L’Associazione Italia-Asean nasce nel 2015. La sua missione è quella di rafforzare il legame e rendere più evidenti le reciproche opportunità, sia per le imprese che per le istituzioni. Qui pubblichiamo la newsletter Italia-Asean del 20 novembre.
Dal 12 al 15 Novembre si è svolto online il 37° ASEAN Summit, l’ultimo della presidenza vietnamita che dovrà lasciare ora il posto al Brunei. La cerimonia di apertura del vertice tra gli Stati membri dell’ASEAN è stata infatti aperta dai discorsi del Presidente del Vietnam, Nguyen Phu Trong, e del Primo Ministro, Nguyen Xuan Phuc, che hanno sottolineato la resilienza dell’ASEAN di fronte alle sfide senza precedenti imposte dalla pandemia.
Innanzitutto, particolare attenzione è stata dedicata al delicato tema del Mar Cinese Meridionale. I diversi Paesi membri dell’ASEAN hanno riaffermato la loro determinazione a voler mantenere la pace e la stabilità nell’area attraverso lo sviluppo di un Codice di Condotta per il Mar Cinese Meridionale con Pechino. Le trattative stentano a decollare, ma secondo quanto dichiarato a margine del Summit, il documento dovrebbe essere pronto entro la fine del 2021. L’obiettivo è quello di garantire il libero flusso delle merci nel conteso specchio d’acqua, rispettando le norme e convenzioni internazionali in materia di diritto del mare.
In seguito, i leader dell’ASEAN hanno discusso della risposta comune alla pandemia di Covid-19, presentando l’ASEAN Strategic Framework for Public Health Emergencies. Il documento, alla base di tutte le iniziative comuni riguardanti le emergenze sanitarie nella regione, avrà lo scopo di migliorare la preparazione e la risposta dell’ASEAN di fronte alle emergenze della sanità pubblica. Incluso in questo documento è quindi il Covid-19 Response Fund, concordato dai Paesi ASEAN ad aprile, che al momento ha un budget di 10 milioni di dollari, e che avrà la funzione di fornire assistenza alle nazioni più colpite dalla pandemia. Pur molto diverso dal Next Generation EU per natura e portata dell’intervento, questo fondo rappresenta un primo passo importante dei Paesi del Sud-Est asiatico verso la definizione di strumenti comuni per affrontare le crisi.
Insieme all’emergenza sanitaria, la crisi pandemica ha avuto un impatto devastante anche sulla società e sull’economia della regione. La risposta sul piano epidemiologico deve quindi andare di pari passo con la strategia di ripresa socio-economica nella regione del Sud-Est asiatico. A tal proposito, i rappresentanti dei Paesi ASEAN hanno istituito l’ASEAN Comprehensive Recovery Framework per pianificare la fase di ripresa dalla crisi. Tra le misure principali incluse nel Recovery Framework vi sono: il rafforzamento dei sistemi sanitari regionali, una maggiore cooperazione economica all’interno dell’ASEAN, la promozione della trasformazione digitale, e l’attenzione ai temi sostenibilità e ambiente. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di gestire con un approccio cooperativo la delicata fase di ripresa dall’emergenza sanitaria, con un focus sulla dimensione regionale della crisi.
Inoltre, questa edizione del Summit ha visto svolgersi il 1° ASEAN Women Leaders’ Summit. Per la prima volta le rappresentanti delle donne leader dell’ASEAN hanno fatto sentire la propria voce nel vertice intitolato “Women’s Role In Building a Cohesive, Dynamic, Sustainable And Inclusive ASEAN Community In a Post Covid-19 World”, enfatizzando il ruolo delle donne nella promozione dello sviluppo sostenibile nel mondo post-pandemico.Le leader hanno dichiarato con forza che la pandemia minaccia di invertire i duri risultati ottenuti nella regione in termini di uguaglianza di genere ed empowerment femminile. A gran voce è stato, dunque, rimarcato che l’ASEAN deve mitigare gli impatti negativi del COVID-19 sulle donne, ponendole al centro dei processi di ricostruzione e ripresa.
Di notevole importanza anche il vertice tra ASEAN, Cina, Giappone e Corea, il 23° ASEAN Plus Three Summit, incentrato sul rafforzamento della cooperazione per la resilienza economica e finanziaria di fronte alle sfide attuali. L’ASEAN e i suoi partner regionali hanno affermato la necessità di aumentare gli sforzi congiunti per ripristinare la crescita economica dell’intera regione, rafforzando il commercio regionale e la cooperazione economica, anche per promuovere le opportunità di business e di investimenti. Sforzi indirizzati anche al potenziamento di piccole e medie imprese, gruppi sociali vulnerabili, start-up e settori economici più duramente colpiti dalla pandemia, senza tralasciare lo sviluppo dell’economia digitale.
La giornata finale del Summit ha segnato un’altra data storica. Il 15 novembre 2020, durante il 4° RCEP Summit, è stata firmata la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP). Lanciata nel 2012 a margine del 21° ASEAN Summit, la RCEP è un mega accordo commerciale siglato dai 10 Paesi membri dell’ASEAN e Cina, Corea del Sud, Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Il nuovo blocco economico rappresenterà il 30% dell’economia globale e riguarderà circa 2,2 miliardi di consumatori, costituendo la più grande area di libero scambio del mondo, più vasta di quella europea o nordamericana.
