Obama in Cina: sulla libertà di espressione

In by Simone

La libertà di espressione e la partecipazione politica sono valori universali che dovrebbero spettare ai popoli di tutto il mondo, comprese minoranze etniche e religiose. È il cuore del discorso che Barack Obama ha indirizzato agli studenti di Shanghai nel primo giorno di visita in Cina.

Parlando di questioni che vanno dalla censura su internet alle relazioni tra i due paesi, da Taiwan al nobel per la pace, il presidente americano è passato senza troppo calcare la mano sulle questioni di diritti umani, lasciando deluso chi si aspettava una lezione più franca. Resterà, però, il colpo sferrato contro la limitazione della libertà di espressione su internet, che ha colpito nel segno nel paese con il più alto numero di utenti al mondo e con uno degli apparati censori più efficaci del pianeta.

“Posso dirvi che negli Stati Uniti il fatto di avere un accesso illimitato è fonte di forza e dev’essere incoraggiato” ha detto Obama alla platea durante la sessione di domande e risposta, sul modello di partecipazione democratica americano.

“Come presidente degli Stati Uniti a volte mi piacerebbe che le informazioni non circolassero così liberamente in modo da non dover sentire le critiche. Ma in realtà penso questa libertà rende la nostra democrazia più forte e fa di me un leader migliore perché mi costringe ad ascoltare le opinioni che non vorrei sentire”. Con un atteggiamento rilassato e una vicinanza anche fisica ai ragazzi, il presidente ha risposto alle domande di un pubblico deferente e quasi intimorito da un leader che in prima persona, espresso proprie opinioni. “Sono sempre stato un grande sostenitore di internet e della libertà di espressione. Riconosco che paesi diversi hanno diverse tradizioni”. Poco prima, rivolgendosi ai 300 studenti di Shanghai, aveva detto che “non cerchiamo di imporre il nostro sistema di governo ad altri paesi” ma di ritenere che “le libertà di espressione, di religione, di accesso all’informazione e alla partecipazione politica siano diritti universali” da garantire a tutti.

Per il momento coloro a cui è stata garantita la partecipazione alla conferenza di ieri erano un numero molto limitato, a riprova della difficoltà di volgarizzare tali diritti in Cina. Gli studenti sono stati selezionati dalle università della città dietro presentazione di una domanda, istruiti per giorni su cosa è lecito o non lecito chiedere, e quando Obama ha scelto fra la platea a molti è sembrato di ascoltare il solito politicamente corretto della retorica di partito. In tutto il paese gli spettatori si sono dovuti accontentare di una trascrizione in diretta offerta dall’agenzia di Stato Xinhua, molto più sicura ed innocua della diffusione di immagini in tivvù, riservata solo a Shanghai. I delusi hanno di nuovo fatto appello al presidente americano per una pressione sui diritti umani con l’omologo Hu Jinato, ma a Pechino, dove è atterrato ieri pomeriggio, l’agenda di Obama è fittissima di impegni.

Subito a cena con il presidente cinese, Obama inizierà gli incontri bilaterali da oggi. Con Hu e Wen Jiabao dovrà discutere di bilancia commerciale, cooperazione tecnologica e futuro del renminbi.  All’ordine del giorno ci saranno anche le questioni di geopolitica. Obama ha detto di accogliere con favore l’ascesa di Pechino, e di essere sicuro che “con la nostra cooperazione Cina e Usa sono più prosperi e più sicuri”. Per questo chiederà al governo cinese di aumentare l’impegno in Afghanistan e in Iraq, di favorire la distensione nella penisola coreana e di lavorare alla risoluzione del problema del nucleare iraniano.

Ma non di solo lavoro sarà fatto il primo viaggio di Obama in Cina: il presidente si concederà qualche momento turistico fra Città Proibita e Grande Muraglia che lo aiuteranno senz’altro a meglio capire l’enigmatico partner strategico che si è dato per i prossimi anni.