In molti prevedevano una continuazione della linea internazionale di Rodrigo Duterte, ma con il nuovo Presidente le Filippine sono tornate “amiche di tutti e nemiche di nessuno”. Poi il cordone tech tra Cina e ASEAN e i rapporti tra il blocco e l’India
L’Associazione Italia-Asean nasce nel 2015. La sua missione è quella di rafforzare il legame e rendere più evidenti le reciproche opportunità, sia per le imprese che per le istituzioni. Qui pubblichiamo la newsletter Italia-Asean del 2 dicembre
Ferdinand Marcos Jr., figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos, si è insediato come nuovo Presidente filippino a giugno 2022, ottenendo il mese prima una schiacciante vittoria alle elezioni. Durante la sua campagna elettorale i riferimenti alle sue intenzioni di politica estera sono state vaghe. Alcune speculazioni iniziali hanno predetto un continuamento della linea del suo predecessore, Rodrigo Duterte, di avvicinamento e collaborazione con la Cina. Ora invece, ad alcuni mesi dal suo insediamento ufficiale, Marcos Jr. sembra non avere intenzioni di sbilanciarsi troppo nel delicato confronto tra USA e Cina.
Le Filippine, grazie alla loro posizione strategica, sono un’area di influenza contesa nella rivalità tra le due superpotenze per il dominio nella regione indo-pacifica. Da una parte, le Filippine e gli Stati Uniti hanno un rapporto privilegiato dal punto di vista economico e di sicurezza. I due Paesi hanno infatti stabilito una relazione diplomatica formale nel 1946 e hanno stretto un patto di mutua difesa nel 1951. Dall’altra parte, la Cina è oggi uno dei principali partner economici delle Filippine grazie ai suoi ingenti investimenti nelle infrastrutture domestiche filippine. Il rapporto con Pechino è stato inoltre promosso dal precedente capo di stato Duterte, il quale condusse una linea politica apertamente ostile all’Occidente ed agli Stati Uniti in modo particolare.
Alcuni episodi recenti hanno dato modo di contemplare un riavvicinamento dell’amministrazione di Marcos Jr. verso Washington. Già durante la campagna elettorale il poi eletto Presidente aveva citato l’importanza e i vantaggi che le Filippine traggono dal rapporto con gli USA. Anche dalla Casa Bianca era stato espresso l’interesse a reinstaurare la “normalità” dei rapporti tra i due Paesi interrotta con Duterte. L’attuale Presidente statunitense Joe Biden è stato addirittura il primo capo di stato estero a congratularsi con Marcos Jr. per la sua vittoria. Questo riavvicinamento agli Stati Uniti non deve però far pensare ad un venir meno del rapporto costruito con la Cina. Marcos e la sua famiglia hanno da sempre un rapporto stretto con il gigante asiatico, tanto che lo stesso presidente, dopo essere stato eletto, ha avuto una lunga conversazione telefonica con il Presidente cinese Xi Jinping, dove entrambi hanno espresso interesse a rafforzare il rapporto bilaterale.
Si prevede dunque che Marcos Jr. non prenderà per il momento nessuna posizione drastica né a favore degli Stati Uniti né per la Cina, ma manterrà una posizione collaborativa e bilanciata tra i due poli. A riprova di ciò, durante il suo primo discorso sullo stato della Nazione tenutosi nel luglio 2022, Marcos Jr. ha dichiarato le sue intenzioni di attuare una politica estera di tipo indipendente, mantenendo buoni rapporti con entrambe le potenze. Ha annunciato l’ambizione delle Filippine di essere “amiche di tutti e nemiche di nessuno”, e appellandosi poi alla generalità dei Paesi costituenti la comunità internazionale, il neoeletto presidente ha aggiunto: “Se siamo d’accordo, coopereremo e lavoreremo assieme. Se siamo in disaccordo, dialogheremo di più fino ad essere d’accordo”.
Marcos Jr. sembra quindi essersi distaccato dalla politica anti-occidentale e fortemente anti-statunitense del suo predecessore, seguendo invece una linea di politica estera indipendente più simile a quella delle presidenze precedenti a Duterte, compresa quella del proprio padre. L’idea alla base di una politica di questo tipo è assicurarsi i massimi benefici da entrambi i poli e lasciare spazio di manovra per muoversi in base agli interessi nazionali. Marcos Jr. sembra dunque essere orientato a costruire un delicato bilanciamento tra USA e Cina, lasciando aperta la possibilità di esplorare opportunità di cooperazione su entrambi i fronti.
Nel contesto di riavvicinamento a Washington dopo la rotture con Duterte, si inserisce la visita della Vice presidente statunitense Kamala Harris nelle isole Palawan ed il suo incontro con il Presidente filippino avvenuto nei giorni scorsi con il fine da parte degli USA di rinforzare e riaffermare i rapporti con gli alleati storici. Le Filippine rappresentano infatti un punto cruciale per l’amministrazione Biden e la sua strategia diplomatica volta a contenere le ambizioni cinesi nel Pacifico. Nonostante la vicinanza geografica di Palawan al Mar Cinese Meridionale e il messaggio implicito da parte degli USA, la visita non necessariamente costituisce una minaccia diretta alla Cina. Ma alcuni esperti filippini sono preoccupati per la posizione scomoda in cui si ritroverà il proprio Paese con Pechino e il rischio per gli interessi nazionali nel caso la contesa tra le due potenze dovesse acuirsi.
