Quando i loro petali rosso vivo cadono, gli agricoltori tagliano i baccelli ovoidali del Papaver somniferum o papavero da oppio. La lattiginosa “lacrima di papavero” cola da queste ferite aperte, dando inizio all’estrazione della forma di papavero più grezza. Questo metodo di coltivazione di papavero può essere fatto risalire a circa cinque millenni fa, nei testi dei Sumeri, che chiamavano la pianta Hul Gil, o “pianta della gioia”.
La gioia è esattamente la ragione per la quale questa pianta si è diffusa in tutto il mondo così velocemente. Originariamente usata come rimedio contro il dolore, l’oppio venne poi introdotto come droga ricreativa in Europa e Asia. Altamente dipendente, ha dominato la politica e il commercio internazionale nel XIX secolo. Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale i suoi effetti dannosi vennero ampiamente riconosciuti e la soppressione dell’oppio divenne un programma mondiale.
Nel Sud-Est asiatico, i papaveri da oppio sono stati coltivati per secoli. Probabilmente portati dal sud della Cina, l’uso dell’oppio venne integrato nella cultura delle comunità indigene come quelle degli Hmong e Karen. Il loro utilizzo dei semi di papavero era moderato e riguardava le loro medicine tradizionali, le cerimonie religiose e persino utilizzati come moneta.
L’arrivo dei migranti e gruppi etnici durante la Guerra Civile Cinese degli anni ’40 portò ad una crescita esponenziale di produzione di oppio nelle montagne della Thailandia, del Myanmar e del Laos. Essendo l’unica coltura da reddito disponibile, i nuovi montanari avevano poca scelta se non quella di coltivare oppio per sfuggire alla povertà, ma anche così non ricevevano alti compensi. La rete di commercio illegale nel Triangolo d’Oro, un’area dove i confini dei tre paesi si incontrano, culminò durante gli anni ’60 con una stima di 145 tonnellate di oppio prodotto annualmente in Thailandia.
Il governo thailandese bandì l’oppio nel 1958. Nonostante ciò, risorse insufficienti e mancanza di comprensione tra le popolazioni di montagna portarono ad una campagna senza successo per limitare la coltivazione di papavero. Poiché la gente del posto si infastidì degli sforzi del governo per reinsediarli nelle pianure, i funzionari thailandesi iniziarono a cercare un metodo alternativo per ridurre la produzione d’oppio.
Nel 1969, durante una visita nella provincia di Chiang Mai, Sua Maestà il re Bhumibol Adulyadej il Grande, imparò che alcuni coltivatori di papavero potevano guadagnare una quantità di denaro comparabile vendendo pesche locali. Fu allora che egli sviluppò l’idea che accrescendo e migliorando la varietà di pesche avrebbe potuto generare più entrate rispetto al papavero da oppio, senza il rischio di essere coinvolti in attività criminali, e perciò la coltivazione di oppio sarebbe potuta organicamente sparire dall’esistenza.
Questo concetto di sostituzione di raccolto e miglioramento genetico venne rapidamente tradotto in azioni che hanno creato un ambiente di sicurezza umana ed un sostentamento sostenibile per gli abitanti dei villaggi – un approccio olistico alla sicurezza. Infine, il concetto venne chiamato modello alternativo di sviluppo, in cui le persone sono rese autonome nel perseguire il percorso di sviluppo della loro scelta piuttosto che essere forzate ad arrendersi a condizioni prevalenti. Il re mise in campo la sua conoscenza in geografia e botanica per sponsorizzare la ricerca di colture alternative. Istituì la “Royal Project”, una organizzazione privata di beneficenza per supportare lo sviluppo alternativo del nord della Thailandia. La Royal Project condusse il suo primo programma di formazione con i montanari nel 1970, mentre il re costruì stazioni di sviluppo nell’area.
Insieme con la Royal Project, i membri della Famiglia Reale supportarono diverse altre iniziative per affrontare l’analfabetismo, la povertà e la salute pubblica nelle lontane montagne. Molti di loro erano visitatori abituali dei villaggi per organizzare dei controlli medici attraverso la Fondazione del Volontariato Medico della Principessa Madre, e per fornire assistenza a scuole in difficoltà. Tutti questi sforzi concentrati richiesero decenni di perseveranza per dare frutti. Ma, come dimostrato oggi, la resa vale l’attesa.
