#OccupyHK: giorno #9

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Ore 13:00 – Il numero dei manifestanti nei due principali sit-in, Admiralty e Mong Kok, varia di ora in ora, ma comunque non è alto. La gente torna al lavoro e anche i funzionari governativi hanno potuto andare nei palazzi dell’area di Tamar, la prima a essere stata interessata dalle manifestazioni oltre una settimana fa.
Intanto si sono espresse le agenzie di rating, Moody’s e Fitch, che non prevedono un calo dell’economia hongkoghina a causa delle proteste. Questo, ricordiamolo, era uno dei motivi addotti dal governo di Hong Kong e da Pechino per condannare le manifestazioni, un tasto piuttosto sensibile per l’immaginario collettivo della gente.
Il leader della federazione degli studenti, Alex Chow, ha appena detto che la serietà del governo rispetto ai colloqui si capirà dall’urgenza con cui convocherà una riunione preliminare: oggi o al massimo domani. Ogni ritardo ulteriore rivelerà malafede.

6 ottobre – il punto della situazione
Nella serata di ieri c’è stato un primo incontro tra la Federazione degli Studenti e alcuni funzionari di secondo piano, che dovrebbe servire a preparare l’incontro con Carrie Lam, la numero due del governo di Hong Kong. Nulla di fatto, al momento, ma il contatto è avviato anche se l’impressione è che le trattative vere e proprie non cominceranno subito. L’elemento politico vero è che il governo riconosce l’interlocutore negli studenti e non in altri gruppi, al momento, il che taglierebbe fuori per esempio i leader di Occupy vero e proprio, i cinquantenni. Trattative su che cosa poi? Si può immaginare che l’esecutivo conceda un ruolo “consultivo” al movimento e già da stasera ha rifiutato di riconoscere uno dei princìpi portati al tavolo dagli studenti e cioè che i colloqui devono essere “alla pari”.

La giornata era stata caratterizzata da inquietudine per l’ultimatum lanciato il giorno precedente dal Chief Executive Leung: per lunedì, la vita di Hong Kong deve tornare alla normalità.
Diverse figure autorevoli del mondo soprattutto accademico e della politica avevano fatto quindi appello al movimento affinché dimostrasse ragionevolezza e accettasse di levare i sit-in che oggi, alla fine della festa nazionale cinese, avrebbero impedito la riapertura degli uffici amministrativi e delle scuole. Alla fine la Federazione degli Studenti ha accettato di abbandonare alcuni sit-in, ma quello di Mong Kok è andato invece riempiendosi. Questo ci dà idea della natura di questo movimento, che non ha un vertice che può dettare la linea, il che però complica le cose perché se vuoi trattare con il governo devi anche avere una rappresentanza autorevole.

3 ottobre – 12:00
Il numero dei manifestanti declina, ma in ogni caso questa mattina hanno impedito ai lavoratori degli uffici governativi di entrare nei palazzi. Diverse parti della città sono ancora bloccate. La borsa e il mercato immobiliare continuano a calare. Intanto il Quotidiano del popolo lancia un editoriale in cui si sotiene che “le azioni illegali di Occupy Central sfidano l’organo di potere supremo della Cina e i diritti democratici degli hongkonghesi ma sono destinate a fallire”.

