Lunedì 9 maggio l’arcipelago del Sud-Est asiatico sceglie il suo nuovo presidente. Qualche informazione per leggere la sfida elettorale e le sfide che attendono la leadership entrante. Poi semiconduttori dalla Malesia alla Russia e settimana corta in Asia
L’Associazione Italia-Asean nasce nel 2015. La sua missione è quella di rafforzare il legame e rendere più evidenti le reciproche opportunità, sia per le imprese che per le istituzioni. Qui pubblichiamo la newsletter Italia-Asean del 6 maggio.
Manca poco al giorno delle elezioni nelle Filippine. Il 9 maggio i cittadini votano per le presidenziali, oltre a esprimere la preferenza per legislatura ed esecutivo a livello nazionale e provinciale. Una sfida che vede soprattutto i cinque candidati per la presidenza protagonisti di una fase complessa per il destino dell’arcipelago. Tra i fattori che erediterà la nuova dirigenza: sei anni di amministrazione Duterte segnati dalla lotta alla criminalità senza compromessi, l’emergenza Covid-19, il rallentamento dell’economia e una crescente instabilità geopolitica nel Pacifico. Come vengono trattati questi temi oggi, quali misure verranno effettivamente prese dal nuovo governo, sarà decisivo per il futuro dei suoi cittadini e dell’ASEAN. Lo stesso presidente uscente, Rodrigo Duterte, non parteciperà al summit USA-ASEAN del 12-13 maggio a Washington per “non prendere posizioni che potrebbero risultare inaccettabili alla nuova amministrazione”.
Sfide e opportunità
Il nuovo corso degli eventi non potrà prescindere da quelli che sono i temi del momento. Il nuovo presidente ha solo un mandato a disposizione per agire nei confronti degli elettori e preparare la strada per favorire la continuità delle riforme. Tra questi, proprio l’immobilità della classe politica rimane una delle maggiori preoccupazioni per la salute della democrazia filippina: qualsiasi carriera importante ha radici nel network di conoscenze (fino al nepotismo e all’esistenza di vere e proprie dinastie politiche) e nella corruzione. Da qui una certa frustrazione e disillusione nei confronti della classe politica, poiché la percezione generale è che chi possiede denaro e contatti ha già in mano un grande potere sulla politica locale e nazionale. Secondo il Corruption perception index del 2021, l’81% dei filippini pensa che la corruzione sia un serio problema interno all’élite politica del paese, mentre il 19% dei funzionari pubblici avrebbe ricevuto almeno una volta all’anno delle tangenti.
A questo clima socio politico si aggiunge il problema sempre più grave della disinformazione. La famiglia dell’ex dittatore Marcos e dell’attuale candidato Ferdinand ‘Bongbong’ Marcos Jr., per esempio, ha lavorato assiduamente per “ripulire” la propria immagine. Oggi i social media offrono un’ampia varietà di contenuti propagandistici su Marcos Jr., o inneggiano a un passato glorioso attraverso gli inni e i simboli del regime del 1965. Quasi l’intera popolazione è esposta all’informazione su Facebook, YouTube e TikTok e la maggior parte di questi utenti sono giovani nati negli anni successivi alla caduta dell’autocrate (1986). Gli stessi giovani che, oggi, costituiscono un terzo dell’elettorato.
Una ricerca pubblicata da Publicus Asia segnala, inoltre, che il 51% dei rispondenti ritiene la campagna vaccinale e la crisi economica post-Covid i due principali problemi delle Filippine. Secondo gli ultimi dati sulla pandemia, i casi sono stabili e le vaccinazioni sembrano procedere di buon passo (il 74,3% della popolazione vaccinabile ha ricevuto almeno due dosi). Per quanto riguarda l’economia, le stime della Asia Development Bank (ADB) prevedono un trend positivo di crescita al 6% per il 2022, ma la guerra in Ucraina e i rallentamenti lungo le catene di approvvigionamento (soprattutto a causa del lockdown cinese) potrebbero cambiare le carte in tavola.
Ma le elezioni del 2022 potrebbero essere decisive anche per il futuro della politica estera filippina. Situate in un contesto geografico sempre più teso tra Cina e Stati Uniti, le Filippine sono da tempo combattute tra i vantaggi della partnership commerciale con Pechino e l’assertività delle sue navi nel mar Cinese meridionale. Se Marcos Jr. vincesse le elezioni, in molti ritengono ci si possa aspettare un allineamento verso la Repubblica popolare. Da un punto di vista dei valori alla base della sua campagna elettorale, invece, Leni Robredo otterrebbe un supporto maggiore dagli Usa nella sua lotta alla sopravvivenza delle istituzioni democratiche nel Sud-Est asiatico.
