Qualche giorno fa, un turista cinese ha pubblicato su Weibo la foto di una scritta in cinese incisa sui bassorilievi del tempio di Luxor, in Egitto. Il responsabile? Uno studente 15enne di Nanjing. Che, con la sua bravata, ha provocato un dibattito sulla protezione dei beni di interesse storico in Cina. Una scritta incisa con i caratteri cinesi tra i graffiti egiziani del tempio di Luxor rimbalza da giorni sull’internet cinese. E ha scatenato un acceso dibattito sul comportamento dei cinesi all’estero.
"Ding Jihao è stato qui", è la frase incriminata finita sul tempio del II millennio a.C. ma svelata solo recentemente da Shen Yuwen, un turista cinese che, visitando Luxor, ha pubblicato la foto del graffito su Weibo, il Twitter cinese.
L’uomo ha denunciato la scritta, spiegando di vergognarsi per il comportamento del connazionale, tanto che ha provato a cancellare con un fazzoletto le tracce del graffito, senza però ottenere alcun risultato.
Sul web si è subito scatenata la polemica. E presto si è scoperto che Ding Jihao è in realtà uno studente di 15enne di Nanjing, che qualche anno fa ha visitato l’Egitto con la famiglia. La ‘vendetta’ degli internauti è stata spietata: il sito del giovane è stato oscurato ed è stata pubblicata l’immagine del graffito che ha deturpato l’opera di 3.500 anni fa.
I genitori di Ding, dalle pagine del giornale locale Modern Express, hanno chiesto pubblicamente scusa per la scritta. E hanno giustificato il gesto del figlio definendolo una ‘bravata’ di un bambino che all’epoca era ancora troppo piccolo per capire quanto stesse facendo. Ma gli stessi genitori di Ding non hanno taciuto le loro responsabilità, spiegando che il figlio non fosse stato educato in maniera adeguata.
Dalla ricostruzione fatta sul Modern Express, si è appreso che i Ding erano in Egitto con un tour organizzato e nessuno del gruppo si è accorto di quanto fatto dal giovane.
Intanto in Cina la notizia ha scatenato un acceso dibattito, che ha svelato come il problema del comportamento dei cinesi in vacanza sia spesso al centro dell’attenzione. Lasciare tracce delle proprie visite, infatti, è un’usanza comune anche per i cinesi che visitano i siti d’interesse storico archeologico nel proprio Paese. In tutta la Cina è possibile osservare scritte dei turisti, persino sui vasi di bronzo del palazzo imperiale all’interno della Città proibita.
Per risolvere il problema, Zhou Xiaoping, funzionario dell’Amministrazione per il turismo della provincia del Jiangsu, ha proposto di dotare i siti d’interesse storico-culturale di lavagne su cui i turisti cinesi possono lasciare il segno del proprio passaggio.
Ma se in Cina è un comportamento tollerato, all’estero le cose sono diverse. E in gioco c’è il prestigio del Paese. Il vicepremier Wang Yang ha presentato recentemente una nuova legge sul turismo – i dati indicano che nel 2012 sono stati 82 milioni i cinesi che hanno viaggiato all’estero – lanciando l’allarme sui comportamenti dei suoi connazionali che, a suo dire, danneggiano l’immagine di Pechino.
Secondo la nuova legge – in vigore da ottobre – i turisti "devono aver cura delle risorse e tenere alta la ‘moralità sociale’ fintanto che visitano luoghi di interesse turistico". La minaccia è una sanzione che però non è ancora stata chiarita.
[Scritto per Lettera43; foto credits: scmp.com]