Oggi in Asia – Droni, a caccia della Rete Haqqani

In by Gabriele Battaglia

In Pakistan il primo raid di droni dalla morte del leader taliban Hakimullah Mehsud, uno dei pochi fuori dalle aree tribali al confine con l’Afghanistan. In Nepal, le prime denunce di brogli dopo le elezioni di martedì. E i maoisti minacciano di boicottare il parlamento. A Jakarta manifestazione contro le intercettazioni. PAKISTAN – Raid di droni fuori dalle zone tribali, morti sei membri della rete Haqqani

Sei persone sono rimaste uccise in un raid di droni americani nel Pakistan nordoccidentale, in un raro caso di bombardamenti fuori dalle aree tribali. 
Secondo le autorità americane, l’obiettivo del raid era un seminario religioso facente capo alla Rete Haqqani, una rete di militanti islamici che opera sul confine afgano-pakistano. Due delle vittime erano membri di spicco dell’organizzazione.

Da tempo gli Stati Uniti invitano il governo pakistano a prendere iniziative contro la Haqqani, responsabile secondo i servizi di intelligence di Washington di un attacco contro l’ambasciata americana a Kabul nel 2011. All’inizio del mese, il capo finanziatore della rete, Nasiruddin Haqqani è stato ucciso in circostanze non chiare.

L’attacco di oggi è il primo dopo la morte del leader taliban Hakimullah Mehsud nel Waziristan del Nord durante un altro raid dei droni Usa. Allora Islamabad aveva reagito con veemenza alla notizia, dichiarando per bocca del ministro degli interni, che gli Stati Uniti stavano vanificando gli sforzi del governo nelle trattative con i leader taliban.

NEPAL – Maoisti denunciano brogli

I maoisti nepalesi denunciano brogli elettorali e minacciano di boicottare il parlamento se si continuerà con lo spoglio delle schede delle elezioni i martedì. A dirlo è Pushpa Kamal Dahal, meglio noto con il nome di battaglia di Prachanda, storico leader del maoismo himalayano.

Il voto di martedì per l’assemblea costituente è stato il secondo dalla conclusione nel 2006 di una guerra civile durata dieci anni guidata proprio dai maoisti e culminata con la fine della monarchia assoluta  e il passaggio alla repubblica. L’appoggio di Prachanda e compagni è fondamentale per la reale transizione democratica dopo cinque anni di lotte e divisioni in cui la prima assemblea costituente non è riuscita a dare ai nepalesi una nuova carta.

Responsabilità che ricade sugli stessi maoisti che nella passata tornata furono il partito più votato sebbene non raggiunsero la maggioranza e Prachanda sedette per nove mesi sulla poltrona di primo ministro.

In questa tornata, in cui è andato a votare il 70 per cento degli aventi diritto e tutto sommato pacifica sebbene non siano mancati episodi di violenza,  i risultati preliminari danno in vantaggio i centristi del Congress nepalese, con i maoisti soltanto terzi.

INDONESIA – Proteste contro l’Australia

Alcuni manifestanti hanno bruciato bandiere australiane durante un corteo a Jakarta dopo le rivelazioni dei giorni scorsi sulle intercettazioni telefoniche ai danni del presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono e di nove suoi ministri.

La notizia del tentativo di intercettare anche le telefonate private del capo dello stato ha causato un raffreddamento delle relazioni bilaterali tra Jakarta e Canberra e ha scatenato una violenta reazione popolare. Oltre duecento persone sono sfilate sotto l’ambasciata australiana – pesantemente presidiata dopo gli attacchi dinamitardi del 2004 – nella capitale indonesiana. Tra gli striscioni di protesta anche uno con la dicitura “siamo pronti alla guerra con l’Australia”. Proteste si sono svolte, con una partecipazione inferiore, in altre città.

Il presidente Yudhoyono, parlando alla tv nazionale, ha annunciato “il congelamento” della cooperazione con l’Australia, il più importante partner commerciale di Jakarta. Parole smentite però dal ministro delle Attività Economiche, Hatta Rajasa. “La cooperazione economica e finanziaria continua”.

[Foto credits: scmp.com]