L’Associazione Italia-Asean nasce nel 2015. La sua missione è quella di rafforzare il legame e rendere più evidenti le reciproche opportunità, sia per le imprese che per le istituzioni. Qui pubblichiamo la newsletter Italia-Asean del 22 gennaio.
Le politiche di buon vicinato sono diventate la priorità del governo cinese per gli anni a venire. Per aggirare l’isolamento diplomatico tentato da Washington, Xi Jinping si è concentrato sul rafforzamento dei legami economici con i Paesi del Sud-Est asiatico, oggi la più importante rampa di lancio per la proiezione globale della Cina. Ne è la conferma la recente visita del Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, in Myanmar, Indonesia, Brunei e Filippine. Durante questo mini tour dell’ASEAN, Wang Yi, ha ribadito più volte l’importanza di una cooperazione rafforzata nell’Indo-pacifico, rivolta al superamento dell’emergenza sanitaria ma soprattutto al coordinamento con la Belt and Road Initiative (BRI), l’imponente iniziativa cinese destinata a migliorare i collegamenti infrastrutturali con l’Eurasia.
Storicamente i rapporti tra Pechino e l’ASEAN non sono sempre stati idilliaci. Si può dire, però che dagli anni ’90 vi sia stato un progressivo avvicinamento economico e diplomatico tra le parti, culminato nell’accordo di libero scambio del 2002. Da allora la Cina non ha smesso di corteggiare l’ASEAN e gli altri Paesi dell’indopacifico per consolidare ulteriormente la cooperazione economica. Da ultimo, nel 2020, dopo otto anni di negoziati, è stata siglata la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), un accordo storico che ha dato vita al blocco commerciale più grande al mondo, capace di sovvertire gli equilibri economici del pianeta. I firmatari sono i 10 membri dell’ASEAN più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda, ma non gli Stati Uniti, la cui esclusione è un segnale evidente della loro perdita di peso strategico nella regione.
La tempistica dell’accordo non è casuale; ricalca le conseguenze della crisi sanitaria ed economica che ha colpito il mondo intero, eccezion fatta per la Cina, unico Paese del G20 in crescita nel 2020. Da tempo, infatti, Pechino spingeva per una più profonda interconnessione economica con i Paesi del Sud-Est asiatico. Questa tendenza alla cooperazione regionale privilegiata è stata confermata dalla crescita continua, nonostante l’emergenza sanitaria, dello scambio tra Pechino e i Paesi ASEAN, che sono diventati i maggiori partner commerciali della Cina, sorpassando di gran lunga l’Unione Europea. Se, infatti, il commercio è aumentato del 7% rispetto agli anni precedenti anche gli investimenti bilaterali hanno segnato un notevole incremento, attestandosi al +58% rispetto al 2019.
Tuttavia c’è, per così dire, un rovescio della medaglia: la capacità di ripresa di Pechino dalla pandemia in anticipo rispetto al resto del mondo, con una prospettiva di crescita dell’8% nel 2021, in aggiunta alla maggiore influenza commerciale nel Sud-Est asiatico acquisita grazie alla RCEP, potrebbe rendere i Paesi dell’ASEAN sempre più dipendenti dalle esportazioni e dagli investimenti esteri dell’ingombrante vicino di casa. Specialmente dopo la decisione dell’India di abbandonare i negoziati, la Cina si configura come l’attore principale dell’accordo. Ciononostante, i vantaggi sono numerosi; sfruttando la complementarità dei diversi sistemi economici, i Paesi dell’ASEAN, con il supporto degli altri membri, riusciranno a sviluppare più agilmente le catene del valore regionali, diventando una destinazione privilegiata per gli investimenti diretti esteri, soprattutto nipponici e sudcoreani, riequilibrando dunque l’influenza cinese. Ciò garantirà l’incremento della capacità industriale dei Paesi ASEAN e, nel lungo periodo, anche una probabile diminuzione del divario del reddito medio nella regione.
In realtà, la propensione a riallocare gli investimenti verso i Paesi ASEAN non è una novità; già da alcuni anni, infatti, si è registrata una crescita degli IDE provenienti da Giappone, Corea del Sud e Taiwan superiori alla quota indirizzata dagli stessi Paesi verso Pechino. Ciò è principalmente dovuto all’aumento del costo del lavoro in Cina, ma anche alla necessità di differenziare le catene di produzione in seguito allo scontro commerciale tra Washington e Pechino. È infatti in aumento la tendenza a riconsiderare la centralità economica dell’ASEAN; grazie anche all’efficace contenimento dell’emergenza sanitaria, quest’area non ha registrato importanti deficit economici e commerciali. Peculiare è il caso del Vietnam, che con un Pil del 2,6% maggiore rispetto al 2019 si conferma l’unica nazione asiatica, insieme alla Cina, ad aver presentato una crescita economica costante durante l’emergenza sanitaria. Ma non è tutto; nel 2021 è previsto l’incremento delle economie di tutta la regione, in particolare per l’Indonesia (+6,1%), la Cambogia (+6,8%), le Filippine (+7,4%) e la Malesia (+7,8%).
