“Al di sopra del cielo terso di nubi può estendersi la corte celeste. Il fragore del tuono mi scuote riportandomi alla vita. Nei sogni quieti, c’è sempre una tua traccia. In alto tra le nuvole, nella bruma. Terra d’ombra, è il colore della mia devozione. Sono devoto a ciò che chiamiamo Amore. In un istante cambia fino a perdere forma. Come acqua calda, come cubo di ghiaccio.”
(«Thou», dall’album Sorrow, 2006)
“Sono a pezzi, lascio lo spirito del mio corpo a un sonno tranquillo. Ma la mia condotta si incarna in un demone lussurioso pronto a macchiarti. Come un verme repellente risalgo strisciante i tuoi gemiti. Contorcersi privo di vergogna. Ho oltrepassato i tuoi rami più alti, come un capro espiatorio o un criminale pieno di rimpianti. Terrorizzato, dalla fine all’inizio. Sei un fiore di pruno rosso, un fiore rosso dimenticato dalle nuove generazioni. Io, l’ipocrita, non merito le tue attese per me, il logorio del tuo sguardo puro come pozza d’acqua. ”
(«Red Blossom of Plum and Me», dall’album Sorrow, 2006)
“La libertà di oggi, guardala diventare un cagnolino domestico alla moda. Tenuta al guinzaglio per le strade da un governatore ignorante. E la rabbia di oggi, diventare il pretesto per un massacro. Urlata come insulto da masse innocenti in tutto il loro odio.”
(«Rage and Freedom», dall’album Sorrow, 2006)
Deng Pei, compositore, voce e musicista dei Lonely China Day. Si muove senza eccessivo clamore nella scena musicale cinese, su una strada tutta sua e verso un ideale creativo fatto di personalità e visione. Ha qualcosa da dire, ma senza declamare e urlare. Solo con lo spessore di quel tipo di arte che è suono e voce senza peso, volta all’equilibrio di un percorso estetico-intellettuale. Senza clichè o stereotipi, e per questo unica ed irripetibile.
L’amalgama musicale dei Lonely China Day nasconde un’attitudine a tratti perfezionista, apparentemente cervellotica, ma che nel suo talento sa vestirsi di forme diverse, come traspare dai live della band, quando il colto indie rock registrato in studio si completa nelle immagini video di sfondo, o viene destrutturalizzato in sperimentazioni elettroniche più o meno ardite.
Formatisi nel 1996, con incessanti tournées in patria ed un terzo album in uscita a consacrarne l’approdo a sonorità elettroniche, i Lonely China Day sono solo una delle realtà della musica alternativa cinese, un oceano in grado di benedire e disfare promesse con incredibile facilità. In patria non godono di fama esclusiva e non riempiono stadi come Xie Tianxiao, ma all’estero hanno ottenuto riscontri importanti, con pubblicazioni e tour negli U.S., date in Canada e in Inghilterra, interviste, apprezzamenti e accostamenti musicali tanto illustri (Sigur Ros) quanto fuori luogo.
È una sfida al futuro, da parte di chi si sente in grado di reinterpretare per conto proprio la tradizione con spirito contemporaneo.
Ben pochi artisti potrebbero ritenere con la stessa convinzione di Deng Pei che “musicalmente non c’è nessuna persona che ci può influenzare.” Un’avanguardia, isolata dall’abbondanza di imitazioni effimere e messa ai margini da un mercato musicale alternativo, quello cinese, troppo giovane per essere percepibile ai più: “Un mercato musicale maturo necessita del sostegno di un’industria musicale matura. Quello che oggi manca in Cina è proprio questo tramite. Poi bisogna considerare che oggi in Cina non c’è un pubblico indie. Per creare una scena musicale il semplice apporto dei musicisti è pienamente insufficiente, la quantità di persone che ci ascoltano è una delle componenti che determina il grado di sviluppo della musica alternativa. Inoltre l’assalto che subiamo da internet fa sì che un vero artista musicale indie sia sempre più svalutato. Nei prossimi anni potrai assistere a un nuovo fenomeno: lo sviluppo di un falso mercato musicale indipendente bilanciato da una diminuzione della musica con un’essenza vera, un processo che comunque renderà ancor più preziosi alcuni prodotti.”
Deng Pei canta il coraggio ed il tormento, con una voce che, a seconda dei versi intonati, scandisce rabbia sociale, sofferenza intima e fulgida violenza. Sfrutta con sensibilità cantautoriale le potenzialità che la lingua cinese offre, ricorrendo ad efficaci richiami fonici e giochi di assonanze che creano immagini nuove e “neologismi” sulla base di parole esistenti. Scorrendo i versi di un pezzo qualsiasi dei Lonely China Day è difficile non pensare di trovarsi di fronte a una tecnica e ad ispirazioni poetiche: “In realtà non faccio alcuna distinzione tra testi musicali e poesia, neppure all’interno del processo creativo ho mai pensato se stessi scrivendo testi o liriche. Se guardo un testo separatamente dalla musica naturalmente si tratta di poesia. La letteratura classica cinese presta attenzione alla metrica, alle figure retoriche e alle rime; l’uso della lingua cinese ha i suoi vantaggi, ed io credo nella sua natura diretta e concisa, nella sua chiarezza di significato.”
