Corea del Sud e Stati Uniti giocano alla guerra. In Giappone si consolida il culto di Kim Jong-un tra i suoi sostenitori e si marcia contro il nucleare. Intanto a Oslo, governo filippino e ribelli comunisti discutono di pace.
COREA DEL SUD – Le più grandi esercitazioni dalla fine della guerra
Le Forze armate sudcoreane e statunitensi si preparano alle più imponenti esercitazioni militari congiunte dalla fine della guerra di Corea. Le manovre saranno l’occasione per ricordare il 62esimo anniversario dall’inizio del conflitto e coinvolgeranno oltre duemila soldati, caccia da combattimento F-15 ed elicotteri d’attacco Apache.
Le esercitazioni, scrive l’agenzia Yonhap, dimostreranno come i due alleati si preparano a contenere un ipotetico attacco nordcoreano, sulla falsariga dell’invasione del 1950. Trascorsi oltre cinquant’anni dalla fine della guerra sono ancora 28mila i soldati statunitensi dispiegati in Corea del Sud. Pyongyan ha definito le esercitazioni una provocazione.
Seul e Washington hanno alzato il livello di guardia verso la Corea del Nord ancora alle prese con il consolidamento della nuova leadership di Kim Jong-un e propensa a favorire azioni di sfida come il fallito lancio di un satellite lo scorso aprile. Nonostante le smentite di Pyongyang, si ritiene inoltre che il regime si stia preparando a un terzo test nucleare
COREA DEL NORD – Il culto di Kim tra i fan giapponesi
Parte la campagna di propaganda dei gruppi filonordcoreani in Giappone, così da consolidare il culto del leader nordcoreano Kim Jong-un. L’Associazione dei coreani residenti in Giappone, conosciuta con il nome di Chongryon, ha organizzato una tre giorni di indottrinamento a Osaka, come riferito da alcuni gruppi per la tutela dei diritti umani.
I corsi si basano su un opuscolo di 25 pagine ricco di espressioni di rispetto per il giovane Kim, descritto come dedito sin da ragazzo allo studio, alla pratica e allo sviluppo del juche (l’ideologia dell’auto-sussitenza che guida la politica di Pyongyang). I corsi, enfatizzano inoltre la figura del Caro Leader Kim Jong-il, morto per un attacco cardiaco lo scorso dicembre.
Fonti vicine al movimento sottolineano tuttavia come tali riunioni siano anche un modo per consolidare l’influenza dei leader di Chongryon, i cui membri sono in gran parte discendenti dei lavoratori coreani costretti a trasferirsi sull’arcipelago durante l’occupazione nipponica della penisola coreana nella prima metà del secolo scorso
GIAPPONE – Dagli amministratori locali no al nucleare
Settantacinque sindaci giapponesi hanno firmato una lettera indirizzata al primo ministro, Yoshihiko Noda, per criticare la decisione di riavviare i reattori della centrale nucleare di Oi, nella prefettura di Fukui. Il gruppo è riunito nel cartello Sindaci per un Giappone libero dal nucleare che ha portato a Fukui circa 2000 manifestanti.
“Il governo ha detto di voler ridurre la dipendenza del Paese dal nucleare”, ha spiegato il sindaco di Tokai, Tatsuya Murakami, citato dal quotidiano Asahi, “tuttavia non ha ancora presentato alle città coinvolte alcun progetto. La decisione del governo di riavviare i reattori è negligente e premeditata”.
FILIPPINE – I ribelli comunisti si preparano a riprendere i colloqui di pace con Manila
La guerriglia comunista è pronta a riprendere i colloqui di pace con il governo filippino per mettere fine a una delle più durature rivolte dell’Asia. I rappresentanti del National Democratic Front, braccio politico degli insorti, e quelli di Manila si sono incontrati nel fine settimana a Oslo convenendo sulla necessità di continuare con le consultazioni. Gli incontri della scorsa settimana sono stati incentrati sulla richiesta dei ribelli di scarcerare decine di militanti garantendo loro l’immunità. Il comunicato dei guerriglieri non esclude inoltre l’ipotesi di un cessate-il-fuoco.
La rivolta maoista va avanti dal 1969 è in oltre quarant’anni ha fatto migliaia di morti. Il leader della guerriglia, José Maria Sison, vive da decenni in esilio volontario nei Paesi Bassi.
Il governo di Manila ha ripetutamente sottolineato l’indebolimento dell’ala militare del movimento, il New People’Army, che oggi conterebbe poco più di 4mila militanti contro i 26mila degli anni Ottanta. I colloqui di pace sono stati riaperti lo scorso febbraio anche su volontà del presidente Benigno Aquino. La data per la firma dell’accordo sarebbe dovuta essere proprio nel mese di giugno, ma è stata ostacolata sia dalle richieste della guerriglia sia da una serie di attacchi come quello dello scorso aprile nell’isola di Luzon, in cui persero la vita almeno 11 persone in quella che è considerata una delle azioni più gravi degli ultimi anni-
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