Con l’avvicinarsi del voto fissato in primavera sono in aumento gli attentati in Pakistan. L’ultimo in ordine di tempo ha fatto 5 morti a Peshawar, mentre sabato sono stati 85 gli sciiti uccisi. Kuala Lumpur tratta con un sultano filippino e l’Onu bacchetta la Birmania per i rispetto dei diritti umani.
PAKISTAN – L’attentato di Peshawar
È di almeno quattro guardie di sicurezza e un civile morti il bilancio dell’attacco di oggi nella città pakistana nordoccidentale di Peshawar. Bersaglio dell’assalto condotto probabilmente da attentatori suicidi vestiti con le uniformi delle guardie di sicurezza è stato il complesso che ospitava l‘incontro tra un alto funzionario governativo e rappresentanti tribali.
Secondo le prime ricostruzioni, esplosioni e colpi d’arma da fuoco si sono sentiti negli uffici dell’inviato del governo Muttahirzeb Khan. L’attacco non è ancora stato rivendicato, ma già in passato i talebani pakistani hanno sferrato attentati simili.
L’episodio è l’ultimo in ordine di tempo quando mancano pochi mesi alle elezioni previste in primavera. Sabato in un attacco, si presume opera di gruppi sunniti, sono stati uccisi almeno 85 sciiti nella città di Quetta. È la seconda strage di questa portata dall’inizio dell’anno e ha contribuito a scatenare la rabbia della comunità sciita che chiede protezione e sicurezza al governo.
MALAYSIA – Il sultanato filippino
Non sono intenzionati ad andarsene i seguaci del sultano filippino Jamalul Kiram, che la scorsa settimana hanno occupato un villaggio nello Stato malaysiano di Sabah rivendicandolo come terra dei propri antenati.
Gli occupanti, tra cui almeno qualche decina di uomini armati, sono fronteggiati dalle forze di sicurezza di Kuala Lumpur e rivendicano l’appartenenza del territorio allo storico stato di Sulu, che comprendeva la parte meridionale delle Filippine e il Borneo.
Kiram ha spigato alla France Presse di aver deciso l’occupazione dopo che la regione è stata esclusa dall’accordo quadro di pace siglato a ottobre dal governo di Manila e dal Fronte islamico di liberazione moro.
BIRMANIA – Onu preoccupata per la tutela dei diritti umani
Le Nazioni Unite hanno espresso la propria preoccupazione per gli arresti arbitrari e i casi di tortura di cui si sarebbe macchiato l’esercito birmano nell’offensiva contro le milizie kachin. Pur accogliendo con soddisfazione i colloqui di pace in corso in Cina, l’inviato Onu per i diritti umani, Toma Ojea Quintana, non ha mancato di sottolineare i rischi che abusi e violenze potrebbero avere sul processo di riforma in corso nel Paese.
Il conflitto riesploso nell’estate del 2011 con la rottura di un cessate-il-fuoco in vigore da 17 anni sta mettendo alla prova la buona fede del governo birmano. Quintana, che ha visitato un carcere nel capoluogo kachin Myitkyina, ha detto di essere preoccupato per le tecniche di interrogatorio e gli arresti arbitrari di persone sospettate di far parte del Kachin Independence Army. Ha inoltre sollevato la questione dei campi sfollati che rischiano di diventare permanenti se non sarà trovata una soluzione al conflitto che ha già costretto decine di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case in fuga dai combattimenti.
Quartana ha inoltre parlato della situazione e delle discriminazioni contro i musulmani rohingya e degli scontri con la comunità buddhista dello stato occidentale di Rakhine.
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