“La ‘rielezione’ di Kim Jong-il a segretario generale del Partito coreano dei lavoratori (Kwp) vuole dare un segnale di stabilità del regime e ricorda ancora un volta che il comando in Corea del Nord è nelle sue mani”. Secondo Rosella Ideo, coreanista e storica dell’Asia orientale all’Università di Trieste, è questo il significato delle nomine decise ieri nella conferenza del Partito, la prima del suo genere da 44 anni a oggi. Ma più della scontata conferma del Caro Leader fa notizia la nomina a generale “a quattro stelle” del suo terzogenito, il giovane e misterioso Kim Jong-un, da molti indicato come il possibile successore del padre al vertice della Repubblica democratica popolare.
Professoressa Ideo, chi è il nuovo generale a “quattro stelle” e cosa implica la sua promozione?
Quella di Kim Jong-un è sicuramente una nomina che va al di là delle aspettative degli analisti. La società nordcoreana si ispira ancora alla cultura confuciana, una tradizione in cui gli anziani godono di grande rispetto. Sebbene non si conosca la sua data di nascita precisa, si sa però che il terzogenito di Kim Jong-il ha tra i ventisette e i ventotto anni. È giovane. Lo stesso Kim Jong-il, quando venne nominato delfino di Kim Il-sung nel 1980, aveva già trentotto anni e salì al potere soltanto quattordici anni dopo, con la morte del padre. La nomina di Kim Jong-un è un rischio, ma indica che il Caro Leader ha fretta. Non dobbiamo dimenticare che il sessantottenne Kim Jong-il è gravemente malato. E il regime ha bisogno di stabilità politica.
Qual è il passaggio dalla nomina militare a quella politica?
Per parlare dei giochi di potere interni occorre fare una premessa, non esistono certezze. Il giovane Kim è stato promosso all’interno della gerarchia. Ora bisognerà aspettare cosa deciderà il congresso del Kwp che dovrà dargli legittimità politica. La sua promozione è un’indicazione che i delegati terranno in considerazione. E ci potrà essere un suo ruolo nella struttura del Partito. Nei giorni scorsi, inoltre, abbiamo assistito a un giro di nomine tra le personalità di alto livello del regime. Penso a Kang Sok-ju, l’architetto del programma nucleare di Pyongyang, nominato vice primo ministro con delega alla politica estera. E a Kim Kye-gwam, già capo delegazione nei colloqui internazionali sugli armamenti nucleari e ora vice ministro degli Esteri. Entrambi sono fedelissimi di Kim Jong-il. Le loro promozioni potrebbero creare una cornice istituzionale per la futura successione.
Rielezione di Kim Jong-il a parte, le altre nomine sono legate alle Forze armate: 39 generali, dei quali 6 “a quattro stelle”. La conferenza del Partito è sembrata più un fatto interno all’esercito. Qual è il ruolo dei militari nel regime?
Bisogna premettere che alla fine a decidere è sempre Kim Jong-il. Detto questo il regime è retto da una sorta di diarchia: il Caro Leader governa con il sostegno dei militari. Per garantirsi l’appoggio dell’esercito Kim procede a promozioni mirate e cicliche, senza disdegnare regali sfarzosi ai generali. Il vero organo decisionale del paese è la Commissione di difesa nazionale presieduta dallo stesso Kim Jong-il. A partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso la linea politica del regime è il songun: la politica militare. Pyongyang vive nella convinzione di una possibile aggressione statunitense. La Corea del Nord è uno Stato in guerra da sessant’anni. Sebbene l’economia sia al collasso può contare su un esercito di circa 1,2 milioni di soldati e 77mila riservisti. La società nordcoreana è militarizzata. Tutto lo stato è un’enorme caserma.
Tra i nuovi generali spicca il nome della sorella del Caro Leader, Kim Kyong-hui. Una donna generale in un esercito ‘confuciano’?
Kyong-hui è la moglie di Chang Suang-taek, vice presidente della Commissione di difesa nazionale, considerato il possibile reggente da affiancare all’inesperto Kim Jong-un. La promozione potrebbe essere un tentativo di creare un baluardo all’interno della stessa famiglia. La Corea del Nord è una sorta di monarchia socialista e la famiglia di Kim è come una corte. Nella successione il terzogenito ha scavalcato i fratelli maggiori. E gli zii gli garantirebbero il sostegno all’interno della famiglia.
[Anche su Il Manifesto del 29 settembre 2010]