Ancora una volta, dunque, l’ASEAN Summit rivela la centralità dei Paesi del Sud-Est asiatico nel nuovo contesto regionale e globale. Nel Mar Cinese Meridionale, le nazioni dell’ASEAN saranno fondamentali per bilanciare la Cina. Con la RCEP, l’Asia spinge sul libero scambio e il multilateralismo, rilanciando un’importante tendenza frenata dall’Amministrazione Trump negli ultimi anni. Di fronte alle emergenti sfide e difficoltà, l’ASEAN si è mostrata unita e forte, confermando il suo ruolo fondamentale di foro di dialogo e cooperazione centrale in Asia e nel mondo.
Le possibili conseguenze delle tensioni nel Mar Cinese Meridionale
La firma della Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) è stata uno degli eventi più importati degli ultimi decenni per il continente asiatico e ci sarà, senza alcun dubbio, molto da scoprire e valutare nei prossimi mesi. L’accordo garantirà vantaggi commerciali ai 15 Paesi firmatari che devono però, in molti casi, mettere da parte le tensioni, soprattutto quelle riguardanti le ambizioni geopolitiche di Pechino nel Mar Cinese Meridionale. Un’escalation delle tensioni in quell’area potrebbe, infatti, mettere a rischio molti equilibri economici e commerciali raggiunti dai Paesi asiatici con la firma del RCEP e minare la reciproca fiducia, danneggiando il PIL di molti Paesi tra cui Singapore, Vietnam, Australia e Hong Kong. Gli Stati ASEAN, che durante il 37esimo ASEAN Summit hanno ancora una volta espresso le loro preoccupazioni al riguardo, sono ben consapevoli che le tensioni USA-Cina non hanno presentato il minimo segno di raffreddamento, anzi, le esercitazioni condotte dalla marina cinese in estate e il successivo lancio di missili balistici hanno contribuito ad irritare Washington che, in più occasioni, ha espresso contrarietà e preoccupazioni per l’accaduto. E’ notizia recente, inoltre, quella secondo cui i missili cinesi lanciati ad agosto avrebbero colpito una nave bersaglio in movimento e non fossero semplicemente finiti in mare. In molti si chiedono se il cambio di amministrazione americana porterà ad un disgelo delle relazioni con Pechino ma sembra sempre più chiaro che la competizione tra le due superpotenze è destinata a continuare su innumerevoli settori, dal commercio internazionale alla diplomazia, alle continue sfide tecnologiche. Intanto, in questi giorni, si sono tenuti due importanti simposi internazionali, uno ospitato dalla Cina e l’altro dal Vietnam, cercando soluzioni scientifiche ai problemi ambientali che il Mar Cinese Meridionale presenta, con relatori da Stati Uniti, Cina e Paesi ASEAN. Chissà che una migliore cooperazione in tema di sostenibilità ambientale possa portare poi ad un raffreddamento delle tensioni politiche e commerciali.
Continuano le manifestazioni pro-democrazia in Thailandia
Imperversano ormai da settimane e in tutto il Paese le manifestazioni degli attivisti per la democrazia thailandesi, che chiedono a gran voce una profonda riforma dell’assetto istituzionale del Paese e una riduzione dei privilegi garantiti alla famiglia reale, oltre alle immediate dimissioni del Primo Ministro. Negli ultimi giorni si è assistito a Bangkok a violenti scontri tra manifestanti, realisti e forze dell’ordine, che hanno causato un sostanzioso numero di feriti secondo quanto affermato dalle strutture sanitarie cittadine. Gli agenti hanno respinto i manifestanti che premevano contro le barriere di cemento e filo spinato erette per tenere i dimostranti lontano dal complesso dove ha sede il Parlamento, composto da una Camera dei Rappresentanti eletta dal popolo e da un Senato nominato dall’alto. Proprio l’approvazione della legge di riforma del Senato, che sostiene convinto il Primo Ministro ed ex generale Prayuth Chan-ocha, è una delle richieste fondamentali dei manifestanti. La fascia conservatrice teme però che una riforma della Costituzione possa aprire la strada ad altre riforme che metterebbero in pericolo il futuro della monarchia. Nel frattempo, all’interno del Parlamento thailandese, una sessione congiunta di Camera e Senato continua a discutere una legge di revisione costituzionale, che necessita però di un lungo iter legislativo, composto da ben tre letture, per essere definitivamente approvata. Intanto il Paese si trova ad affrontare una delle peggiori crisi degli ultimi decenni, generata dalle restrizioni sociali e sanitarie imposte dal governo per combattere la pandemia. Il turismo, voce importantissima nel PIL thai, sembra in crescita e la domanda interna registra finalmente una graduale risalita. In questo scenario, la Banca Centrale si dice pronta a sostenere la ripresa economica della Thailandia, mantenendo il suo tasso d’interesse di riferimento al minimo storico e incitando il governo ad attuare una politica fiscale vantaggiosa per la ripresa di famiglie e, soprattutto, imprese.
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