Nelle Filippine è stato ucciso il sesto testimone per la strage di Maguindanao del 2009. La Mongolia va al voto tra scandali di corruzione e uno sguardo ai ricchi introiti minerari mentre il New York Times lancia la versione cinese del suo sito.
FILIPPINE – Ancora un morto per la strage di Maguindanao
Un altro potenziale testimone del massacro di Maguindanao è morto. Si è trattato di un omicidio ha sottolineato il procuratore Nena Santos dando conto del delitto avvenuto lo scorso febbraio.
La vittima, Alijol Ampatuan, è il sesto tra testimoni e loro familiari a essere stato ucciso dall’inizio del processo lo scorso 2010. L’uomo era imparentato con il potente Andal Ampatuan, patriarca dell’omonima famiglia che spadroneggia nella regione, di cui già è stato governatore, e tra i 196 sospettati per la strage che a novembre del 2009 fece 57 morti durante una manifestazione elettorale di politici rivali, tra cui la moglie dell’attuale governatore, Esmael Mangudadatu e diversi giornalisti.
Human Rights Watch ha più volte rimarcato il carattere intimidatorio degli attacchi ai testimoni esortando il governo ad alzare il livello di protezione. I gruppi per la tutela dei diritti umani chiedono inoltre che si lotti contro il clima di impunità nel Paese, impegno preso dall’attuale presidente filippino Benigno Aquino nella campagna elettorale per diventare capo di Stato.
MONGOLIA – Al voto pensando alle miniere
Mongolia ai seggi per eleggere il nuovo Parlamento con i due principali partiti entrambi impegnati a promettere ai cittadini una migliore ridistribuzione delle risorse provenienti dal settore minerario.
Nonostante la crescita del Pil pari al 17 per cento, un terzo dei 2,8 milioni di mongoli vive sotto la soglia di povertà. Il voto è il settimo dalla caduta del potere comunista nel 1990 (le prime elezioni furono nel 1992). Da allora la transizione del Paese verso la democrazia è andata avanti pacificamente, nonostante gli scontri post-elettorali del 2008 che fecero almeno quattro morti.
La sfida odierna è tra l’opposizione democratica e il Mongolian People’s Party, il più antico partito del Paese, che ha promesso maggiori investimenti nel sociale e nell’educazione e l’opposizione democratica che si è impegnato in una redistribuzione delle terre.
Nonostante sia interdetto dal voto perché accusato di corruzione numerosi voti potrebbero andare all’ex presidente Nambar Enkhbayar, che lo scorso anno lasciò polemicamente il MPP. I risultati sono attesi poche ore dopo la chiusura dei seggi.
Una maggioranza di due terzi darebbe al vincitore la possibilità di superare il potere di veto del presidente, eletto separatamente e attualmente in quota al Partito democratico.
CINA – Il New York Times parla cinese
Il New York Times ha lanciato la versione in cinese del proprio sito con l’intento di incontrare il più grande mercato online al mondo. “Non lo confezioneremo a seconda delle richieste del governo cinese, non lavoreremo come una società cinese”, ha sottolineato Joseph Kahn del NYT. L’inizio ha riservato sorprese con tre dei canali sui social network cinesi del giornale sospeso per alcune ore
Oltre alle news, con un bacino di utenti di almeno 50 0milioni di cinesi e con il motore di ricerca Baidu che l’anno scorso ha fatto registrare un più 80 per cento in ricavi pubblicitari, il NYT spera così di accedere a questa fetta di mercato prendendo contatti con alcune delle principali società globali.
[Foto credit: http://zamboangasouthwall.blogspot.it]