A cura di Geraldine Ramilo
Il cordone tech tra Cina e ASEAN
Crescono ulteriormente gli investimenti cinesi e i progetti di cooperazione nel Sud-Est asiatico, specialmente nel settore tecnologico. Due in particolare gli esempi recenti di questa espansione. Il primo è costituito dal Vietnam, dove Vingroup, il più grande conglomerato privato del Paese, ha avviato i lavori per la costruzione di una nuova fabbrica di batterie con l’obiettivo ultimo di creare una catena di fornitura in patria per i propri veicoli elettrici. La fabbrica sarà situata nella provincia centrale vietnamita di Ha Tinh e sarà una joint venture tra la filiale di Vingroup – VinES Energy Solutions – e il produttore cinese di batterie Gotion High-Tech. Il progetto prevede un investimento totale di circa 254 milioni di dollari e l’inizio della produzione di massa è previsto per il terzo trimestre del 2024. Il rapporto tra Vietnam e Cina è florido anche dal punto di vista politico, come dimostra il fatto che il primo leader straniero a visitare Xi Jinping a Pechino dopo l’avvio del suo terzo mandato è stato proprio il segretario generale del Partito comunista vietnamita. Un secondo esempio recente della crescente presenza cinese nel settore tech del Sud-Est asiatico è l’Indonesia. L’amministratore delegato dell’Indonesia Investment Authority, il fondo sovrano del Paese, ha annunciato a metà novembre che verrà creato un fondo per veicoli elettrici verdi (EV) di almeno 2 miliardi di dollari con il produttore cinese di batterie CATL e l’istituzione finanziaria CMB International, filiale della China Merchant Bank. Come il Vietnam, anche l’Indonesia si è posta l’obiettivo di investire nel mercato degli EV e di creare i veicoli e le batterie all’interno dei propri confini. Grazie alle grandi dimensioni della regione del Sud-Est asiatico e alla forte dinamicità degli ultimi anni nel settore tecnologico, non solo questi due esempi citati, ma l’ASEAN nel suo complesso è fortemente attraente per gli investitori cinesi. Senza dimenticare che la Cina è il principale partner commerciale per i Paesi membri dell’Associazione.
A cura di Geraldine Ramilo
I 30 anni di amicizia tra India e ASEAN
Il 12 novembre, durante il vertice dell’Associazione del Sud-Est asiatico in Cambogia, India e ASEAN hanno elevato il proprio rapporto al massimo livello possibile, ovvero quello di Partenariato strategico globale (CSP). Un regalo di anniversario niente male per i 30 anni di “amicizia” tra Nuova Delhi e la regione, che vanta un tale grado di cooperazione anche (e solo) con Cina, Stati Uniti e Australia. Si tratta del culmine di una relazione decennale, distinta in due fasi: una prima fatta di rapporti bilaterali tra l’India e i paesi del gruppo (durante la guerra fredda), e una seconda di vera e propria cooperazione con l’Associazione, a seguito del crollo sovietico. Dal 1992, Nuova Delhi ha scalato la gerarchia del partenariato fino a firmare quello “strategico” nel 2012, prima del CSP di quest’anno. Lo ha fatto attraverso una serie di politiche volte ad aumentare la propria importanza nella regione. Come la creazione di un’area di libero scambio tra India e ASEAN (AIFTA), l’IPOI per la sicurezza nell’oceano Indiano e Indo-Pacifico o l’Act East Policy del 2014, un aggiornamento della politica “Look East” del 1991, lanciata per rafforzare le proprie relazioni economiche, strategiche e culturali con l’area dell’Asia-Pacifico. L’India ha cercato di allargare lo spettro della cooperazione proponendosi come un alleato affidabile su tutti i fronti. Dalla sicurezza marittima alle infrastrutture, passando per sanità e digitalizzazione. E ovviamente commercio. Gli scambi India-ASEAN hanno toccato i 42,3 miliardi di dollari nel 2021-22, ma Nuova Delhi non è ancora riuscita a porsi come un’alternativa credibile alla Cina, principale partner commerciale del blocco. L’India non ha aderito all’enorme accordo di libero scambio RCEP e questo, insieme a politiche economiche rivolte a favorire la produzione interna come il “Make in India”, rischia di compromettere una più profonda integrazione economica con la regione. La firma del CSP rappresenta quindi il riconoscimento del crescente ruolo del paese nell’Indo-Pacifico ma senza impegni economici più decisi, il ruolo di Nuova Delhi nel Sud-Est asiatico potrebbe risultare sempre secondario rispetto a quello di Pechino.
A cura di Francesco Mattogno