Il censimento a cui noi pechinesi d’adozione abbiamo partecipato lo scorso inverno con il resto della Cina urbana e rurale è stato finalmente reso pubblico: la Cina ha 1,339 miliardi di persone.
La popolazione cinese è cresciuta dall’ultimo censimento nel 2000,che contava 1.265 miliardi. In percentuale, l’aumento annuale è stato dello 0.57% dal 2000 al 2010, che significa un declino dello 1.07% rispetto alla decade precedente. In altre parole, la Cina sta invecchiando.
E con un tasso di crescita che cala precipitosamente, nuove critiche sono emerse nei confronti del rifiuto da parte del governo di abbandonare la politica del figlio unico. Quando nel 1980 il governo cinese lanciò il più vasto esperimento demografico al mondo, i politici di Pechino sostennero che ci sarebbero voluti 30 anni per frenare l’esplosiva crescita della popolazione una volta incoraggiata da Mao. La stima si è dimostrata corretta: la Cina ha smesso di crescere o, perlomeno, ha messo un bel freno all’aumento della propria popolazione.
Cosa si prospetta ora però, è una preoccupante crepa demografica. Dal censo condotto nel corso del 2010 è emerso che il 13.3% della popolazione è ora al di sopra dei 60 anni, un 3% in più rispetto al 10.3% nel 2000. E in quanto a futura forza lavorativa, i giovani sotto i 14 anni ora arrivano a coprire solo il 16.6% del popolo cinese. Dieci anni fa, la percentuale era del 23%. Eppure questa settimana i leader di Pechino hanno rinnovato il voto per la pianificazione famigliare che prevede un solo figlio per coppia. Questo nonostante i risultati del censo e una campagna che ormai dura da dieci anni, condotta da accademici e alcuni ex ufficiali del governo secondo cui la politica famigliare è basata su pure assunzioni scientifiche e nascosti interessi burocratici.
La politica del figlio unico è gestita dalla Commissione per la Pianificazione Famigliare, che impiega mezzo milione di staff full-time e sei milioni di lavoratori part-time. Ogni anno, l’organismo governativo raccoglie milioni di dollari in sanzioni da persone che violano la regola del figlio unico. A Pechino, il governo sostiene con orgoglio che la misura abbia già prevenuto 400 milioni di nascite, abbassando il livello di povertà nel paese e limitando le emissioni di carbonio.
Nel caso in cui una coppia abbia più di un figlio, spesso, ma non sempre, la sanzione da pagare è pesante, spesso pari a diversi mesi di stipendio. Se la coppia lavora per lo stato, è il lavoro che si perde. La misura ha spesso portato ad alcuni aborti forzati e a sterilizzazioni. Esistono anche alcune sottogliezze cui le famiglie possono ricorrere: le coppie composte da figli unici, ad esempio, possono avere più di un figlio. Secondo alcuni membri della Commissione, l’agenzia governativa sta considerando una serie di test pilota per rilassare la pianificazione famigliare. Ma il gruppo d’ opposizione che preme per un cambiamento più radicale sostiene che le misure considerate siano troppo limitate, e soprattutto troppo in ritardo per rispondere in modo effettivo ad un declino demografico destinato a ridisegnare in modo cruciale la società e l’economia cinese.
Mentre il popolo dell’era di Mao invecchia e gran parte di coloro che parteciparono alla Rivoluzione Culturale vanno in pensione, sarà infatti la società ad essere chiamata a coprire il costo del loro pensionamento. Allo stesso tempo. con il calo della forza lavoro cinese previsto a partire dal 2016, l’enorme riserva di mano d’opera a basso costo che ha sostenuto la crescita del gigante d’oriente negli ultimi trent’anni è destinata ad esaurirsi. Il numero di lavoratori tra i 20 e i 24 anni è già diminuito notevolmente dal 2000, sia per il rallentato numero di nascite negli ultimi vent’anni sia perché molti giovani optano per un’educazione superiore.
