Meloni va a Shanghai

In Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

La premier parla di “ruolo dirimente” della Cina sulle crisi internazionali, prima di spostarsi da Pechino alla metropoli simbolo dell’interscambio commerciale con l’Italia. E nega “giravolte” sulla sua posizione

Il salmone era “molto, molto buono”. E poi anche gli spaghetti, “però non so bene il nome, quelli col brodo”. Giorgia Meloni, al termine degli incontri ai massimi livelli di Pechino, valida la tradizione culinaria cinese. E non solo quella, visto che nel punto stampa prima della partenza per Shanghai, legittima anche il ruolo della Cina come “interlocutore indispensabile” nelle crisi internazionali. Per esempio sull’Ucraina, su cui la premier sostiene di aver detto “chiaramente” al presidente Xi Jinping che la Cina non ha “alcuna convenienza a sostenere la capacità industriale russa”. Meloni vede un “ruolo dirimente” per la diplomazia di Pechino anche in Medio oriente, grazie ai suoi “solidi rapporti” con Iran e Arabia saudita.

I temi internazionali, al di là del possibile ruolo dell’Italia nel favorire il dialogo tra Cina e Unione europea, non vengono toccati dai resoconti dei media cinesi sulla visita di Meloni. Sul Quotidiano del Popolo, l’organo ufficiale del Partito comunista sulla cui prima pagina di ieri la visita di Meloni era in coabitazione con quella del presidente di Timor Est, è stato invece pubblicato il testo integrale del nuovo piano di azione triennale per il rafforzamento del partenariato strategico. “Cina e Italia sono disposte a sostenere il tradizionale spirito della Via della Seta e a mantenere lo slancio allo sviluppo delle relazioni”, si legge, con riferimento all’antico ponte tra oriente e occidente più che alla Belt and Road lanciata da Xi e da cui il governo Meloni è uscito. La menzione è utile a Pechino per chiedere una maggiore stabilità nelle relazioni bilaterali, che negli scorsi anni hanno vissuto accelerazioni e retromarce. Sul fronte commerciale, si dà particolare enfasi alla cooperazione nei settori delle energie rinnovabili e delle tecnologie verdi, ma anche all’agricoltura e alla sicurezza alimentare. Su questo fronte pesa però ancora il divieto di importazione in Cina di carne suina italiana, con le aziende che sperano in una svolta favorita dal nuovo clima politico.

Al di là degli accordi quadro, mancano annunci concreti, in particolare sulla chiacchierata apertura di un impianto di produzione di auto elettriche cinesi in Italia. Qualcosa potrebbe però accadere da qui alla visita di Sergio Mattarella, prevista a novembre. Meloni si dice soddisfatta dei risultati raggiunti nei colloqui, durante i quali sostiene che non sia stato posto il tema dell’esercizio del golden power. In realtà, sarebbe stato fatto notare con altri canali che questo esecutivo non ha mai utilizzato lo strumento per bloccare investimenti cinesi. Meloni risponde a chi la accusa di aver compiuto una “giravolta” sulla Via della Seta: “Io ho sempre detto che non ero d’accordo con la Belt and Road, che l’Italia avrebbe dovuto uscire e che questo non avrebbe compromesso i rapporti con la Cina, non so dove sia la giravolta”.

Subito dopo, il viaggio verso l’aeroporto a bordo di una lussuosa Hongqi, l’auto simbolo dei funzionari cinesi. Da qui lo spostamento a Shanghai, la metropoli che catalizza la maggior parte degli scambi commerciali tra i due paesi. Qui si è concessa una passeggiata sul Bund, il celeberrimo viale sul fiume Huangpu, in compagnia della figlia Ginevra. La piccola è stata omaggiata sui social dalla premier, con una foto dell’arrivo insieme in Cina e un “ovunque, insieme. Ti amo topolina mia”). Oggi l’incontro con il leader locale del Partito, Chen Jining, prima della partenza per l’Europa. Ieri, dopo la joint venture con Stellantis, proprio da Shanghai è già salpato per l’Europa il primo lotto di veicoli elettrici della cinese Leapmotor.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il Manifesto]