«Hai mangiato?». In Cina, quando due conoscenti o amici si incontrano per strada, si domandano se hanno lo stomaco pieno. Una preoccupazione che trova spiegazione nei cambiamenti sociali ed economici del paese negli ultimi 40 anni.
IL CIBO però è soprattutto legato al business. Molti affari si concludono davanti a una tavola imbandita e ricca di pietanze, con un numero di portate condivise superiori ai commensali. Una legge approvata il 29 aprile dal Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo vuole limitare gli sprechi alimentari, spesso legati alla ostentazione di ricchezza di una parte della società cinese, e promuovere il rispetto delle risorse alimentari e dell’ambiente.
La nuova regolamentazione, presentata lo scorso 22 dicembre, prevede sanzioni pecuniarie per i trasgressori: i ristoratori ricevono multe di oltre 1200 euro per «aver indotto o consigliato» ai clienti di ordinare quantità eccessive di cibo, mentre è applicata una multa a chi lascia abbondanti porzioni di cibo non consumato.
La legge abbraccia la campagna del «piatto vuoto», lanciata ad agosto dal presidente cinese Xi Jinping contro lo sperpero del cibo, un fenomeno definito dal numero uno del Pcc «scioccante e angosciante». L’iniziativa è stata avviata dopo che gravi inondazioni hanno distrutto le comunità agricole e i prezzi degli alimenti sono aumentati.
L’ALLARME LANCIATO DA XI la scorsa estate ha portato numerosi ristoratori ad applicare la regola «N-1»: se, ad esempio, al tavolo siedono dieci commensali, è possibile ordinare solamente nove pietanze. Una decisione che trova fondamento in uno studio dell’Accademia cinese delle scienze, secondo cui nel 2015 i residenti nelle grandi città, tra cui Pechino e Shanghai, hanno sprecato dai 17 ai 18 milioni di tonnellate di cibo: una quantità sufficiente a sfamare dai 30 alle 50 milioni di persone.
In Cina, nonostante le autorità centrali citino spesso il successo delle misure governative nell’eradicazione della povertà assoluta, c’è ancora un evidente divario economico tra le aree urbane e quelle rurali. Per il World Food Programme, quasi 151 milioni di cinesi soffrono di malnutrizione e a pagarne le spese sono soprattutto i giovanissimi.
A INCIDERE negativamente sul cambiamento delle abitudini alimentari è stato il rapido sviluppo economico del paese. Secondo i recenti dati della Commissione nazionale di Sanità, oltre il 50% degli adulti è sovrappeso, di cui il 16,4% è obeso; nel 2002, invece, le persone in sovrappeso rappresentavano solo il 29%.
Il fenomeno dell’obesità ha assunto un valore rilevante nell’agenda di governo, tanto che il presidente Xi ha lanciato nel 2016 il programma Healthy China 2030 per la tutela della salute pubblica. Il piano mira al raggiungimento di diversi obiettivi entro il 2030, come la riduzione degli effetti sulla salute dati dal fumo passivo e obesità, attraverso una campagna per promuovere l’attività fisica e la corretta alimentazione.
MA C’È SPAZIO per le cattive abitudini alimentari anche sui social network. A finire nel mirino della norma è il fenomeno social del mukbang, grazie al quale gli influencer ottengono ingenti guadagni economici solamente per ingurgitare grandi quantità di cibo davanti a una telecamera, mentre interagiscono in diretta con il pubblico. Per la legge, i livestreamer, che promuovono l’uso eccessivo di cibo, ricevono una sanzione di oltre 12mila euro e la sospensione delle operazioni commerciali.
I fan, che si sintonizzavano sui canali mukbag per rilassarsi, dovranno ora trovare un diversivo: andare a mangiare fuori, facendo però attenzione al numero delle portate ordinate.
Sanseverese, classe 1989. Giornalista e videomaker. Si è laureata in Lingua e Cultura orientale (cinese e giapponese) all’Orientale di Napoli e poi si è avvicinata al giornalismo. Attualmente collabora con diverse testate italiane.