Oggi in Asia – Vigilia elettorale tormentata

In by Gabriele Battaglia

In Pakistan la corsa verso le elezioni dell’11 maggio si fa sempre più tormentata. Oggi il figlio di un ex primo ministro è stato rapito da uomini armati. In Bangladesh condannato uno dei leader del partito islamista. Il rischio di nuove proteste popolari è altissimo. Un nuovo capitolo della contesa territoriale sino-giapponese. PAKISTAN – Rapito il figlio dell’ex primo ministro Gilani

Ali Haider Gilani, candidato per le elezioni dell’assemblea provinciali della regione del Punjab, al confine con l’India, è stato rapito da un gruppo di uomini armati in seguito a uno scontro a fuoco nella città di Multan. Un rapimento choc, proprio nell’ultimo giorno di campagna elettorale. Nello scontro è rimasto ucciso un uomo dello staff di Gilani.

“I rapitori sono arrivati in moto e hanno aperto il fuoco”, ha dichiarato un agente di polizia alla stampa.

Il rapito è figlio dell’ex primo ministro Yousuf Raza Gilani, esponente di una delle famiglie più potenti della zona. Il rapimento di Gilani è l’ultimo di una serie di incidenti che sta minando la vigilia delle elezioni nazionali. Le vittime di quest’ultima ondata di violenza sono oltre un centinaio.

Nelle scorse settimane, i Taliban pakistani hanno più volte minacciato di ostacolare le campagne elettorali dei principali partiti laici del paese: il Partito del popolo del Pakistan (il partito del figlio di Benazir Bhutto, ex premier uccisa in un attentato nel 2007), lo Awami National Party e il Muttahida Quami Movement.

Intanto, l’uomo individuato come futuro primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, ha promesso la fine del coinvolgimento pakistano nella guerra al terrorismo lanciata dagli Usa nel 2001. Sharif, che guida la Lega musulmana del Pakistan, ha dichiarato alla Bbc che la misura è pensata per “portare pace al Pakistan e al resto del mondo”.

BANGLADESH – Condannato a morte il vice capo dell’opposizione

Il vice segretario generale del partito Jamaat-e-Islami, Muhammad Kamaruzzaman, è stato condannato a morte questa mattina dal tribunale per i crimini di guerra del Bangladesh, riunito oggi nella capitale Dhaka. Il leader del partito di opposizione è stato condannato per tortura e omicidio di massa durante la guerra di indipendenza del 1971.

Kamaruzzaman, allora diciottenne, si sarebbe reso responsabile dell’organizzazione di uno dei più sanguinari episodi della guerra d’indipendenza, progettando insieme all’esercito pakistano l’uccisione di almeno 120 contadini disarmati a Sohagpur, un villaggio del nord del paese, soprannominato poi il “villaggio delle vedove”.

La sentenza è stata accolta con rabbia da Kamaruzzaman e dai suoi. Il Jamaat ha dichiarato che la sentenza avrebbe una valenza “politica” e che il processo per i crimini di guerra, uno dei punti chiave del programma del primo ministro Sheikh Hasina, sarebbe uno strumento per impedire l’attività politica dell’opposizione islamista, in previsione delle elezioni politiche del prossimo anno.

Il tribunale per i crimini di guerra, è istituito nel 2010 per giudicare i sospettati di collaborazionismo con il Pakistan, durante la guerra civile scoppiata 42 anni fa nell’allora Pakistan orientale. Secondo le cifre ufficiali, il conflitto, che vide opposte le forze di Islamabad agli indipendentisti del Bangladesh, sostenuti dall’India, causò, in appena nove mesi, la morte di 500 mila persone.


GIAPPONE – Proteste contro l’articolo sulla sovranità di Okinawa

Un’altro nodo da sciogliere si aggiunge alla situazione diplomatica già piuttosto tesa tra Tokyo e Pechino. È giunto il momento di “riconsiderare” la sovranità sull’arcipelago meridionale delle Ryukyu, oggi parte della prefettura giapponese di Okinawa, ha scritto mercoledì scorso il Quotidiano del Popolo, l’organo di stampa ufficiale del Partito comunista cinese.

Secondo gli autori, Zhang Haipeng e Li Guoqiang dell’Accademia di Scienze sociali di Cina, la sovranità giapponese sull’arcipelago, che ospita 1,4 milioni di cittadini giapponesi e tre quarti delle basi militari Usa in Giappone, è contestabile dal momento che i trattati tra Cina e Giappone precedenti alla seconda guerra mondiale sono decaduti con la sconfitta giapponese del 1945.

Il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Hua Chunying ha dichiarato a stretto giro che la questione da molto tempo “necessitava dell’attenzione del mondo accademico”. Il capo segretario di gabinetto del governo di Tokyo Suga Yoshihide ha definito “prive di giudizio” le dichiarazioni della controparte cinese.

Secondo Willy Wo-Lap Lam, professore associato di storia alla Chinese University di Hong Kong, interpellato sulla questione da Bloomberg, l’editoriale del Quotidiano del Popolo è un chiaro segnale che la Cina starebbe “tentando di intimidire l’avversario” per “alzare la posta in gioco” nella contesa territoriale con il Giappone.

[Foto credits: news.xin.msn.com]