2 ottobre ore 24:00 – Il Chief Executive Leung Chun-ying appare il grande vincitore della giornata che avrebbe dovuto concludersi o con le sue dimissioni o con l’occupazione del palazzo da cui governa Hong Kong.
Nulla di tutto questo. È bastato ostentare agli studenti lacrimogeni e altri strumenti antisommossa mentre venivano consegnati agli agenti e il movimento ha fatto bruscamente marcia indietro. Dopo riunioni per decidere il da farsi, il 17enne Joshua Wong, leader di Scholarship (una delle due organizzazioni studentesche di Hong Kong) ha dichiarato: “Stanotte non vogliamo entrare nella zona degli uffici governativi. In questa rivoluzione, non voglio vedere nessun ferito”. E i rettori di due università hongkonghine sono quindi scesi tra gli studenti (che per altro sembravano assottigliarsi di numero) per dire loro di stare buoni e calmi che altrimenti ci sarebbe stato il rischio di buttare tutto all’aria. L’impressione è che da domani ‪#‎OccupyHK‬ prenderà un’altra piega, più politica, forse più “adulta”.
Prima della mezzanotte, Leung ha iniziato una conferenza stampa con la sua vice, Carrie Lam.
Leung ha detto che la polizia avrebbe esercitato la massima moderazione nei confronti degli studenti e dei giovani.
Ha anche riconosciuto che i manifestanti che si sono riuniti davanti all’ufficio del capo dell’esecutivo ad Admiralty hanno dimostrato autocontrollo e razionalità. Ma ha aggiunto che, in tutto il mondo, occupare o assediare gli uffici di un capo dell’esecutivo, il quartier generale della polizia e la sede del governo “può causare gravi conseguenze”.
Tuttavia – ha aggiunto – andare al lavoro non è stato per lui e 3.000 dipendenti pubblici un grosso problema.
Infine una concessione: due membri della task force di riforma costituzionale, il segretario per la Giustizia Rimsky Yuen e il segretario agli Affari Costituzionali e del continente, Raymond Tam, incontreranno in futuro i leader degli studenti, ha concluso Leung.

Ore 20:00 – La polizia sta presidiando tutta l’area di Tamar, attorno al palazzo del governo, dopo che gli studenti hanno minacciato di occupare l’edificio se Leung Chun-Ying, il Chief Executive, non si dimette entro la mezzanotte di oggi, le 18:00 italiane. Come previsto, né il governo di Pechino né quello di Hong Kong hanno commentato ed è stato invece il portavoce della polizia a dire in una conferenza stampa che i suoi uomini sono pronti a impedire atti illegali e che le forze di sicurezza hanno abbastanza numeri per riuscirci. In effetti la polizia ha rifornito le forze nei pressi del palazzo di tutto l’armamentario antisommossa, l’ha fatto alla luce del sole, quasi come deterrente, la qual cosa ha generato un tafferuglio con gli studenti ivi presenti. Sicuramente ci sono candelotti lacrimogeni, non si sa se anche proiettili di gomma, circostanza confermata poi da una fonte della polizia. Alla domanda se fosse stato stabilito un orario per le cariche e lo sgombero della piazza, il portavoce della polizia ha risposto che eventuali misure saranno prese al momento necessario.
Dopo un assemblea per decidere cosa fare, i due leader studenteschi Joshua Wong and Alex Chow sono comparsi pochi minuti fa con Benny Tai, il leader 50enne di Occupy, per annunciare che la lotta sarà lunga e per consigliare agli anziani e ai più giovani di tenersi lontani da Tamar dal palazzo del governo. La comparsa congiunta appare come una ripresa del centro della scena da parte di Benny Tai, che da domenica scorsa sembrava marginalizzato dall’attivismo studentesco.
Il movimento forse torna unito e a questo punto l’ultimatum a Leung potrebbe anche rivelarsi come un gigantesco gioco delle parti, però ad altissimo rischio. Molto dipenderà da stasera a mezzanotte, quando scadrà l’ultimatum.

2 ottobre – 18:00 Le autorità di polizia di Hong Kong hanno diramato un comunicato in cui invitano i manifestanti a sciogliere l’assedio e a ritornare a casa, così che le attività lavorative possano riprendere senza ulteriori disagi. (Fonte: @VarsityCUHK)

Uno dei leader studenteschi di Occupy HK, Alex Chow, ha parlato alla folla, spiegando i contenuti del comunicato della polizia, avvertendo che le forze dell’ordine potrebbero caricare in serata e invitando tutti a recarsi nei pressi del quartier generale governativo dell’ex colonia, a sostenere gli studenti che stanno occupando, ormai da cinque giorni.

2 ottobre
– Il giorno decisivo. Gli studenti hanno chiesto che il governatore Leung si dimetta entro oggi, i quotidiani di Stato dichiarano che è “questione di sicurezza nazionale” e invitano ad “azioni rapide”. E per la prima volta apoggiano direttamente l’operato di Leung. Intanto sembrerebbe che Anonymous abbia hackerato una serie di siti governativi.