Fin dal principio, la Royal Project lavorava con il governo thailandese e organizzazioni internazionali per condurre ricerche e sviluppo, e per fornire semi, fertilizzante, formazione, e supportare le infrastrutture. Nel 1971, la Royal Project ed il Thai Narcotics Control Board collaborarono con il Fondo delle Nazioni Unite per il Controllo dell’Abuso di Droga (UNFDAC) per stabilire il Progetto di sostituzione delle colture e di sviluppo della comunità. Da quel momento, la Royal Project e agenzie competenti introdussero più di 150 nuove colture per i coltivatori di oppio, tra cui il caffè arabica, il tè, il cavolo, la mela e fiori decorativi.
Ciò nonostante, l’eradicazione del papavero non avvenne fino al 1985. I funzionari riconobbero che misure radicali avrebbero potuto portare a risultati controproducenti. Aspettarono fino a che il progetto potesse generare entrate sufficienti per i contadini di papavero, e l’eradicazione fu per lo più negoziata per garantire risultati sostenibili. Come risultato, la coltivazione di papavero in Thailandia scese del 97 per cento dal 1985 al 2015 e non si è mai ripresa.
Oggi, la Royal Project è una fondazione pubblica con 39 centri di sviluppo e stazioni di ricerca. Sotto il patrocinio di Sua Maestà il re Maha Vajiralongkorn, l’organizzazione continua ad espandere il suo lavoro con l’apertura del centro di sviluppo Ler Tor, nella provincia di Tak nel 2016, il quale sta assistendo più di 300 agricoltori di Karen. I prodotti della Royal Project sono attualmente lavorati e distribuiti nei supermercati con il marchio Doi Kham. Alcuni prodotti, come frutta secca e succo, sono disponibili in Giappone, Cina e Russia.
I chicchi di caffè di Doi Tung, un altro marchio dei prodotti di sviluppo alternativo della fondazione Mae Fah Luang, creata dalla principessa Srinagarindra, la principessa madre nella provincia di Chiang Rai, è stata selezionata dalla Japanese Airlines e dal rivenditore giapponese Muji per il suo servizio di catering.
Le opere della Royal Project sono state realizzate attraverso sforzi sincronizzati di tutti gli attori chiave. Ad esempio, il governo thailandese ha fornito lo sviluppo del capitale umano estendendo i servizi sanitari e sviluppando le scuole negli ex villaggi produttori di oppio, così come la fornitura della cittadinanza thailandese. Le comunità di montagna hanno ora accesso ai diritti di un cittadino thailandese, come il diritto alla propria terra, al lavoro non agricolo e alle qualifiche per richiedere prestiti bancari. Questo non sarebbe stato possibile se non fosse stato per il sottile ma efficace sostegno della monarchia nel guidare la collaborazione che ha legato tutte le parti interessate, dai politici agli abitanti dei villaggi, verso la stessa direzione. Considerando lo scetticismo degli abitanti dei villaggi locali nei confronti dei funzionari di governo dell’epoca, il volto dell’istituzione era l’unico ad essere ricevuto con rispetto genuino e fiducia da tutti i partiti.
Il modello di sviluppo alternativo o AD avviato dalla Royal Project Fundation è stato riconosciuto dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la Droga e il Crimine come impresa di successo unico nel sostituire in modo sostenibile le coltivazioni di narcotici con mezzi alternativi per generare reddito. La Royal Project non solo ha contribuito al processo di costruzione della sicurezza riducendo le coltivazioni illecite e i crimini, ma è anche riuscita a rafforzare la sicurezza economica, alimentare ed ambientale delle comunità etniche che vivevano al limite della povertà. Da allora ha fatto il passo più lungo della gamba per collaborare con agenzie delle Nazioni Unite introducendo programmi simili in Paesi come Laos, Myanmar, Colombia, Perù e persino Afghanistan, per citarne alcuni. Con l’obiettivo di essere l’istituto di apprendimento per lo sviluppo sostenibile, la Royal Project Fundation continua a dare potere e dignità ai mezzi di sussistenza delle comunità locali in Thailandia e oltre.
