Il Tribunale internazionale dell’Aja ha dato ragione alle Filippine nella disputa contro la Cina sul controllo di scogli ed atolli strategici nel Marc cinese meridionale. Cina-Ue summit: al centro del dibattito Brexit e protezionismo. Le reazioni di Pechino alla sentenza dell’Aja. E infine una panoramica sulle prese di posizione dei musulmani contro l’estremismo dopo l’attacco di Gulshan in Bangladesh.
Sul Mar cinese meridionale l’Aja dà ragione alle Filippine, l’ira di Pechino di Simone Pieranni
Il Tribunale internazionale dell’Aja ha dato ragione alle Filippine nella disputa contro la Cina sul controllo di scogli ed atolli strategici nel Marc cinese meridionale. Per Pechino la sentenza è semplicemente «carta straccia». La decisione della Corte è più simbolica che altro e finirà per esacerbare lo scontro in una zona ormai strategicamente fondamentale per il «gioco» del mondo multipolare. Confermando infatti l’«internazionalità» di quelle acque la sentenza appoggia Stati uniti e alleati contro Pechino.
In Cina e Asia – China-Ue summit: Brexit e protezionismo di Redazione
I titoli della rassegna di oggi:
– Sullo sfondo del China-Ue Summit, Brexit e protezionismo
– Transparency International boccia le società cinesi
– Polemica sullo «scarafaggio Xi»
– I lavoratori di Wal-Mart China incrociano le braccia
– La Corea del Nord interrompe la comunicazione con Washington
Mar cinese meridionale: Pechino reagisce alla sentenza dell’Aja di Alessandra Colarizi
Non solo la Cina non possiede diritti storici nel Mar cinese meridionale. Ma ha anche violato la sovranità delle Filippine, conducendo esplorazioni in prossimità del Reed Bank, all’interno della zona economica esclusiva (zee) di Manila. Seppur ampiamente preannunciato, il verdetto della Corte permanente di arbitrato dell’Aja (12 luglio) non ha mancato di adirare Pechino che ancora prima dell’ufficializzazione della sentenza aveva annunciato, in segno di avvertimento, la buona riuscita di test di atterraggio in due nuovi aeroporti nell’arcipelago delle Spratly, conteso con Vietnam, Filippine, Malesia, Taiwan e Brunei. Altrettanto sospetto il tempismo con cui il ministero della Difesa cinese ha rivelato la commissione di un nuovo cacciatorpediniere lanciamissili ad una base navale sull’isola-provincia di Hainan, nel profondo sud cinese. In un breve comunicato giunto a ridosso del verdetto, il dicastero si è impegnato a «salvaguardare fermamente la sovranità nazionale, la sicurezza, i diritti e gli interessi marittimi, a sostenere la pace e la stabilità, e ad affrontare ogni tipo di sfida e minaccia». In base alla minaccia avvertite, il governo cinese si avvarrà della possibilità di istituire una zona di difesa aerea, come già avvenuto nel Mar cinese orientale.
Le prese di posizione dei musulmani contro l’estremismo di Matteo Miavaldi
Nei giorni seguenti al massacro di Gulshan, come sempre, lo shock ha lasciato spazio a commentini e allusioni più o meno esplicite a un senso di insoddisfazione nel non vedere prese di posizione chiare da parte dei «musulmani» (quali?) contro il terrore dell’Isis. Lo si ripete sempre, commettendo sempre gli stessi due errori: non si conosce la struttura dell’Islam e, soprattutto, non si fa il minimo sforzo per cercarle queste prese di posizione.