Ultimo giorno di festa nazionale. I quotidiani di stato continentali lanciano un attacco diretto alle proteste di Hong Kong (leggi qui).

Il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha denuciato le proteste di Hong Kong come assembramenti illegali e ha chiesto esplicitamente agli Usa di non interferire con la sua politica interna.

Gli hacker di Anonymoushanno dichiarato guerra (telematica) alla polizia e al governo di Hong Kong.

1 ottobre – 18:00 – Ultimatum della portavoce di Scholarism (Agnes Chow, 17 anni): Leung si dimetta entro domani a mezzanotte, oppure occuperemo gli uffici pubblici.

1 ottobre – Quarto giorno di Occupy Central. Dopo una notte sotto l’acqua gli studenti voltano le spalle alla bandiera della Repubblica popolare. E’ il 65esimo anniversario della fondazione della Repubblica. La situazione è statica. Molti dichiarano di aver bisogno di riposo e che torneranno in piazza in serata. Sono state organizzate almeno 60 manifestazioni di supporto in tutto il mondo.

È la festa nazionale cinese e un bel numero di “continentali” cala su Hong Kong per lo shopping intensivo. Ma trovano molte boutique chiuse, a causa del boicottaggio da parte degli studenti di Occupy, avanguardia del movimento sfuggito ormai ai suoi stessi promotori. Intanto si muove anche la componente operaia, che sta facendo circolare un documento in cinque punti che enfatizza come la “democrazia” non sia nulla senza diritti ben più sostanziali. E quindi, la parte più moderata dei pan-democratic comincia a fare appelli affinché Occupy rientri nei canoni prestabiliti, senza danneggiare il business as usual di una delle capitali degli affari.

Intanto sono almeno 13 gli attivisti fermati dentro i confini della Repubblica popolare per aver manifestato il loro sostegno a #OccupyCentral.

30 settembre – 11:00 – Al terzo giorno di Occupy Central la situazione sembra più calma e la piazza, pur sempre piena, sembra lasciare spazio alla politica, con il Chief Executive, Leung Chun-Ying che per la prima volta ha parlato pubblicamente dopo le tensioni di domenica. È lui l’obiettivo dei manifestanti, che ne chiedono le dimissioni. Leung ha ribadito che il ripetersi delle “azioni illegali” non fermerà la riforma politica di Hong Kong e ha invitato i leader del movimento a sospendere le agitazioni, in quanto alla vigilia avevano promesso che se fossero sfuggite di mano, l’avrebbero fatto.
Intanto, in Cina continentale i fatti di Hong Kong arrivano mediati dai media ufficiali, che sposano la teoria dell’illegalità e della brutta figura che Occupy sta facendo fare a Hong Kong.

29 settembre: bilancio – Se ieri è stata la giornata degli scontri, pur sempre relativi, oggi tutto si è svolto in relativa calma e la protesta ha assunto addirittura assunto le caratteristica dell’happening verso sera. La gente canta e sta insieme e c’è chi solidarizza fornendo la materia prima per improvvisati barbecue.
La polizia si è dimostrata più conciliante fin dalla mattina e i manifestanti hanno improvvisato sit-in piuttosto disciplinati, rispettando i transennamenti e addirittura astenendosi dal calpestare i giardinetti di fronte ai palazzi del potere.
I due poli principali della protesta sono ancora una volta Central, cioè l’area sulla Hong Kong Island dove ci sono i palazzi governativi, e Mong Kok, nell’area peninsulare.

In serata, è ricomparso Joshua Wong, il 17enne leader di Scholarism, il movimento studentesco, che era stato precedentemente detenuto e poi rilasciato senza alcuna accusa formale. Ha fatto appello all’unità del movimento e forse questo può significare una ricomposizione tra Occupy vero e proprio e gli studenti, che hanno iniziato le agitazioni in anticipo e quasi costretto i leader del movimento a cavalcare la tigre prima della data prevista per l’inizio delle agitazioni, il primo ottobre.

