Balochistan Pakistan

Mahrang Baloch, la voce delle donne in Balochistan

In Asia Meridionale by Redazione

La storia personale di Mahrang Baloch, attivista che si batte per il riconoscimento di maggiori diritti alla popolazione del Balochistan, è la dimostrazione di come la voce delle donne possa e debba ricoprire un ruolo centrale nelle lotte per la giustizia e l’autodeterminazione

Era l’11 dicembre 2009 quando a Karachi, capitale economica del Pakistan, Abdul Ghaffar Lango veniva prelevato e messo in un pickup Toyota in pieno giorno davanti agli occhi inermi della moglie. Lango – conosciuto anche come Langove o Langhour – era uno dei leader del Baloch National Party, parte di tutta quella galassia di movimenti e organizzazioni che si battono per l’indipendenza del Balochistan (o Belucistan), provincia occidentale del Pakistan che da decenni cerca di affrancarsi dall’autorità centrale di Islamabad.

Così come Lango – il cui cadavere è stato ritrovato nel 2011 a Gadani con «diversi segni di tortura», secondo i report della polizia – anche sua figlia Marang Baloch viene da anni perseguitata dal governo centrale a causa della sua attività politica, volta a fare luce sulle migliaia di attivisti e leader politici beluci scomparsi in circostanze sospette. Amnesty International ha spesso denunciato come molte di queste sparizioni avvengano per mano delle forze di sicurezza pakistane, che utilizzano tattiche di repressione brutali per silenziare le voci dissidenti: la storia personale e politica di Mahrang si inserisce in questo contesto di repressione dell’attivismo beluci, intrecciandosi indissolubilmente con la lotta per l’autonomia della regione.

Negli ultimi anni le donne beluci, categoria tradizionalmente priva di alcuna rilevanza politica, hanno iniziato a partecipare con regolarità alle attività di resistenza, anche per questioni di forza maggiore. Mentre i loro mariti e i loro figli (coinvolti nelle battaglie per il riconoscimento di eguali diritti da parte della capitale) venivano rapiti, detenuti o “eliminati”, la responsabilità di continuare la lotta è passata infatti nelle mani delle donne. Tra queste voci, quella di Mahrang si distingue per la sua determinazione a portare la questione delle violazioni dei diritti umani in Balochistan all’attenzione internazionale, denunciando in una lunga serie di manifestazioni la totale impunità di cui gode il governo pakistano.

Nel dicembre del 2023, per esempio, Mahrang ha guidato la “Lunga Marcia Beluci“, un’imponente protesta non violenta organizzata dal Baloch Yakjehti Committee (BYC, un’organizzazione a tutela dei diritti umani dei beluci) che ha visto centinaia di donne e bambini marciare per oltre 1600 km, partendo da Kech, nel sud del Balochistan, e arrivando fino alla capitale Islamabad. L’obiettivo, raggiunto solo in parte, era quello di attirare l’attenzione sulle sparizioni forzate e sulla brutalità della repressione governativa. Nonostante l’evento abbia suscitato un grande clamore mediatico, la risposta del governo è stata piuttosto contenuta, con limitate concessioni sui diritti civili dei beluci.

Più di recente, a luglio 2024, Mahrang ha poi organizzato il Baloch Raji Muchi, ovvero un grande raduno nella città portuale di Gwadar. La città è un po’ il simbolo del controverso China-Pakistan Economic Corridor (CPEC), il progetto infrastrutturale più ambizioso del Pakistan, finanziato dalla Repubblica Popolare Cinese, che ha contribuito a esacerbare le tensioni in Balochistan. La popolazione locale accusa infatti Islamabad di non redistribuire sul territorio i proventi dello sfruttamento delle risorse di cui è ricca la regione, indirizzandole piuttosto verso le zone centrali del paese e favorendo gli investitori stranieri a scapito del benessere dei residenti. Nonostante si trattasse di un’assemblea organizzata con intenti pacifici, il raduno è stato represso con violenza dalle forze paramilitari dei Frontier Corps: il bilancio è stato di 3 morti, 16 feriti e diverse attiviste del BYC arrestate.

Un primo riconoscimento a livello internazionale delle azioni di Mahrang è arrivato a settembre, quando è stata inserita nella prestigiosa classifica Next 100 del Time, dedicata alle giovani personalità che stanno cambiando il mondo. Il 7 ottobre, prima di imbarcarsi per andare alla cena di gala organizzata dalla rivista a New York, l’attivista beluci è stata però fermata all’aeroporto di Karachi dalle autorità locali, che le hanno ritirato passaporto e cellulare senza fornire giustificazioni. Pochi giorni dopo è stata accusata di terrorismo e resistenza armata.

L’episodio dimostra come Mahrang Baloch continui a essere una figura scomoda per lo stato pakistano che, da anni, sta cercando di silenziare la voce di una generazione che reclama libertà, diritti e dignità per il popolo beluci. Nonostante la repressione e le accuse di terrorismo, Mahrang – di cui si parla su vari media internazionali, per quanto legati soprattutto al mondo islamico – sta però riuscendo nel suo intento di dare un palcoscenico internazionale alla causa beluci. Questo dice tanto su quanta forza e potenziale possa esprimere la resistenza femminile anche in un contesto dove la politica è sempre stata dominata dagli uomini: la voce delle donne può e deve ricoprire un ruolo centrale nelle lotte per la giustizia e l’autodeterminazione.

Articolo a cura di Sara Tanveer