Chi sono i candidati
I candidati alle elezioni presidenziali nelle Filippine sono cinque, ma secondo i sondaggi il testa-a-testa decisivo sarà tra Ferdinand ‘Bongbong’ Marcos Jr. e Maria Leonor “Leni” Gerona Robredo. I due si trovano ancora una volta rivali davanti all’elettorato, che li aveva visti correre per la vicepresidenza nel 2016, quando Robredo vinse con solo lo 0,34% di vantaggio contro Marcos.
Il primo, come anticipato, è figlio del dittatore che ha guidato il Paese per oltre vent’anni (1965-1986) – undici dei quali imponendo la legge marziale. Lo spettro di Marcos padre non oscura la fama del figlio: per molti, al contrario, i Marcos rappresentano un’istituzione. A favorirlo potrebbe essere il nord (la regione di Ilocos Norte è storicamente considerata il “feudo” dell’ex famiglia presidenziale, e proprio lì si è consolidata la carriera politica di Marcos Jr.), che anche nel 2016 aveva preferito la coalizione d’opposizione di Jejomar Binay. Al momento sembra essere il favorito dai sondaggi. La sua candidata alla vicepresidenza è nientemeno che Sara Duterte, figlia del presidente uscente che ha rinunciato alla corsa per il posto del padre (nonostante le analisi e il sentiment popolare l’avessero messa al primo posto tra i favoritissimi per la corsa alla presidenza).
Maria Leonor “Leni” Gerona Robredo, dei Liberali, ha fatto della difesa della democrazia e della lotta al nepotismo le sue armi in campagna elettorale. Avvocata per i diritti umani, si è presto distaccata dal presidente Duterte durante la sua vicepresidenza, complice la sanguinosa campagna contro la droga che ha portato alla morte di oltre seimila persone dall’inizio del suo mandato. È la seconda candidata favorita dai sondaggi, attestandosi intorno al 24% e ottenendo una discreta ripresa su Marcos Jr. Sta avendo successo su parte dell’elettorato per i suoi atteggiamenti di “umiltà” in un paese dove l’accesso alla politica si ottiene spesso con il denaro e le conoscenze: tra questi, l’aver tolto i tacchi alti in pubblico e l’utilizzo dei mezzi pubblici per spostarsi. Alcune recenti analisi sembrano inoltre vederla in vantaggio tra gli investitori, che diffidano della capacità di Marcos Jr. nel portare avanti politiche economiche e fiscali efficaci. Se eletta, sarebbe la terza presidente donna del paese dopo Corazon Aquino e Gloria Macapagal Arroyo.
Gli altri candidati alle presidenziali sono il sindaco di Manila e attore Isko Moreno, l’ex campione di pugilato e senatore Manny “PacMan” Pacquiao e l’ex dirigente della Polizia nazionale delle Filippine Panfilo Lacson.
Le elezioni e l’ASEAN
L’elezione di un nuovo capo di stato è sempre determinante nel contesto delle relazioni regionali. Nel caso delle Filippine, il problema diventa ancora più urgente davanti a un panorama geopolitico in mutazione. Un ambiente, quello odierno, che per la sua complessità necessiterebbe della massima coesione interna al gruppo ASEAN.
In uno degli ultimi dibattiti della campagna elettorale in corso, Leni Robredo ha sottolineato la necessità per Manila di guidare il dialogo ASEAN sull’assertività cinese nel tratto di mare comune. Per Robredo, il Codice di condotta per il Mar cinese meridionale non può essere posticipato ulteriormente. E le Filippine “devono spingere gli altri Paesi membri” ad approvarlo in modo da consolidare la propria posizione davanti alle rivendicazioni territoriali cinesi. L’Associazione osserva con attenzione quanto accadrà nelle urne filippine anche per il proprio bilanciamento interno, quanto mai fondamentale in un momento globale così delicato tra coda pandemica e guerra in Ucraina.