In conclusione, l’asse mondiale si sta spostando verso est. Pechino ne è consapevole e non esita a sfruttare la sua posizione privilegiata per ritagliarsi un ruolo di primo piano nel nuovo scenario, conducendo con sé i Paesi dell’ASEAN. Per il Sud-Est asiatico, l’obiettivo sarà cercare un delicato equilibro per garantirsi il suo spazio e attirare investimenti, senza accrescere troppo l’influenza cinese nella regione.
A cura di Emilia Leban
Il 2021 per le relazioni tra Cina e ASEAN
Il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha recentemente concluso la sua missione diplomatica in quattro Stati membri dell’ASEAN: Myanmar, Indonesia, Brunei e Filippine, rilanciando l’azione internazionale di Pechino, promettendo sostegno per la distribuzione di vaccini, nonché cooperazione in materia di infrastrutture e commercio per alimentare la ripresa post-pandemica. Il sostegno della Cina ai Paesi del Sud-Est asiatico nella distribuzione dei vaccini si inserisce pienamente nel programma ‘Health Silk Road’ per garantire miglioramento degli stand sanitari e, naturalmente, un’efficace lotta al Covid-19 grazie al vaccino cinese Sinovac Biotech. Inoltre, tutti i governi dell’area ASEAN hanno realizzato piani di ripresa e salvataggio dell’economia fortemente basati sul rilancio del commercio internazionale e degli investimenti esteri e, in questo scenario, la Cina sembra essere il partner più promettente e adatto a sostenere la ripresa nel 2021. Le dieci nazioni ASEAN sono diventate collettivamente il più grande partner commerciale della Cina per la prima volta lo scorso anno, con il commercio bilaterale che, globalmente, ha superato l’Unione Europea. Nel nuovo contesto della pandemia, si spera rallentata dalla diffusone del vaccino, l’attuazione dei progetti della Belt and Road Initiative menzionati da tempo in molti colloqui bilaterali, sarà accelerata per stimolare l’occupazione e lo sviluppo economico di tutti gli Stati della regione. Il 2021 sarà, infine, un anno storico per i rapporti tra la Cina e l’ASEAN che celebrano il 30º anniversario di relazioni. Tra i partner di dialogo dell’ASEAN, la Cina è stata senza ombra di dubbio il numero uno su molti fronti. Lo stesso Presidente Xi Jinping nel suo discorso di apertura del 17° China-ASEAN Expo & China-ASEAN Business and Investment Summit aveva affermato: “La cooperazione Cina-ASEAN si è evoluta fino a diventare il modello di maggior successo tra le collaborazioni nell’Asia-Pacifico e un esempio unico nella costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità”.
Il Vietnam non delude le aspettative
Mentre nuove ondate pandemiche continuano ad imperversare in gran parte del mondo, il Vietnam vanta un bilancio molto positivo, con contenimento del numero di morti e di contagi, obiettivo non scontato con oltre 95 milioni di abitanti. Tali risultati sono stati ottenuti grazie a test rigorosamente mirati, un programma di quarantena centralizzato e la chiusura anticipata delle frontiere. “Il successo nella gestione della pandemia fino ad oggi ha già consentito al Paese di acquisire una quota maggiore del commercio globale e degli investimenti diretti esteri durante il 2020” ha affermato al riguardo Carolyn Turk, Direttore nazionale della Banca Mondiale in Vietnam. Il 2021 si annuncia come un anno di grande crescita economica per il Vietnam, che punta a tornare alle cifre fatte registrare nel 2018 e nel 2019. Il parlamento di Hanoi ha fissato un obiettivo di crescita economica del 6% per quest’anno, ma il Primo Ministro Nguyen Xuan Phúc ha dichiarato che il governo spera di raggiungere la quota del 6,5%, confortato anche dai dati pubblicati da diverse istituzioni internazionali. Se, infatti, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno previsto una crescita di poco inferiore al 7%, la società di ricerche di mercato Fitch Solutions ha previsto che il Vietnam crescerà addirittura dell’8,6% quest’anno. Come in molti altri Paesi dell’ASEAN, che beneficeranno di uno sviluppo economico condiviso, anche in Vietnam si spera che la diffusione globale di vaccini guidi la ripresa della domanda esterna per le esportazioni vietnamite, gli investimenti internazionali e generi anche bolle di viaggio regionali per far ripartire il turismo in entrata. È inoltre notizia recente che gli Stati Uniti, dopo mesi di tensioni e accuse ad Hanoi per manipolazioni al ribasso della propria moneta che danneggerebbero Washington, non procederanno con sanzioni e tariffe punitive, nonostante le parole dure del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti.
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