Gli Usa hanno ritirato le accuse di frode e violazione delle norme sul salario minimo contro la diplomatica indiana Khobragade. L’amministrazione nipponica studia come allegerire il divieto di esportare armi. Pyongyang nega ogni coinvolgimento nel caso delle petroliera che ha portato a sfiduciare il premier libico. INDIA – Usa ritirano le accuse contro la diplomatica Khobragade (per ora)
Oggi le autorità statunitensi hanno ufficialmente ritirato le accuse mosse contro la diplomatica indiana del consolato di New York Devyani Khobragade. Khobragade, lo scorso dicembre, era stata arrestata in territorio americano con l’accusa di frode e violazione delle leggi locali relative al salario minimo garantito ai collaboratori domestici (che, secondo gli Usa, Khobragade pagava poco più di 3 dollari all’ora).
Gli Usa hanno rilevato l’impossibilità di procedere a giudizio poiché Khobragade – che nel frattempo è rientrata in India – è coperta dall’immunità diplomatica. La Corte, però, ha specificato che se verrà provato che i fatti imputati alla diplomatica "sono stati compiuti al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni", ci sarebbero gli estremi per l’apertura di un nuovo caso.
La notizia è stata accolta da una timida soddisfazione da parte delle istituzioni indiane, che tramite il portavoce agli Esteri Akbaruddin hanno già annunciato di aver avviato un’analisi delle carte americane per prevedere eventuali ricorsi nel caso.
GIAPPONE – Allentare il divieto di esportare le armi
Il governo nipponico ha in agenda una riforma dell’auto-imposto divieto di esportazione di armamenti, in quello che è considerato uno dei passi più importanti della revisione delle politiche di sicurezza e difesa. Il partito liberal-democratico del premier Shinzo Abe dovrà trovare un accordo con i partner di coalizione del Nuovo Komeito, ancora indecisi sulla misura.
Secondo quanto rivelato dal Japan Times, molto si giocherà sull’uso delle parole. Non si farà più riferimento ad armi e a esportazioni, ma si parlare di trasferimenti di componenti e sistemi per la difesa. Un modo per vincere le resistenze dei comuni cittadini.
Le nuove linee guida continueranno a vietare le esportazioni in Paesi in cui ci sono rischi concreti per la sicurezza e la pace. Tokyo rispetterà inoltre gli embarghi internazionali. Possibili acquirenti sono invece quelle nazioni utili a garantire gli interessi navali, quindi di lotta alla pirateria, ed energetici nipponici. Il governo giapponese guarda ad esempio all’Indonesia e alle Filippine, queste ultime coinvolte come il Sol Levante in dispute territoriali con Pechino.
Le restrizioni avevano messo in difficoltà l’industria bellica nipponica. Dall’elezione a dicembre del 2012, Abe non ha fatto mistero di voler rivedere la Costituzione pacifista imposta dopo la fine della seconda guerra mondiale, alzando il budget militare per la prima volta in 11 anni.
COREA DEL NORD – Niente a che fare con la petroliera libica
Pyongyang ha negato ogni coinvolgimento nel caso della petroliera battente bandiera nordcoreana che si trovava nel porto della città di al-Sidra, nell’est del paese, controllata dai ribelli che rivendicano il proprio diritto a esportare greggio. Il governo di Tripoli aveva minacciato di bombardare la nave. Lo stallo ha portato il parlamento a sfiduciare il premier Ali Zeidan.
Un portavoce dell’amministrazione marittima, citato dall’agenzia di stato Kcna, ha dichiarato che il Paese non ha niente a che fare con la nave e non ha intenzione di prendersi responsabilità. Secondo l’agenzia la petroliera appartiene all’egiziana Golden East Logistic, cui Pyongyang ha accordato l’uso della propria bandiera per sei mesi.
Già domenica il sito NK News aveva ipotizzato che la petroliera battesse una bandiera di convenienza.
[Foto credit: hindustantimes.com]