“Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica curata in collaborazione tra China Files e Istituto Confucio di Milano. CineSerie è una rassegna ricca di contenuti cinematografici per conoscere i successi della Cina continentale e tenere in allenamento ascolto e lettura. In questo appuntamento parliamo della docu-serie L’origine dei sapori.
Titolo: L’origine dei sapori
Titolo originale: 风味原产地 [Fēngwèi yuán chǎndì]
Regista: Chen Xiaoqing
Stagioni: 3
Puntate: 40
Genere: Documentario / cucina
Piattaforma: Netflix
Niente stelle Michelin e ristoranti famosi, il documentario punta i riflettori sulle persone comuni che ogni giorno rendono grande la cucina cinese portando avanti antiche ricette con una storia millenaria. I veri protagonisti sono gli ingredienti. Dimenticate pollo alle mandorle, involtini primavera e spaghetti di soia saltati: non c’è spazio per le rivisitazioni all’occidentale, solo piatti della cucina cinese tradizionale.
Dopo A Bite of China 舌尖上的中国 [shéjiān shàng de Zhōngguó], che ha raggiunto il successo in patria con 100 milioni di visualizzazioni, Chen Xiaoqing riconferma le sue abilità di documentarista continuando ad utilizzare il cibo come finestra sul mondo della Repubblica Popolare Cinese. L’origine dei sapori è divisa in tre stagioni: 潮汕 Chaoshan, 云南 Yunnan e 甘肃Gansu.
Chen Xiaoqing accompagna il pubblico alla scoperta di paesaggi mozzafiato e piatti da acquolina in bocca. La cucina è un modo per avvicinarsi alla cultura di un paese, conoscerne usi e costumi, scoprirlo e comprenderlo. Un contenuto piacevole e coinvolgente grazie soprattutto alla maestria delle riprese in slow motion e sequenze in primo piano degli ingredienti che invogliano a mettersi ai fornelli (e mangiare). Intrattenimento sì, ma con sfondo educativo: superare molti dei pregiudizi legati alla gastronomia cinese (SPOILER: no, in Cina non si mangia solo riso), rendendo giustizia alla variegata quantità di preparazioni e rivendicando qualità e una vasta gamma di sapori. Chen Xiaoqing mostra allo spettatore la ricchezza e la varietà della cucina cinese, spaziando tra preparazioni regionali e locali. Nel tentativo di ricreare una connessione tra le persone, la loro cultura, la storia e il luogo di appartenenza, tra il cibo e le geografie del territorio, si nota una critica velata alla cultura del “tutto e subito”. In un’epoca in cui tutto è reperibile in ogni stagione, Chen Xiaoqing si sofferma sul food (slow, not fast).
La prima stagione, ambientata a Chaoshan – provincia del Guangdong – è andata in onda il 5 febbraio 2019. Conta un totale di 20 episodi con una durata media di 10 minuti a puntata: brevi ma intense. Nella cucina di Chaoshan – conosciuta a molti come chiu chow, dal cantonese – troviamo carne di manzo, agnello e pollo, ma anche crostacei, frutti di mare, semi e molte erbe per insaporire i piatti prelibati. Famosa soprattutto per l’abitudine a consumare un particolare tipo di porridge ben condito, è stata influenzata dalla cucina del vicino Fujian.
Yunnan, sud-ovest. In questa seconda stagione, come nella terza, ci sono solo dieci episodi. Meno puntate, stessa qualità. La presenza di un maggior numero di minoranze etniche rispetto ad altre regioni cinesi fa sì che la cultura gastronomica del territorio risulti più vasta che in altri luoghi della Cina continentale: diverse tipologie di formaggi come il 乳扇 [rǔshàn], alcuni salumi – il prosciutto di Xuanwei 宣威火腿 [Xuanwei huǒtuǐ]- frutta, svariate varietà di funghi e tè.
Nell’ultima stagione ci troviamo nel Gansu, una regione che da nord – al confine con la Mongolia – si estende verso il centro. Cambia il cibo e cambiano anche i metodi di cottura: verdure fermentate, carne di montone e interiora. Pancakes, patate e gigli: al forno o al vapore. I noodles – di grano o derivati dal glutine – sono il pezzo forte della regione. I 兰州拉面 [Lanzhou lāmiàn] (spaghetti tirati a mano) sono i più famosi e i ristoranti di lāmiàn sono sparsi in tutta la Cina.
Un documentario assolutamente da non perdere. Ci accompagna tra sapori e odori lontani, in una parte della Cina di cui si sente parlare ancora troppo poco. Tradizioni culinarie diverse, quelle tra Italia e Cina, che ritrovano l’armonia in un buon piatto di pasta o nelle conserve di olive in salamoia.
TIPS: non guardatelo a stomaco vuoto!
Per la foto in copertina si ringrazia Sasha Wang di Cina in tavola.
Laurea magistrale in relazioni internazionali e comunicazione interculturale all’università di Enna (Kore). Ha insegnato cinese ai bambini di una scuola dell’infanzia tramite un progetto in collaborazione con l’Istituto Confucio di Enna. Dopo la laurea si è trasferita in Cina, dove ha insegnato italiano ai cinesi, prima a Chongqing in una scuola elementare e poi a Chengdu alla Sichuan Normal University.