeroporto e l’uomo è stato arrestato.
L’evento rivela il nervosismo diffuso dopo la vicenda dell’aereo malese scomparso e la strage di Kunming. In questo contesto, è molto facile suscitare reazioni eccessive da parte delle autorità ed effetto emulazione da parte di mitomani.
La bolla si sgonfia?
La crescita dei prezzi delle case nelle principali città cinesi mostra segni di rallentamento, sia in base ai dati mese-su-mese, sia in base a quelli anno-su-anno.
È la prima volta che succede negli ultimi due anni. In settanta città esaminate dall’istituto nazionale di statistica, la crescita è diminuita dal 0,4 per cento di gennaio al 0,28 per cento di febbraio.
Nel frattempo, la crescita media anno su anno dei prezzi, a febbraio, è stata dell’8.64 per cento; 0,86 punti percentuali in meno rispetto a gennaio. È presto per dire che la speculazione immobiliare è al capolinea, ma il dato è comunque incoraggiante.
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