Semiconduttori in Russia, i dubbi della Malesia
L’Ambasciatore della Malesia a Mosca, Bala Chandran Tharman, ha dichiarato che Kuala Lumpur è disposta a considerare “qualsiasi richiesta” da parte della Russia sul commercio dei semiconduttori, apparentemente incurante del rischio di incorrere in sanzioni internazionali. La Malesia ha un ruolo cruciale nelle catene del valore hi-tech: è una delle maggiori esportatrici di semiconduttori al mondo, con un volume annuale di vendite di 8,7 miliardi di dollari. Il Paese del Sud-Est asiatico ospita alcuni dei principali siti di assemblaggio, test e imballaggio di aziende come Toyota, Ford, General Motors e Skoda Auto. Chandram ha sottolineato che la Malesia è un Paese “orientato al mercato”, e dunque si è detto “abbastanza sicuro che qualsiasi richiesta da parte russa riguardo alla fornitura di tali prodotti verrà presa in considerazione”. In seguito all’invasione russa dell’Ucraina la comunità internazionale ha imposto però sanzioni su un ampio spettro di categorie di affari con Mosca, per cercare di fiaccare il governo di Vladimir Putin da un punto di vista economico e costringerlo a rinunciare alle sue imprese belliche. La posizione della Malesia rispetto all’aggressione russa nel territorio ucraino è stata ambivalente. Se inizialmente il governo malese si era astenuto dal riferirsi all’episodio come a un’aggressione, alla fine ha sostenuto la risoluzione ONU che condannava la Russia. Secondo un articolo apparso sul Yusof Ishak Institute, può essere utile indagare le ragioni del sentimento filo-russo espresso da una parte dei netizens malesi sui social. Per tutte queste ragioni, se le parole espresse con diplomazia da Chandram trovassero seguito a livello concreto con l’export di semiconduttori, secondo alcuni osservatori Kuala Lumpur potrebbe rischiare di incorrere in sanzioni internazionali. Molti esperti sottolineano che, mentre il governo si sta impegnando per risollevare l’economia nazionale dalle difficoltà della ripresa post-pandemica, è cruciale per il Paese tutelare la sua reputazione di destinazione tra le più ambite del Sud-Est asiatico per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri. |
L’Asia riflette sulla settimana corta
L’Asia in generale e alcuni Paesi del Sud-Est asiatico nello specifico flirtano con l’idea di accorciare la settimana lavorativa. Una mossa che sarebbe rivoluzionaria in un contesto lavorativo storicamente noto, invece, per le lunghe e dispendiose giornate e settimane lavorative. Eppure, le aziende e i governi di diversi Paesi asiatici, spiega Nikkei Asia, stanno cautamente testando l’idea di una settimana lavorativa di quattro giorni. Una riflessione che arriva mentre la pandemia di COVID-19 ha spinto le aziende e i dipendenti a ripensare il loro approccio al lavoro. La pandemia e il suo impatto sugli stili di lavoro, comunque, sono solo una parte della storia. La spinta per una settimana lavorativa di quattro giorni arriva anche in reazione agli orari di lavoro estremamente lunghi della regione. I sondaggi in tutta la regione indicano le settimane più corte come uno dei cambiamenti politici più desiderati da diverse classi sociali. Un rapporto del 2021 dell’Organizzazione Asiatica della Produttività mostra che, a parte Singapore, molti Paesi della regione sono piuttosto distanti dall’Occidente in termini di produttività del lavoro. Il livello medio di produttività per i 10 membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) era dell’81% inferiore a quello degli Stati Uniti. In molti iniziano a ritenere l’accorciamento della settimana lavorativa come un modo per aumentare la produttività. Il Giappone, noto da tempo per la sua cultura del lavoro che porta i dipendenti quasi allo stremo, sembra porsi a capo di questa tendenza nascente, con alcuni dei suoi più grandi nomi aziendali che annunciano piani per settimane brevi. Ma il fenomeno, come detto, arriva anche nel Sud-Est asiatico. Diversi governi della zona starebbero pensando di avviare sperimentazioni in tal senso, anche se per ora l’iniziativa è stata presa su base aziendale. In Indonesia, per esempio, il prestatore peer-to-peer Alami ha introdotto settimane lavorative di quattro giorni per i suoi dipendenti l’anno scorso, con l’obiettivo dichiarato di migliorare la salute mentale e la produttività dei suoi lavoratori.
