“Dialoghi: Confucio e China Files”è una rubrica curata in collaborazione tra China Files e Istituto Confucio di Milano. CineSerie è una rassegna ricca di contenuti cinematografici per conoscere i successi della Cina continentale e tenere in allenamento ascolto e lettura. In questo appuntamento parliamo di 爱情神话 Myth of Love
Titolo: Myth of Love
Titolo originale: 爱情神话 [Àiqíng shénhuà]
Regista: Shao Yihui 邵艺辉
Data di uscita: 2021
Genere: Commedia romantica
Myth of love, B for Busy, Àiqíng shénhuà. Molti nomi e grande fama per il film debutto scritto e diretto da Shao Yihui 邵艺辉, regista che non affonda le sue radici a Shanghai, ma che riesce a trasmetterne il calore, il fermento, la modernità e le tradizioni, grazie anche all’aiuto della sua troupe.
Interamente girata nella metropoli, questa commedia romantica ha scalato le vette di recensioni e commenti positivi nei primi tre giorni dalla sua uscita, a fine 2021. Successo garantito grazie non solo alla partecipazione di alcuni tra i più conosciuti attori cinesi (nativi di Shanghai), ma anche e soprattutto al tema affrontato: la relazione. Intesa nel suo senso più stretto di relazione amorosa, di per sé l’argomento principale del film, ma anche nel senso più ampio di rapporti di amicizia, lavorativi e di vicinato.
La storia ruota attorno a tre donne e alla relazione che ognuna di loro instaura con Lao Bai, un uomo di mezza età le cui vicende tragicomiche hanno catturato il cuore del pubblico. Lao Bai è pittore e insegnante di disegno, divorziato, gentile e sempre disponibile. Abita al piano terra di una delle tante villette accorpate che formano il cuore pulsante della concessione francese, in un appartamento che condivide con l’inquilino di origini italiane, Alexander, che parla in perfetto dialetto di Shanghai. Il vicino di casa, Lao Wu, è un ficcanaso, colto e grande viaggiatore. Ed ecco le tre protagoniste: Li, madre single di Maya, bambina anglo-cinese; Gloria, giovane donna ricca e piena di energia, ha un quasi ex marito e frequenta le lezioni che Lao Bai tiene nel cortile interno di casa sua; Beibei, amante del tango e molto legata alle tradizioni; è l’ex moglie di Lao Bai e si ritrova spesso a discutere con lui riguardo l’educazione del loro figlio.
Una delle scene che darà vita ai successivi battibecchi tra i vari personaggi si apre all’inizio del film, quando per una serie di casi fortuiti le tre donne si incontrano a casa di Lao Bai. Il vicino, curioso e pettegolo, non tarda ad arrivare. I personaggi si ritrovano a cena attorno a un tavolo rotondo, servendo su un piatto d’argento battute umoristiche. “La vita di una donna non è completa finché non ha dei figli”, afferma Beibei, scatenando una serie di commenti sarcastici, tra cui quello di Lao Bai. L’uomo sostiene al contrario che “la vita di una donna non è completa finché non si ribella”, mostrando così di distaccarsi dal pensiero dell’ “uomo medio” (普信男). Ma la sua apertura mentale verrà meno nel momento in cui si ritroverà a parlare dell’orientamento sessuale del figlio.
Una mossa coraggiosa da parte della regista è stata quella di puntare sul dialetto locale per valorizzare radici che sembrano essere perdute. Non è di certo la prima volta che si usa il dialetto all’interno di produzioni cinematografiche, ma in questo caso la lingua viene sapientemente mescolata alla cultura locale e a elementi culturali stranieri. Altra scelta apprezzata dal pubblico è quella di non focalizzarsi su ciò che tutti conoscono di Shanghai: grattacieli e modernità. Questi due aspetti sono presenti nella quotidianità raccontata nel film, ma senza essere forzatamente esaltati. Shao preferisce mostrare lo charme della metropoli concedendo agli spettatori uno sguardo sulla Shanghai timida e silenziosa delle case condivise, dei vicoli stretti e dei giardini sul retro in disordine. Colpisce la maestria di un’armoniosa combinazione tra la ricchezza culturale degli elementi artistici: spettacoli teatrali e mostre, arte e musica sapientemente mescolate in un risultato dolce-amaro. La vita che scorre lenta nel distretto centrale di Xuhui 徐汇, strade alberate e cortili ben nascosti ad occhi indiscreti. “Shanghai è una città magica e nessun altro posto in Cina è così romantico e vivace e tranquillo allo stesso tempo”.
Combinazione che sarebbe potuta risultare forzata se riadattata in un’altra qualsiasi città cinese, ma che invece riesce a raccontare armoniosamente la vita tra le vie dell’ex concessione francese, dove prende vita e si sviluppa tutta la sceneggiatura. È lì che convivono elementi “guonei” 国内 (prettamente cinesi) e quelli stranieri. Oltre all’inquilino italiano e alla bambina anglo-cinese, alcuni personaggi secondari hanno a che fare direttamente o indirettamente con paesi stranieri: citano autori francese e inglesi, raccontano i loro viaggi all’estero e parlano di un amore infranto con Sofia Loren. Il film si chiude proprio con un omaggio al cinema italiano: alcuni personaggi si mettono comodi sul divano, aprendo una discussione sul “Satyricon” di Fellini.
Laurea magistrale in relazioni internazionali e comunicazione interculturale all’università di Enna (Kore). Ha insegnato cinese ai bambini di una scuola dell’infanzia tramite un progetto in collaborazione con l’Istituto Confucio di Enna. Dopo la laurea si è trasferita in Cina, dove ha insegnato italiano ai cinesi, prima a Chongqing in una scuola elementare e poi a Chengdu alla Sichuan Normal University.