Di Chutintorn Gongsakdi*
*Vice Segretario Permanente del Ministero degli Affari Esteri della Thailandia
Cina nel CPTPP? Malesia e Singapore favorevoli
La richiesta ufficiale di adesione al Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership da parte della Cina, la scorsa settimana, non è passata inosservata agli occhi degli altri attori regionali. Tra tutti, la Malesia ha accolto con particolare favore la mossa. “Con i nostri sforzi in corso verso la ratifica del CPTPP e il possibile inizio dei negoziati di adesione della Cina il prossimo anno, siamo fiduciosi che i legami commerciali e di investimento bilaterali tra Malesia e Cina cresceranno a livelli maggiori nel prossimo futuro” ha detto il Ministero del Commercio malese. Anche altri Paesi del Sud-Est asiatico hanno mostrato timidi cenni di assenso. Il Ministro degli Esteri di Singapore, Vivian Balakrishnan, ha dichiarato lunedì scorso durante la visita dell’omologo cinese Wang Yi, di essere favorevole alla partecipazione cinese. Per aderire all’accordo, la seconda economia più grande del mondo avrebbe bisogno dell’approvazione unanime di tutti gli 11 Paesi membri. Oltre alla Malesia (in fase di ratifica), il trattato di libero scambio coinvolge Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Se Pechino riuscisse a unirsi al CPTPP, il prodotto interno lordo delle economie partecipanti rappresenterebbe circa il 30% di quello globale, mentre oggi si assesta intorno al 10%. Anche se difficilmente riuscirà a rispettare tutti i requisiti necessari, l’adesione potrebbe rappresentare una nuova pietra miliare per la Cina, con un impatto simbolico simile a quello del suo ingresso nel WTO nel 2001. L’ostacolo più grande è l’Australia, con la quale recentemente non scorre buon sangue. Secondo alcuni osservatori si tratta di uno dei momenti storici in cui Canberra e Pechino, dal punto di vista diplomatico e commerciale, sono state più distanti – come dimostra anche il recente trattato trilaterale militare siglato con Stati Uniti e Regno Unito, l’AUKUS, pensato proprio per rafforzare la sicurezza nell’Indo-Pacifico in funzione anti-cinese. |
Si accende la corsa alle presidenziali delle Filippine
Il 19 settembre Manny Pacquiao, star del pugilato filippino, ha ufficializzato la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2022, durante il convegno nazionale organizzato dalla sua fazione del PDP-Laban. La sua corsa verso la più alta carica del Paese era una notizia attesa da tempo. Prima di intraprendere la carriera politica, Pacquiao è diventato uno dei pugili più grandi e ricchi del mondo, unico campione mondiale in otto differenti classi di peso. Oltre alla sua brillante carriera sportiva, Pacquiao, 42 anni, è senatore nel Parlamento delle Filippine. Nel 2010 viene ufficialmente dichiarato membro del Congresso nella provincia di Sarangani. Eletto Presidente del PDP-Laban – il Partito Democratico delle Filippine, Potere della Nazione – a dicembre 2020, nei mesi seguenti è stato al centro di forti dispute interne a causa delle critiche rivolte all’amministrazione Duterte e per il forte disaccordo con la fazione del Ministro Alfonso Cusi. Il 17 luglio scorso proprio Cusi è stato eletto capo del partito. Di conseguenza Pacquiao è stato nominato alla guida di una fazione separata. Il Presidente in carica Rodrigo Duterte, costituzionalmente autorizzato a servire un solo mandato, è stato scelto da una fazione del partito rivale per candidarsi alla carica di Vicepresidente al fianco di uno stretto alleato, Christopher “Bong” Go. Tuttavia, il rifiuto della nomina da parte di Go fa pensare alla possibile (e per ora smentita) candidatura della figlia di Duterte, Sara Duterte-Carpio. Affermando di “essere sempre un combattente, dentro e fuori dal ring”, Pacquiao concentrerà la sua campagna elettorale sulla lotta contro la povertà e la corruzione. Pur essendo una figura molto popolare, deve affrontare una battaglia in salita. La sua posizione è per ora in svantaggio nei sondaggi, costantemente superato da Sara Duterte-Carpio. Non è chiaro al momento quale delle fazioni PDP-Laban sarà riconosciuta dalla commissione elettorale del Paese per le elezioni del 2022.