Altre aziende italiane accusate di fare affari con il Myanmar, nazione del sud-est asiatico sottoposta a sanzioni internazionali, dove in seguito al colpo di Stato di febbraio ora regna una sanguinaria giunta militare. A rivelarlo è un rapporto diffuso ieri dall’Environmental Investigation Agency (Eia), organizzazione di giornalismo ambientale investigativo con sedi a Londra e Washington, frutto di un lavoro sotto copertura andato avanti per ben 18 mesi, a partire dall’inizio del 2020.
IL TITOLO DEL LORO STUDIO lascia poco spazio alle interpretazioni: The Italian Job. How Myanmar timber is trafficked through Italy to the rest of Europe despite Eu laws (Il business italiano. Come il legno del Myanmar viene trafficato dall’Italia nel resto d’Europa nonostante le leggi dell’Ue). Il rapporto «ha individuato in totale 27 aziende che importano dal Myanmar nell’Unione europea prodotti in teak (tectona grandis), nonostante regolamenti chiari» finalizzati a prevenire il commercio di legname illegale in Europa. Il business principale è quello del teak (ma si parla anche di Mogano meranti e Balau giallo), legno molto pregiato, usato e richiesto nell’industria navale e nell’edilizia in quanto idrorepellente (quindi resistente all’acqua, alla salsedine e agli agenti atmosferici), morbido e quindi facile da lavorare nonostante sia robusto.
LA SCARSITÀ DI PIANTAGIONI, sommata alla crescita lenta di questo albero, che cresce naturalmente nell’Asia meridionale e orientale (dall’India sino al Vietnam), ne rendono il prezzo piuttosto elevato. Un buon affare insomma, con le ditte nostrane dalla «lunga storia di scambi con il Myanmar», diventate leader in Europa di questo business. Secondo i dati commerciali analizzati dal gruppo investigativo ambientale, «le importazioni di legname dal Myanmar all’Italia, prima del golpe militare del 1° febbraio 2021 erano in crescita, arrivando negli ultimi anni a dominare il commercio dell’Ue».
IL PROBLEMA è che anche in seguito allo stop imposto da Bruxelles dopo il colpo di Stato, se le autorità di Paesi membri come quelle di Belgio, Paesi Bassi e Germania sono intervenute per far bloccare le importazioni alle proprie società, «alcune aziende italiane continuano a inviare legname dal Myanmar», spiega il rapporto. Soltanto nei primi tre mesi successivi al golpe militare (quindi a marzo, aprile e maggio 2021), i dati commerciali analizzati dall’Eia mostrano importazioni dal Myanmar tra 1,3 e 1,5 milioni di euro da parte delle ditte italiane che, «eludendo la legge», commerciano i materiali in questione.
Queste le aziende del settore citate: Basso Legnami di Rovasenda (VC), Belotti spa (Suisio, BG), Fratelli Budai (Villa Vicentina, UD), Cf Wood (Massarosa, LU), Comilegno (Driolassa, UD), Gth Italia (Pieve di Soligo, TV), International Wood (Vecchiano, PI), Miura Friends (Valdobbiadene, TV), Sangiorgi Legnami (Imola), Timberlux (Trieste), Twb Solutions (Pescia, PT), cui si aggiunge la Kärnsund Wood Link, quest’ultima svedese ma che dai dati commerciali fornirebbe quel legno in Italia. «Nessuna ha confermato – denuncia l’Eia – che smetterà di importare teak dopo il colpo di Stato in Myanmar e le sanzioni imposte». Tanto che l’Environmental Investigation Agency chiede ora alle due autorità italiane deputate al rispetto delle normative (Ministero delle politiche a agricole, alimentari e forestali e Comando forestale dei carabinieri), già contattate dall’Eia stessa, di intervenire e prendere rapidamente provvedimenti.
L’obiettivo è «prevenire il flusso di fondi a sostegno del colpo di Stato», così da «sostenere il popolo birmano che lotta contro la giunta militare al potere». Su questa nuova imbarazzante vicenda la deputata del Pd, Lia Quartapelle, della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei Deputati, ha annunciato di aver preparato un’interrogazione parlamentare per chiederne immediatamente conto al governo.
Di Alessandro De Pascale
[Pubblicato su il manifesto]