La scure di Xi Jinping non esita a fermarsi. Espulso dal partito comunista e incriminato Ling Jihua, braccio destro dell’ex presidente Hu Jintao. L’ex funzionario è agli arresti e sarà processato a breve. E intanto per celebrare il partito comunista e preparare il prossimo incontro del comitato centrale a Beidahe, annuale appuntamento del Pcc, Xi Jinping ha parlato ai funzionari regionali.
Le accuse nei confronti di quello che potrebbe essere paragonato al capo dello staff presidenziale negli Stati uniti, sono di corruzione e abuso di potere. Restano ancora poche chiare le eventuali motivazioni del suo accantonamento, perché rispetto a Bo Xilai e Zhou Yongkang, ex membri del Comitato centrale (Zhou anche dell’ufficio centrale del Politburo) non c’è stato alcun segnale che abbia indicato nel tempo una opposizione di Ling a Xi Jinping.
In secondo luogo l’ex braccio destro di Hu Jintao, come il suo «capo», proveniva dalla Lega dei Giovani Comunisti che non pare aver mai preso posizioni incoerenti rispetto alla guida del paese. Di sicuro Xi Jinping non guarda in faccia nessuno: né all’interno del partito, né all’esterno, come dimostra il recente caso delle retate di avvocati. I media cinesi hanno ricordato che Ling divenne noto in Cina nel 2012, quando suo figlio si schiantò con una Ferrari a Pechino con due donne nude a bordo. Ling è stato accusato di aver tentato di coprire lo scandalo.
L’ex funzionario «sembrava destinato ad un posto nel Politburo del partito alla fine del 2012, ma invece è stato rimosso dalla direzione superiore e nominato capo del Fronte Unito del Dipartimento Lavoro». L’agenzia di stampa Xinhua ha riportato che l’indagine interna avrebbe riscontrato i reati di corruzione e abuso della sua posizione per «per cercare benefici per se stesso e altri familiari». Ling avrebbe permesso alla sua famiglia «di trarre un vantaggio economico dalla sua influenza politica: la moglie di Ling, Gu Liping, avrebbe ricevuto tangenti e le sue attività commerciali avrebbero beneficiato dallo status del marito».
Durante il «regno» di Xi Jinping la Cina sembra essere tornata agli anni post Tian’anmen, superando addirittura la paranoia securitaria dei suoi predecessori dopo la cosiddetta «rivoluzione mancata dei gelsomini», quando gli arresti e il controllo sociale si fece più intenso.
Xi Jinping, colpendo sia tra i quadri del Partito, sia nella società civile ha praticamente spento quel ribollire sociale che era cresciuto insieme all’uso delle nuove tecnologie, finendo per spegnere ogni tentativo di opposizione anche solo simbolica, in Cina.
Nel frattempo Xi Jinping prosegue nello scolpire il proprio potere. Lo scorso primo luglio, in occasione delle celebrazioni per la nascita del Partito comunista cinese, il presidente ha incontrato 102 «eminenti segretari di partito regionali» da tutta la Cina, selezionati tra 2.800 dei loro coetanei per ricevere un encomio a Pechino.
«Sono passati 20 anni – ha scritto il Wall Street Jorunal – da quando il Partito ha onorato gli ultimi segretari regionali di partito. La rinnovata attenzione alla performance del leader regionali mostra che Xi fa affidamento sui funzionari locali affinché svolgano un ruolo centrale nell’attuazione del suo programma. La realizzazione delle visioni e degli obiettivi della sua amministrazione dipendono dall’impegno di questi quadri».
Xi ha chiesto ai quadri in posizioni di rilievo – che ha definito «la minoranza chiave» – «di salire a bordo e impegnarsi, al fine di realizzare una serie di attività, dalla promozione dello Stato di diritto al rafforzamento della difesa nazionale e delle forze armate». Come ha osservato lo stesso presidente Xi, «la minoranza chiave» si è rapidamente trasformata, da una una frase detta a caldo, in sinonimo di «quadri dirigenti». La propaganda è importante e avere il Partito – compresa la base dei dirigenti – dalla propria parte sembra essere una priorità nella strategia del nuovo zar cinese.
[Scritto per East]