Ogni anno, nel mese di aprile, in Myanmar ricorre il Thingyan, il capodanno che celebra la tradizione buddhista del Paese. Quest’anno, la giunta militare protagonista del golpe dello scorso 1° febbraio ha deciso di festeggiare liberando 23mila e 184 prigionieri dalle carceri. Un’amnistia nella quale però non sono coinvolti, se non con poche eccezioni, gli attivisti che da oltre due mesi e mezzo manifestano per il ripristino della democrazia e il rispetto dell’esito delle elezioni dello scorso novembre. Tra i rilasciati anche 137 cittadini stranieri che sono stati o verranno deportati.
Chi potrebbe incidere in maniera molto diretta è l’Asean, visto che il Myanmar è uno dei dieci membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico. Sin dall’inizio della crisi, Indonesia e Malaysia sono i due Paesi più decisi sulla necessità di intervenire nella crisi. A Giacarta si parla da tempo di possibile sospensione di Naypyidaw dall’organizzazione. Ma finora l’Asean è stato molto diviso sul golpe. La Thailandia, altro Paese governato da un regime militare, non può permettersi di esporsi contro il Tatmadaw. Non a caso, il suo Primo Ministro Prayuth Chan-ocha ha annunciato che non sarà presente al vertice Asean di sabato 24 aprile a Giacarta, dove sarà ospitato non il governo ombra ma il generale Min Aung Hlaing… [Continua su Eastwest]
Di Lorenzo Lamperti
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.