Turismo Espansione in ASEAN Regent Hotels & Resorts, il marchio lusso di Ihg Hotels & Resorts, debutta nel Sud-Est asiatico con l’apertura di Regent Phu Quoc, in Vietnam. La struttura sorge in prossimità di una riserva Patrimonio Unesco e conta 176 suite e 126 ville. |
Economia
Olio di palma La scorsa settimana, il Presidente indonesiano Joko Widodo ha annunciato il divieto di esportazione dell’olio di palma prodotto nel Paese. Lo stop all’export è, infatti, necessario per assicurare la disponibilità di prodotti alimentari nel Paese e per garantire alla popolazione abbondanti scorte. |
Geopolitica
Relazioni Russia-Vietnam Il Vietnam, l’alleato più importante di Mosca nel Sud-Est asiatico, potrebbe presto essere vittima di sanzioni statunitensi per le sue continue relazioni militari con la Russia e per le esercitazioni congiunte ormai da tempo programmate. Asia Times: https://asiatimes.com/2022/04/russia-vietnam-ties-put-us-in-a-sanctions-dilemma/ |
Economia Salario minimo
Dopo averlo già rivisto al rialzo nel 2020, la Malesia ha aumentato il salario minimo nazionale mensile del 25%, portandolo da 276 dollari a 345 dollari. L’aumento salariale sarà applicato solo alle imprese del settore privato che hanno cinque o più dipendenti. ASEAN Briefing: https://www.aseanbriefing.com/news/malaysia-to-increase-minimum-wage-from-may-1-2022/ |
PoliticaPolitica estera indonesiana
Secondo alcuni osservatori, la crisi in Ucraina dovrebbe spingere l’Indonesia a riconsiderare la direzione e le strategie della politica estera nazionale, tenendo in considerazione i prossimi equilibri geopolitici mondiali. East Asia Forum: https://www.eastasiaforum.org/2022/04/27/rethinking-indonesias-non-aligned-foreign-policy/ |
Economia Economia vietnamita Le imprese vietnamite stanno già notando le conseguenze del conflitto nell’Europa dell’Est, e l’impatto è destinato ad aumentare. Come, quindi, la guerra Russia-Ucraina sta influenzando l’economia del Vietnam? The Diplomat: https://thediplomat.com/2022/04/how-the-russia-ukraine-war-is-impacting-vietnams-economy/ |
BusinessIncentivi fiscali in Malesia
Nell’ottica di rafforzare la posizione nazionale nella catena globale del valore e di promuovere la sua industria farmaceutico-sanitaria, la Malesia continuerà a stanziare incentivi fiscali per le aziende del settore fino al 31 dicembre 2022. ASEAN Briefing: https://www.aseanbriefing.com/news/tax-incentives-for-pharmaceutical-manufacturers-in-malaysia/ |
EconomiaRCEP
Per comprendere al meglio il coinvolgimento dell’ASEAN e le conseguenze della RCEP sulle economie nazionali, è necessario analizzare i dieci Stati del Sud-Est asiatico in maniera diversa, separando quelli economicamente più sviluppati da quelli ancora in via di sviluppo. East Asia Forum: https://www.eastasiaforum.org/2022/04/26/rcep-and-asean-old-and-new/ |
Economia Covid-19 e turismo
Parlando all’ASEAN Economic Outlook: Prospects for Growth and Regional Cooperation, l’economista Anthony Tan ha affermato che le prospettive di una forte ripresa del turismo “non saranno probabilmente brillanti finché la Cina non riaprirà completamente i suoi confini”. ASEAN Business: https://www.businesstimes.com.sg/asean-business/chinas-covid-policy-adding-to-headwinds-confronting-asean |
BusinessInvestimenti canadesi in Vietnam
Lo scorso 27 aprile, durante i colloqui del Comitato permanente per il commercio internazionale della Camera dei Comuni canadese, la professoressa Julie Dai Trang Nguyen ha sottolineato l’importanza del Vietnam per le imprese canadesi. Vietnam +: https://en.vietnamplus.vn/vietnam-holds-leading-role-in-asean-for-canadian-businesses/227731.vnp |
Sanità Covid-19
Dopo la decisione del governo e delle autorità sanitarie thailandesi, dal primo maggio, i turisti stranieri vaccinati contro il Covid-19 possono entrare in Thailandia senza bisogno di sottoporsi a tamponi prima della partenza o all’arrivo. |
Business Investimenti londinesi Il fondo sovrano di Singapore GIC ha deciso di acquistare una quota del 75% del complesso di uffici “Paddington Central” di British Land a Londra per 885 milioni di dollari, confermando il crescente interesse degli investitori asiatici per le attività immobiliari del centro finanziario europeo. |