Da 200 anni i guerrieri gorkha nepalesi vengono arruolati dall’esercito indiano, una tradizione che Kathmandu vuole interrompere, considerandola oggi una nuova forma di schiavitù. Storia di un’etnia guerriera che ha impressionato l’Impero britannico, diventando un mito.
Il governo del Nepal dallo scorso dicembre ha ordinato ai suoi ministri di vagliare un provvedimento per fermare l’arruolamento di nuovi soldati gorkha nepalesi da parte dell’esercito indiano, una pratica in vigore sin dai primi anni dell’800, quando gli inglesi rimasero impressionati dalla ferocia e dalla fedeltà di questa etnia guerriera.
Nell’articolo pubblicato sul magazine indipendente Tehelka a fine aprile, Avalok Langer, analizzando gli effetti del provvedimento del governo di Kathmandu, tratteggia brevemente la tradizione bellica dei gorkha citando aneddoti e leggende che, seppur all’apparenza esagerate, nascondo certo il classico fondo di verità.
Il maresciallo Sam Manekshaw, ufficiale dell’esercito britannico indiano a capo dell’ottavo reggimento Gorkha Rifles, disse: “Se un uomo dice di non aver paura di morire, o sta mentendo o è un gorkha”.
I gorkha furono impiegati per la prima volta dall’esercito britannico indiano nel 1814, con la nascita del primo reggimento Gorkha Rifles. All’alba della prima guerra mondiale, grazie ai servigi svolti per la corona britannica nelle numerose guerre del subcontinente indiano e nella repressione dei ribelli indiani del 1857, tra le fila dell’esercito britannico si contavano ben 11 reggimenti gorkha.
Dalla Birmania all’Italia – nella battaglia di Monte Cassino del 1944 – dalla Francia alla guerra dei Boxer in Cina, le gesta dei gorkha alimentarono il mito di un’etnia sanguinaria, fedele e votata al combattimento.
L’etnia gorkha – da Gorakshanath, santo guerriero della tradizione hindu-shivaita del ‘200 – è originaria del Nepal e negli anni si è estesa nelle zone dell’India nord-orientale, specie nel Sikkim e nel Bengala Occidentale, dove un forte movimento di stampo etnico spinge per la creazione di un nuovo stato indiano: Gorkhaland, appunto.
Due pugnali khukuri incrociati – arma utilizzata ancora oggi in Nepal come dai gorkha arruolati in India, Gran Bretagna, Singapore e Brunei – sono diventati il simbolo dell’orgoglio gorkha, stampati in stancil da appiccicare sul parabrezza dell’auto, fusi in portachiavi di metallo e gioielli da macho per indicare l’appartenenza all’etnia guerriera.
La decisione di Kathmandu di interrompere una tradizione ormai bicentenaria, mantenuta grazie alla firma dell’accordo trilaterale tra India, Nepal e Gran Bretagna nel 1947, ha motivi ideologici e soprattutto politici, per un Nepal schiacciato tra le due zone d’influenza di India e Cina.
“Da nessuna parte nel mondo è in vigore un sistema simile” ha spiegato a Tehelka Amrita Thapa del Partito comunista unito del Nepal (maoista), al governo dal 2008.
“I tempi sono cambiati dai giorni dell’Impero. I gorkha vengono presi dal Nepal come materia prima e usati da un altro stato in cambio di soldi. […] Gli daranno anche medaglie ed onore, ma si tratta di una moderna forma di schiavitù che mette in discussione la sovranità del Nepal”.
Una posizione radicale che in Nepal vedono più come una battaglia per ricompattare il fronte comunista al governo, sconquassato da scandali di corruzione e stili di vita non proprio aderenti al motto maoista “servire il popolo”.
Molti giovani nepalesi non vedono l’arruolamento in India come una tratta degli schiavi, bensì come una scelta libera e anche decisamente fruttuosa dal punto di vista economico.
Secondo i dati pubblicati dal magazine indiano, oggi in Nepal ci sono 124mila soldati in congedo che, oltre all’assistenza sociale ed assicurazione sanitaria garantita da Delhi, ricevono dal governo indiano una pensione per un totale di 13 miliardi di rupie (quasi 190 milioni di euro).
Senza contare i cittadini nepalesi arruolati attualmente in India – 30mila soldati – che ogni anno mandano a casa altri 26 miliardi di rupie. Sommando, i soldi dei militari gorkha nepalesi in India occupano il 10% del budget annuale nepalese.
Un gruzzolo del quale Kathmandu difficilmente potrà fare a meno in futuro.
[Foto credit: ahavoila.com]