Rivendicazioni sopite per decenni e accordi di pace non graditi hanno portato il Borneo all’attenzione mondiale. Nello Stato di Sabah un autoproclamato sultano rivendica la propria sovranità. La vicenda è diventata un caso diplomatico tra Filippine e Malaysia che non ha risparmiato l’uso della forza. All’inizio c’è stata soltanto curiosità per l’azione di un centinaio di filippini armati, decisi a rivendicare la regione di Sabah in Malaysia come parte di un antico sultanato. Con i morti dello scorso fine settimana, i bombardamenti aerei e la caccia all’uomo lanciata della truppe malaysiane nelle ultime ore, quello nel Borneo è diventato un caso diplomatico e politico, che coinvolge tanto il governo di Kuala Lumpur quanto quello di Manila e rischia di risvegliare rivendicazioni sopite da decenni.
Al momento i morti sono stati almeno 27, forse 28, stando alle dichiarazioni delle forze di sicurezza malaysiane che, secondo quanto riporta il quotidiano The Star, hanno detto di aver colpito un ribelle del quale tuttavia non è stato ancora mostrato il cadavere.
A Sabah è ora caccia all’uomo, con i malaysiani che mettono in guardia la popolazione dai miliziani scappati nelle vicine campagne spacciandosi per contadini. E alle poche centinaia di seguaci dell’autoproclamato sultano Jamalul Kiram III si sono uniti in queste ore combattenti del Fronte nazionale di liberazione Moro, gruppo armato che lotta per l’indipendenza del sud delle Filippine, firmatario nel 1996 di un armistizio con Manila.
“Conoscono l’area come il palmo della propria mano. È dove si sono addestrati in passato”, ha detto all’agenzia France Presse il presidente del Consiglio militare islamico del MNLF, Muhajab Hashim.
Le operazioni, ha detto il primo ministro malaysiano Najib Razak, servono a sradicare quelli che la stampa chiama terroristi. Il governo di Kuala Lumpur deve fronteggiare la crisi mentre si prepara alla tornata elettorale delle prossime settimane pressato dall’opposizione che si chiede come sia stata possibile l’incursione. Un grattacapo in più verso una tornata che si preannuncia la più combattuta per il Paese dall’indipendenza e in cui il Fronte Nazionale al governo potrebbe nuovamente, come nel 2008, non raccogliere i due terzi dei consensi.
Le rivendicazioni del 73enne sultano Jamalul Kiram III mettono inoltre Kuala Lumpur davanti a un altro dilemma, scrive Asia Sentinel. In questa vicenda il governo malaysiano sembra essersi dimostrato più assertivo nel rivendicare la propria sovranità, abbandonando a esempio il basso profilo tenuto verso le rivendicazioni territoriali cinesi nelle acque che quasi lambiscono le coste settentrionali del Borneo in cui ha sempre evitato la linea dura seguita invece da Vietnam e Filippine nelle proprie dispute con Pechino.
È opinione, sottolinea il sito, che a Kuala Lumpur guardino allo Stato orientale come un mero serbatoio di voti cui lasciare maggiore autonomia e margine d’azione per gli affari delle élite locali e centrali per lo sfruttamento delle risorse energetiche
L’invasione guidata dagli uomini dell’autoproclamato Esercito reale di Sulu rischia inoltre di far riaffiorare rivendicazioni sopite da decenni. Le stesse Filippine, che oggi invocano la calma, negli Sessanta del secolo scorso provarono ad avanzare rivendicazioni sulla regione in quanto parte fino al diciannovesimo secolo del sultanato di Sulu, ora in territorio filippino.
Ogni disputa con la Malaysia è stata però di fatto abbandonata da decenni. Come in altre vicende simili, l’incertezza affonda radici nella storia. Nel 1878 le terre di Sabah sono state affittate ai britannici, diventarono poi protettorato e con l’indipendenza della Malaysia passarono sotto la sovranità di Kuala Lumpur che ancora oggi paga una simbolica somma al sultano. Questo secondo un accordo che usava la parola pajak, cessione, non si capisce tuttavia se in termini di vendita o di affitto. Nel 1962 il cugino dell’attuale sovrano cedette invece il territorio alle Filippine.
Ricordi del passato. Tanto che ieri intervenendo a un comizio in vista del voto per il rinnovo del Senato a maggio, il presidente filippino Benigno Aquino, si sia chiesto se gli interessi di Manila e del clan Kiram coincidano. Buoni rapporti con Kuala Lumpur sono infatti vitali per l’accordo di pace con i separatisti del Fronte islamico di liberazione Moro, gruppo nato a suo tempo dalla scissione del MNLF.
L’intesa prevede, entro il 2016, l’istituzione di una regione autonoma nell’isola di Mindanao. Prospettiva sembra sgradita al MNLF. In mezzo c’è la sorte dei circa 800mila filippini emigrati nel Borneo, molti irregolari, ora a rischio espulsione.
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