La novità politica della giornata è che adesso le diverse anime del movimento chiedono esplicitamente le dimensioni del chief executive, Leung Chun-ying, visto come uomo di Pechino. Il paradosso è dato dal fatto che secondo indiscrezioni anche a Pechino si vorrebbe far fuori Leung, giudicato incapace di gestire la situazione, anche se si ostenta solidarietà e appoggio politico all’amministrazione di Hong Kong.
Tutti i temi però restano sul tavolo irrisolti. Il movimento non crede in una democrazia parziale, o graduale, che progetta Pechino e la Cina, da parte sua, ha fatto sapere attraverso i media di Stato che il movimento resta illegale, genera caos, danneggia l’immagine di Hong Kong nel mondo. Dietro questa inconciliabilità tutta politica, ci sono temi ben più profondi. La perdita di centralità di Hong Kong come hub finanziario dell’estremo oriente a vantaggio per esempio di Shanghai, che fino a prova contraria sta in Cina, e la paura che un legame sempre più stretto con la Cina aumenti la diseguaglianza sociale.


19:00 – 
Dopo che sia gli Stati Uniti, sia la Gran Bretagna si sono espressi sulla situazione hongkonghina dicendosi “preoccupati”, pronta arriva la risposta di Pechino. Un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha messo in guardia gli Stati Uniti e “altre nazioni straniere”, dicendo loro di restare fuori dagli affari di Hong Kong. Il problema è affare interno della Cina. “Hong Kong è la Hong Kong cinese, una regione amministrativa speciale della Cina, e gli affari di Hong Kong sono in tutto e per tutto affari interni della Cina”, ha detto Hua Chunying nella consueta conferenza stampa del ministero di Pechino.

17:00 – Fronte del lavoro: circa mille operatori sociali sono andati al Politecnico per solidarizzare con gli studenti. Sono membri della “Confederazione dei sindacati”, l’organizzazione che ha aderito a Occupy e, secondo un comunicato della stessa organizzazione, sciopereranno fino a quando il movimento non otterrà il suo scopo. Intanto, i dipendenti pubblici che lavorano nella sede del governo ad Admiralty hanno ricevuto una mail che dice loro di tornare a casa, fatto che può essere interpretato come una misura precauzionale in vista di possibili nuovi scontri nelle prossime ore.

16:06 – La folla dei manifestanti si sta ingrossando nell’area di Admiralty, vicino a Central. La situazione è pacifica e la polizia ha annunciato una conferenza stampa nei prossimi minuti. Nel frattempo la Coca Cola di Hong Kong annuncia che un numero compreso tra gli 80 e i 100 addetti alle consegne della compagnia, quelli iscritti al sindacato, hanno incrociato le braccia. La notizia è importante perché arriva dopo l’adesione della Confederation of Trade Unions alle agitazioni ed è il segnale che la protesta sta facendo breccia nel mondo del lavoro. Forse, un salto di qualità.

15:36 – Un video che sarebbe stato ripreso da un drone e che è stato diffuso online da HK Apple Daily rende l’idea della consistenza delle manifestazioni di ieri

15:15 – Online, le agitazioni di Hong Kong hanno già un nome: Umbrella Revolution. Il riferimento è agli ombrelli utilizzati dai manifestanti ieri per proteggersi dallo spray al peperoncino. Anche su Caratteri cinesi




15:00 – Dalle 16:00 di domenica fino alle 11:00 di lunedì, il bilancio del confronto tra manifestanti e polizia è di 46 persone ferite, secondo l’Hospital Authority: 33 sono uomini e 13 donne. Nessuno è grave, sono in condizioni stabili oppure già dimessi dopo le cure. Au Loong-Yu, direttore di China Labour net ci ha confermato via telefono che gli ultimi scontri sono avvenuti ieri sera intorno alle 22:00, la polizia ha assunto un atteggiamento più conciliante con i manifestanti che continuano ad attuare alcuni blocchi stradali.

