La presidente del Consiglio per la prima volta a Pechino. Dopo l’uscita dalla Belt and Road, si mira a riequilibrare la bilancia commerciale e ad attrarre in Italia investimenti cinesi sull’industria tecnologica verde
Mano nella mano con la figlia Ginevra, mentre scende per la prima volta dalla scaletta di un aereo atterrato in Cina. Giorgia Meloni inizia così la sua prima attesa visita nella Repubblica popolare, quasi due anni dopo l’invito ricevuto da Xi Jinping al summit del G20 di Bali e 700 anni dopo la scomparsa di Marco Polo. Proprio la presenza della figlia, mostrata in tutti i video della televisione di stato, pare l’argomento di maggiore interesse sui social cinesi. C’è chi intravede la volontà di dare al viaggio un aspetto umano, chi invece parla di una sensazione vacanziera, all’alba di una missione che i media cinesi presentano come un tentativo di “compensare il rammarico del ritiro dalla Via della Seta e di chiarire alcune incomprensioni”.
Proprio la complicata gestione del dossier Belt and Road ha inciso molto sui primi due anni di politica del governo Meloni sulla Cina. Abbandonati in fretta, anzi in frettissima, i battaglieri toni della campagna elettorale durante la quale si era fatta fotografare col rappresentante taiwanese in Italia e conversava col Dalai Lama su Twitter, la premier si è convertita al pragmatismo. Ha gestito sottotraccia l’uscita dalla Via della Seta, evitando di politicizzarla, e ha avviato una serie di missioni diplomatiche per evitare ritorsioni e dare garanzie sulla tenuta dei rapporti bilaterali.
La visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani dello scorso settembre era servita a dirottare l’attenzione sul ventennale del partenariato strategico, che verrà rinnovato e ampliato in questi giorni. Pechino vuole comunque inserire nel testo un richiamo alla prosecuzione dello “spirito della Via della Seta”, passaggio simbolico con afflato più storico-culturale che politico-commerciale. La missione di inizio mese del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, protagonista di una completa giravolta sulla postura nei confronti della Cina, ha invece posto le basi di un nuovo partenariato col ministero dell’Industria e della tecnologia informatica. Resta da capire che cosa ci finirà dentro.
Il governo Meloni mira a un ribilanciamento della bilancia commerciale, che presenta un disavanzo superiore ai 40 miliardi di euro a favore di Pechino. Tessile, lusso, industria pesante e agroalimentare sono alcuni dei settori su cui si vuole incrementare le esportazioni. Ma poi il grande obiettivo è anche quello di attrarre investimenti cinesi in Italia, in particolare nel settore dell’industria tecnologica verde e dell’energia. Si mira a un accordo con uno dei colossi delle auto elettriche per un impianto di produzione, ma non è scontato l’esito positivo immediato. Attenzione anche a possibili accordi sulle turbine eoliche, altro settore nel mirino della Commissione europea e su cui Pechino potrebbe avere interesse a investire in Italia per aggirare i nuovi dazi.
Degli aspetti economici, Meloni parla oggi col premier Li Qiang, col quale apre anche il business forum bilaterale. Il fulcro politico della visita sarà invece nell’incontro di domani con Xi. Meloni incontra il leader cinese in una congiuntura piuttosto favorevole, visto che nei giorni scorsi il governo cinese ha ospitato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, guadagnando dei punti in occidente circa la sua posizione sulla guerra. Per Xi, incontrare Meloni in questo momento ha un valore soprattutto simbolico, visto che l’Italia detiene ancora la presidenza del G7. E sui media l’arrivo di Meloni viene raccontato come la prova che l’Italia, e in generale l’Europa, sa di avere bisogno della Cina e non vuole seguire la “fatwa” degli Stati uniti nei suoi confronti.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.