Sciopero di 16mila operai alla Wintek, azienda taiwanese fornitrice di Apple, per i bonus. Ritardo per il lancio dell’iPhone 6 in Cina per questioni di sicurezza. 700 militari cinesi a supporto dell’Onu in Sud Sudan. Li Keqiang non riesce a rassicurare gli investitori stranieri. SE UNA BANANA FA TRABOCCARE IL VASO….SCIOPERO!
16mila in sciopero alla Wintek, azienda taiwanese che opera in Cina, fornitrice di schermi touch screen per diversi clienti tra cui Apple. I lavoratori hanno ritenuto veramente offensivo il bonus offertogli dall’azienda per aver lavorato lunedì scorso. In Cina un festivo. Se l’anno scorso per la festa della luna di mezzo autunno avevano ricevuto 700 yuan (80 euro) e una confezione dei tradizionali dolci della luna, quest’anno gli sono stati offerti 100 yuan (11 euro), un piatto di pollo e una banana.
RITARDO PER IL LANCIO IPHONE6: MOTIVI DI SICUREZZA
Il 19 settembre verrà lanciato il nuovo iPhone 6 a livello globale. Ma non in Cina. Pare che all’ultimo minuto non siano arrivati i permessi dalle autorità, mentre tutti i rivenditori si stavano già preparando all’ordalia di vendite. La nuova data per il lancio – dice Apple – sarà a breve comunicata. Il caso Snowden ha messo in allerta le autorità cinesi sulla possibilità, per agenzie straniere (leggi “Usa”), di utilizzare tecnologie delle proprie imprese IT per fare spionaggio. Sotto i riflettori, in questo caso, ci sarebbero le funzioni di geolocalizzazione dell’iPhone. All’inizio la Cina ritardava l’uscita degli iPhone sul mercato locale, nel 2013 l’iPhone 5 uscì invece in parallelo con il resto del mondo. Per Apple il mercato cinese è fondamentale: da aprile a giugno le vendite sono cresciute del 28 per cento (in altri Paesi si va dall’1 al 6 per cento) e la Cina rappresenta ormai il 16 per cento dei suoi ricavi complessivi.
SUD SUDAN, I CINESI CON L’ONU
Sono 700 le truppe che la Repubblica popolare destinerà alla missione di peacekeeping Onu nel Sudan del Sud, uno stato che ha ottenuto l’indipendenza solo nel 2011. Gli analisti sottolineano come il gesto sia parte degli sforzi cinesi di mantenere i propri asset in Africa, dove ha già 18mila uomini impegnati in missioni Onu. Ma in questo caso sono sopratutto gli investimenti nel petrolio a preoccupare i cinesi. Le esportazioni di greggio costituiscono il 97 per cento delle entrate del giovane governo. E il 40 per cento del petrolio va direttemente alla China National Petroleum.
LI KEQIANG NON RIESCE A RASSICURARE LE AZIENDE STRANIERE
“Non ha dato nuove risposte al problema del rallentamento dell’economia cinese”. La comunità del business internazionale è rimasta delusa dal discorso del premier cinese Li Keqiang al World Economic Forum di Tianjin. Si aspettavano risposte soprattutto su due punti: il continuo calo del settore immobiliare (che per anni è invece stato il traino dell’economia cinese, fino a creare una bolla speculativa); la strozzatura del credito che dà luogo al fenomeno del “credito ombra”. Niente di niente. Li ha invece insistito sull’esigenza di dare occupazione e ha ricordato i 9,7 nuovi posti di lavoro creati nelle città da gennaio ad agosto (obiettivo annuale, 10 milioni), escludendo un drastico aumento dell’offerta di credito. Insomma, la leadership cinese intende stabilizzare l’economia e raffreddare la bolla immobiliare, la comunità degli affari invece si preoccupa. Secondo fonti ufficiali, l’economia dovrebbe crescere del 7,5 per cento quest’anno e assestarsi sul 7 nel lungo periodo.