Occupy Hong Kong, giorno dieci. Gli studenti e il governo locale hanno iniziato incontri interlocutori per dare una soluzione politica alla crisi dell’ex colonia britannica. Per ora pochi passi avanti, tuttavia per il movimento si pone urgentemente il problema di darsi una rappresentanza riconosciuta da tutti; ma non è facile, perché al suo interno ci sono diverse anime e poca voglia di leadership. Una storia del movimento e dei suoi personaggi di spicco.
Il movimento Occupy Central nasce circa un anno e mezzo fa, nel gennaio del 2013, quando Benny Tai, professore di legge all’università di Hong Kong, pubblica sull’Economic Times un articolo in cui propone l’occupazione del distretto degli affari e della politica di Hong Kong, se le elezioni del 2017 non avverranno in base a un metodo “autenticamente democratico”, “secondo gli standard internazionali”. Nel 2007, la leadership cinese aveva promesso che le elezioni per il “Chief Executive” (governatore) di Hong Kong sarebbero avvenute a suffragio universale nel 2017, seguite poi da quelle per il LegCo (Consiglio legislativo, il parlamentino locale), nel 2020.
Quando le consultazioni tra Pechino, il governo della zona amministrativa speciale e i partiti giungono a un punto di stallo, Tai esce allo scoperto e propone l’occupazione, con una serie di azioni ispirate al metodo della “disobbedienza civile”, programmate per una data indefinita a fine 2014.
Quando il 31 agosto 2014, il governo cinese fa pervenire le linee guida per il voto, la situazione precipita. Pechino concede infatti il suffragio universale ma impone un filtro ai candidati, che dovranno “amare la madrepatria (cioè la Cina) così come Hong Kong” e saranno scelti da una commissione elettorale di 1200 persone che, sostanzialmente, rappresenta il mondo degli affari di Hing Kong.
Si diffonde quindi la voce che le agitazioni cominceranno il primo ottobre, data simbolo perché 65esimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, ma il 22 settembre gli studenti scendono in agitazione e forzano la mano ai leader di Occupy, che invece vorrebbero frenare. Dopo gli incidenti di domenica 28 settembre, il movimento si radicalizza e anche Benny Tai, con gli altri leader, decide di cavalcare la tigre.
E siamo all’oggi.
Questa genesi complicata, ci fa già comprendere che il movimento non ha al momento un leader, bensì diverse anime. Si può forse schematizzare dicendo che da una parte ci sono “i cinquantenni” – Benny Tai, Chan Kin-Man e Chu Yiu-Ming – e dall’altro gli emergenti leader studenteschi, il 24enne Alex Chao e soprattutto il 17enne Joshua Wong, già divenuto icona del movimento per il suo idealismo senza compromessi e il suo aspetto magrolino e indifeso, da piccolo nerd prestato alla politica.
Si aggiunga che lo scorso fine settimana è stato arrestato e trattenuto in custodia per circa quaranta ore senza che venisse formalizzata nessuna accusa nei suoi confronti, ed ecco che il personaggio ad uso e consumo dei media occidentali è bello e pronto. Insieme agli ombrelli, si intende. Con l’ingresso in scena dei leader giovani, si assiste anche all’esplosione dei social media come canale privilegiato per la diffusione dell’immagine del movimento.
Oltre a Benny Tai, l’altro leader di mezza età è Chan Kin-man 55enne professore di sociologia al’Università cinese di Hong Kong, nel movimento pan-democratico da oltre un decennio. Dopo averci provato a lungo con il dialogo, a seguito delle frustrazioni accumulate, è passato alla disobbedienza civile. Il terzo del gruppo è il reverendo battista Chu Yiu-ming, 70enne, vecchia icona del movimento democratico hongkonghino e già protagonista dell’operazione segreta che dopo Tian’anmen ’89 fece riparare all’estero molti attivisti cinesi.
Paradossalmente, il movimento degli studenti è più vecchio di Occupy. Il gruppo Scholarism, di cui Jason Wong è leader, è nato nel 2011 per protestare contro la proposta che arrivava da Pechino di promuovere nelle scuole pubbliche l’”educazione patriottica”, cioè l’amor patrio (e per patria si intende la Cina) insegnato per legge. Il piano fu poi abbandonato propro a causa della moblitazione di Scholarism. Al 17enne Wong si affianca Alex Chow, 24enne, segretario generale della Federazione degli Studenti, più maturo ma non meno radicale. A luglio, in un’anteprima di Occupy, ha organizzato un sit-in che si è concluso con circa 500 arresti.
A queste due principali anime del movimento, se ne aggiungono altre. Negli ultimi giorni ha per esempio fatto la sua poderosa discesa in campo il movimento operaio, con la Hong Kong Confederation of Trade Unions, il sindacato che si contrappone al pro-Pechino Federation of Trade Unions. Ha già mobilitato ventuno sigle sindacali che agiscono sotto il suo cappello, alcune delle quali – come gli insegnanti e i lavoratori della Coca Cola – sono già scese in sciopero.
Il suo segretario generale, Mung Siu Tat, ci ha spiegato che attraverso una democrazia “vera”, il sindacato cerca maggiore rappresentanza per il lavoro nel mondo politico, al fine di ottenere diritti sostanziali: prestazioni pensionistiche, limite dell’orario di lavoro, contrattazione collettiva, salari minimi decenti e una politica degli alloggi (a Hong Kong esiste un enorme problema di speculazione immobiliare). Tutt’intorno la miriade di Ong e piccoli gruppi politici che fanno di Hong Kong una dell più attive metropoli dell’Asia, nonostante la sua tradizionale vocazione economico-finanziaria.
[Scritto per Lettera43]