L’oleodotto che collegherà il golfo del Bengala al Sudest della Cina ha raggiunto piena operatività: si prevede che porterà oltre 12 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. In Cambogia chiesto l’ergastolo contro alcuni ex dirigenti dei Khmer rossi ancora imputati al tribunale speciale di Phnom Penh. In Pakistan un film cerca di risollevare le sorti del cinema nazionale. MYANMAR – Piena operatività per il nuovo oleodotto
L’oleodotto che porterà nuova energia alla Cina ha iniziato a funzionare a pieno regime. Lo annunciano oggi tutti i principali media cinesi. “Le aziende locali non dovranno più preoccuparsi dei limiti sul consumo di gas”, ha spiegato al Global Times, quotidiano in lingua inglese vicino al governo di Pechino, Liu Qilong, vice direttore generale dell’azienda del gas del Guizhou.
L’oleodotto, che collega il porto di Kyakpyu, in Myanmar, a Guigang nella regione di Guizhou, in Cina, è stato inaugurato lo scorso luglio ed è entrato in funzione domenica. Porterà lungo i suoi oltre 2500 chilometri di lunghezza, 1700 dei quali nella sola Cina, gas naturale nelle regioni del sudorientali dell’ex Impero di mezzo.
Secondo quanto annunciato dalla China National Petroleum Corporation, il colosso statale del petrolio cinese che ha costruito l’oleodotto, l’infrastruttura porterà ogni anno 12 miliardi di metri cubi di gas a Cina e Myanmar, riducendo il consumo di carbone – e di conseguenza l’impatto dell’inquinamento atmosferico nelle aree industriali del Sudest della Cina – e il prezzo del carburante.
Il progetto ha in realtà suscitato apprensioni da più parti per le sue ripercussioni sulle popolazioni locali e sull’ambiente. Inoltre, l’oleodotto favorirebbe maggiormente la controparte cinese.
Ad aprile centinaia di persone hanno protestato nella città costiera di Kyakpu, nel Myanmar occidentale, domandando un giusto compenso per le requisizioni dei terreni, migliori servizi di trasporto e stipendi più alti per i lavoratori locali.
CAMBOGIA – Chiesto l’ergastolo contro i maggiorenti dei Khmer Rossi
I procuratori del tribunale per i crimini in Cambogia hanno chiesto l’ergastolo per i due maggiorenti del regime dei Khmer Rossi ancora imputati: l’ex ideologo del regime Nuon Chea e l’ex capo di Stato dell’allora Kampuchea Democratica, Khieu Samphan.
Gli imputati devono rispondere dell’accusa di genocidio e crimini contro l’umanità. Tra il 1975 e il 1979 il progetto di dare vita a una società agraria e totalmente egualitaria fece almeno 1,7 milioni di morti. Crimini per i quali, sostiene l’accusa, i due sodali di Pol Pot, il fratello numero uno dei regime, non hanno mostrato poco pentimento.
Nuon Chea e Khiue Samphan sono i due rimasti dei quattro imputati inizialmente alla sbarra. Ieng Thirith, ex ministro per gli Affari sociali, fu dichiarata incapace di sostenere il processo, il marito Ieng Sary, ex titolare degli Esteri del regime, morì a marzo all’età di 87 anni. Episodi che, considerata l’età degli imputati e i problemi finanziari che il tribunale speciale ha incontrato negli anni, hanno fatto temere che non si arrivasse mai a un verdetto.
PAKISTAN – Un film d’azione per far ripartire l’industria cinematografica
Il cinema pakistano vuole tornare ai fasti di due decenni fa, prima dell’inizio de declino alla fine degli anni Settanta. Il film da cui dovrà ripartire la Hollywood del paese dei puri, Lollywood, dal nome della città di Lahore, è Waar, prima pellicola ad alto budget. Letteralmente Waar significa “attaccare”. Il film prende le mosse da un attacco talebano a un’accademia militare del 2009.
Waar è il più costoso dei 21 lungometraggi prodotti quest’anno dall’industria cinematografica pakistana che subì il contraccolpo del governo militare del generale Zia ul Haq e della censura messa in atto all’epoca.
Il totale dei film attuali non arriva a un quinto di quanti erano prodotti all’epoca. Secondo il film-maker Iram Praveen Bilal, citato da al Jazeera, serviranno tuttavia almeno quattro o cinque anni prima che il settore torni a essere conveniente.
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