L’incisiva espressività dei testi si mescola ad una natura musicale composita ed eterogenea, per una struttura sospesa tra forme rock familiari e un’anima fortemente cinese, a volte ostile per chi è culturalmente distante. Il tessuto musicale si dilata nel tempo ed è modificato con suoni campionati, ma non c’è mai un tradimento della melodia, sotto la guida di una voce che si fa strumento dissonante o di note chitarristiche votate ad echi algidi e rarefatti. La ricercatezza di musica e versi emerge in un unicuum fatto di suono e pensiero, senza cause ed effetti: “Se nel processo compositivo la parte melodica avesse la priorità, probabilmente ne deriverebbe un testo troppo rigido; ma anche partendo dalla scrittura delle parole si andrebbe a scapito della musicalità. La mia abitudine è quella di comporre testi e musica come fossero le diverse dimensioni di un corpo unico.”
Quando parla di musica Deng Pei non esita, la musica sembra confondersi con la proiezione della sua stessa anima, la spiega come una realtà da inseguire ed esprimere attraverso le proprie capacità. Racconta di un talento e di propensioni innate, di una vocazione manifestatasi dall’infanzia. E per descrivermi lo stato d’animo che il nome del gruppo vuole evocare si sofferma sulla solitudine: “un continuo approccio alla vita e all’atto creativo”, una condizione riflessiva da cui non si separa mai completamente e che è un momento essenziale della composizione musicale. Ma i Lonely China Day non inseguono un’idea che si esaurisce in sé stessa o nel suo semplice compimento, scrivono e si esibiscono per qualcuno, senza interrogarsi troppo su quello che rappresentano per chi ascolta: “Che il nostro pubblico sia animato da un amore persistente o da una distanza che ci respinge, noi speriamo comunque di esserci per l’esistenza di quelle persone sensibili che ancora sanno essere colpite dalla sofferenza.” La comunicazione va ben al di là del piano emotivo, buona parte dei testi hanno un contenuto sociale e lo stesso Deng Pei non si tirerebbe indietro “se potessi semplicemente influenzare una persona.”
Non si fermano neanche all’estero, dove si sono esibiti proprio in questo mese (Londra) e dove si recano ogni volta che se ne presenta l’opportunità, per “continuare ad apprendere e fare esperienza”. Alla domanda sull’immagine che gli arriva dell’Occidente Deng Pei risponde in modo molto diretto: “Ammiro la libertà e la fede che riempie la gente nell’Occidente sviluppato. L’alto grado di sviluppo fa sì che la gente in Occidente sia meno complessa negli ideali, ma proprio per questa spontaneità gli occidentali sono ancor più propensi a commettere degli errori per sentito dire e questo è un lato che non mi piace. Secondo me, in Cina, non c’è alcuna incomprensione dell’Occidente, quando guardiamo dei film occidentali ci sono forse cose che non capiamo? Le differenze nella comprensione sono solo delle scuse che denotano un diverso accento che l’Occidente e l’Oriente pongono sulla realtà ognuno secondo la propria coscienza, niente di più.”
E quando parla di Cina non lo fa con un criticismo scontato o di superficie, né si lamenta per l’assenza di diritti umani o democrazia. Nelle sue interviste Deng Pei trova sempre modo di esprimere l’amore per il suo paese, ed è proprio questo profondo legame che lo spinge al cupo e allusivo decadentismo di denuncia nei suoi pezzi: “Un mio punto fermo è che attraverso la musica dei Lonely China Day spero di saper trasmettere al nostro pubblico un grande amore per la Cina e anche sfidarla. Conoscere la gloria che questo paese ha sperimentato in passato e riuscire a sfidarlo per l’arretratezza contemporanea.” Quello stesso amore e odio che lui prova nel vivere il proprio paese: “Il posto di Lonely China Day nella Cina contemporanea è quello di chi ama la sua patria perché ne è parte, e la odia semplicemente perché ne è parte.”
ALBUM:
Lù (“Record”, 2002)
Jìmò Xià Rì (“Lonely China Day”, 2005), Ep
Āishāng (“Sorrow”, 2006)
LINKS:
Sito Web (cinese-inglese): http://www.lonelychinaday.com/
Pagina MySpace: http://www.myspace.com/lonelychinaday
Pagina su DouBan (cinese): http://www.douban.com/artist/lonelychinaday/