Un rapporto confidenziale pakistano, svelato dal Bureau of Investigative Journalism, dà conto delle morti civili negli attacchi Cia con i droni. Il Vietnam esorta gli Usa a far cadere l’embargo sulle armi e in Myanmar sono stati liberati 73 prigionieri politici.
PAKISTAN – Morti a causa dei droni
Sono state decine e decine le morti civili nelle operazioni Cia con i droni nelle aree Federally Admistered Tribal Areas del Pakistan tra il 2006 e 2009. Morti di cui i funzionari pakistani erano a conoscenza da anni.
Lo rivelano documenti confidenziali di Islamabad di cui da conto il London Bureau of Investigative Journalism. “Su 746 vittime di attacchi di cui si legge nel documento, almeno 147 sono civili, 94 i bambini”, spiega il LBIJ.
A stendere il documento furono funzionari del governo incaricati di indagare sulle conseguenze degli attacchi. Nel rapporto ci sono tuttavia diverse omissioni. A esempio non si citano i nomi delle vittime.
Come ricorda Pro Publica, il governo ha negato l’alto numero di vittime civili, ma non ha portato prove numeri propri al riguardo. L’opposizione agli attacchi con i droni è stata uno dei capisaldi della vittoria elettorale di Nawaz Sharif, eletto premier per la terza volta a maggio.
La legalità del programma di attacco con i droni è al centro di una inchiesta Onu. Secondo Ben Emmerson, inviato speciale per i diritti umani, secondo le cifre pakistane sono stati almeno 400 i civili uccisi nei raid dei droni statunitensi dal 2004.
VIETNAM – Hanoi chiede di togliere l’embargo sulle armi
Il Vietnam è pronto a chiedere agli Usa la fine dell’embargo sull’esportazione di “armi letali”. Lo ha spiegato il capo di Stato vietnamita, Truong Tan Sang, rispondendo per email all’Associated Press alla vigilia dell’incontro negli Usa con il presidente Barack Obama.
Stati Uniti e Vietnam stanno tessendo relazioni sempre più strette in campo economico e militare. “È tempo di normalizzare le relazioni in tutti i campi”, ha scritto il presidente vietnamita. Sui rapporti tra Washington e Hanoi pesa tuttavia la repressione dei dissidenti e le restrizioni alla libertà religiosa e d’espressione nel Paese del Sudest Asiatico.
MYANMAR – Liberi i prigionieri politici
Nel rispetto dell’impegno a scarcerare tutti i dissidenti entro la fine dell’anno, in Myanmar sono stati liberati altri 73 prigionieri politici. In gran parte si tratta di appartenenti all’etnia Kachin, che di recente ha siglato un accordo di pace con il governo centrale dopo anni di combattimenti per chiedere maggiore autonomia.
La libertà per i dissidenti è una delle condizioni poste dalla comunità internazionale per la revoca delle sanzioni, nel processo di riforma e apertura del Paese iniziato nel 2010 con le elezioni e lo scioglimento della giunta militare.
All’inizio del mese era stato lo stesso presidente Thein Sein a impegnarsi per la scarcerazione dei prigionieri di coscienza.