Ad aggiungersi alla preoccupante situazione demografica c’è poi il fatto che la tradizionale preferenza della Cina per i maschi ha creato una nazione che ha una predominanza maschile di 120 uomini per 100 donne. Entro il 2020, la Cina potrebbe essere un paese con almeno 24 milioni di uomini single. Il che renderebbe la prospettiva di creare una famiglia, o anche solo di sposarsi più bassa. Una soluzione, secondo il gruppo di pressione, sarebbe quella di passare ad una politica di due figli per famiglia, e di offrire incentivi per avere un secondo figlio. Il governo di Pechino continua però a dire di no, soprattutto in attesa del cambiamento della leadership del Partito Comunista il prossimo anno.
La figura responsabile delle questioni demografiche è infatti il vice premier Li Keqiang, tra i primi candidati alla posizione di premier. In un incontro lo scorso martedì, il presidente Hu Jintao ha dichiarato l’intenzione di continuare la politica del figlio unico, aggiungendo che la Commissione sta però lavorando ad alcuni cambiamenti ed esenzioni. Diversi gruppi etnici, coppie contadine il cui primo figlio è una femmina, e coppie in cui entrambi i genitori sono figli unici, sono già esclusi dalla regola di un solo figlio. L’organo di governo sta ora considerando dei nuovi schemi in cinque o sei province che permetteranno a coppie in cui uno dei due futuri genitori è figlio unico di avere un secondo figlio. Che tale programma sia effettivamente sull’agenda del partito resta però da vedere. Diversi critici ritengono che una politica nazionale di due figli per famiglia non accadrà prima del 2015.
Nel frattempo, la Commissione cerca di arenare voci di dissenso. Lo scorso Marzo, a due professori della Tsinghua University che avevano firmato una petizione contro la misura governativa è stata vietata l’apparizione in un programma televisivo a cui erano stati chiamati per un intervista sulla misura governativa. Ji Baocheng, presidente della Renmin University e membro del NPC, sostiene che la questione è estremamente sensibile dal punto di vista politico. Il problema, sostiene Ji, è che c’è una differenza di base tra la prospettiva degli esperti e quella del governo.
L’opinione di Pechino è fondamentalmente basata sulla teoria creata nel 1798 da Thomas Malthus, secondo cui la Cina non ha sufficienti risorse naturali per supportare la propria popolazione Il gruppo d’opposizione, costituito da demografi, economisti ed ex membri della Commissione per la Pianificazione Famigliare sostiene invece che il tasso di fertilità in Cina fosse già in declino prima che la politica del figlio unico fosse adottata nel 1980, così come è accaduto in altri paesi in via di sviluppo tra il 1970 e il 1990, dove però non è stata implementata alcuna legge che vieti più di un figlio per famiglia.
Gli anti-pianificazione famigliare forzata hanno cercato, negli ultimi anni, di dimostrare che la politica di Pechino è inutile. Gli attivisti hanno convinto alcuni ufficiali governativi a partecipare a due seminari internazionali sulla demografia nelle Hawaii e a Pechino. Nel 2004, il gruppo riuscì a presentare una petizione al governo che si dice abbia raggiunto i vertici del partito. Ma la burocrazia che circonda la pianificazione famigliare è troppo ramificata perché diventi superflua. E come se a Pechino siano terrorizzati che, una volta eliminato il divieto, la popolazione cinese procederà a concepire milioni di bebè.
La Commissione declina qualsiasi intervista al riguardo, e in genere denuncia chiunque si opponga apertamente alla teoria. Esponenti governativi credono che il dividendo demografico della Cina durerà almeno altri 15 anni, e che la forza lavoro del paese continuerà ad ammontare ad un miliardo di persone tra il 2016 e il 2026. In poche parole, Pechino pensa che ci siano troppe persone in Cina. I risultati del censo potrebbero segnare un punto a favore degli attivisti, ostracizzati più di prima dalla commissione dopo la pubblicazione dei risultati, dal momento che dimostra che un calo del livello di fertilità in Cina c’è stato, e continua ad esserci.
A questo ritmo, molti demografi sostengono che la popolazione cinese non raggiungerà 1.4 miliardi di persone nel 2026, cosa invece prevista da politici e burocrati. Che le cifre ottenute siano sufficienti a cambiare l’opinione del governo è pero un’altra questione.
[Foto China-Files]