La notte è trascorsa relativamente tranquilla, con manifestanti e poliziotti che riposavano a pochi metri di distanza.
Ieri sera due dei leader di Occupy, Chen Kin-man e il cardinale Joseph Zen Ze-kiun avevano fatto appello a terminare blocchi e manifestazioni onde evitare l’aggravarsi della situazione. Per tutta risposta, oltre alla zona di Tamar di fronte ai palazzi del chief executive e del consiglio legislativo, erano state occupate parti di Admiralty e di Mong Kok, quest’ultima nell’area peninsulare di Hong Kong.
Questo ha sancito un passaggio importante nell’evoluzione di questo movimento, perché a quel punto Chen ha dichiarato ufficialmente che quegli spezzoni di protesta non sono né organizzati da Occupy né sotto il suo controllo.

Il movimento appare a questo punto vivere di vita propria, con gli studenti e ora anche le organizzazioni dei lavoratori a fare da traino.
I primi hanno fatto appello ai commercianti affinché chiudano le serrande e hanno detto che continueranno a boicottare i corsi finché l’attuale Chief Executive, Leung Chin-ying, non si dimetterà e Pechino non concederà quello che loro chiamano “un genuino suffragio universale”. Al loro appello si sono uniti l’unione degli insegnanti, un’organizzazione che ha 90mila membri, e la Confederation of Trade Unions, che è il sindacato che si oppone a quello pro-Pechino.

Sempre più studenti si uniscono alle proteste dopo l’utilizzo di lacrimogeni da parte degli agenti, cosa che a Hong Kong è vissuta con sommo oltraggio dato che erano stati usati l’ultima volta nel 2005. Intanto, la polizia ha chiesto ai manifestanti di sgombrare la zona di Admiralty per lasciar passare i pendolari che andavano al lavoro. Risposta negativa e trattative in corso. Sui social media va diffondendosi il logo della protesta. Un ombrello. Il riferimento è allo strumento utilizzato dai manifestanti per proteggersi dallo spray urticante.

Intanto alle 07:00 di mattina, circa 17 banche hanno annunciato la chiusura fino a nuovo avviso di 29 filiali situate nelle zone calde delle proteste. Il mondo della finanza è scosso e corre ai ripari, l’autorità monetaria di Hong Kong ha assicurato un’iniezione di liquidità affinché il prestito interbancario continui inalterato e tutto sia business as usual.
La borsa ha aperto in calo e a perdere sono soprattutto le azioni dell’altro settore che tradizionalmente la fa da padrone a Hong Kong, l’immobiliare.
Questo è l’aspetto meno appariscente ma forse più materialmente concreto di quanto sta succedendo a Hong Kong. Come reagirà, a questo punto, il mondo del business? Premerà per una repressione più dura del movimento o, nel segno della tranquillità sociale, pianterà in asso il Chief Executive Leung Chin-ying e si affiderà a qualcuno compatibile sia con le rivendicazioni della piazza, sia con gli affari, sia con le esigenza di Pechino?
E soprattutto, una “compatibilità” del genere, oggi, esiste?

L’altro aspetto imponderabile è la reazione di quella che dalle nostre parti si chiamerebbe “maggioranza silenziosa”, il paludoso e ondeggiante ceto medio. Stamattina, il South China Morning Post riportava la scena di una vecchietta che, dalle parti di Causeway Bay, si è messa a bastonare un giovane manifestante, perché i blocchi stradali le hanno impedito di prendere l’autobus per andare a fare l’agopuntura.

La fase sta gradualmente diventando più politica, con i partiti e i raggruppamenti di opposizione che chiedono ripetutamente le dimissioni di Leung Chin-ying.
Ventitrè parlamentari pan-democratici hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, chiedendo una riunione di emergenza per discutere una mozione che condanni Leung. E il presidente del Labour Party Lee Cheuk-Yan era addirittura in lacrime quando ha detto: “Abbiamo perso la fiducia nel nostro governo, quindi l’unica soluzione è che Leung si dimetta e che il legislativo ritratti le proprie decisioni sulla riforma politica di Hong Kong”, cioè sulla decisione di concedere suffragio universale ma non elezione diretta per le elezioni del 2017.
Da parte sua, l’amministrazione hongkonghina dichiara che la situazione sta tornando sotto controllo e ribadisce che le manifestazioni di ieri erano illegali, sottolineando l’incapacità della leadership di Occupy di mantenere la situazione sotto controllo.