Diciotto generali dell’Esercito di liberazione hanno giurato fedeltà al loro comandante in capo, Xi Jinping. Un gesto raro, che molti analisti hanno interpretato come un gesto di forza da parte del presidente. In poco più di un anno Xi e è sembrato impegnato soprattutto ad assicurarsi l’obbedienza degli apparati militari e, cosa ancora più significativa, è riuscito a coinvolgerli nelle più importanti campagne politiche: il sogno cinese, la linea di massa e la lotta alla corruzione.
I generali hanno promesso di studiare sodo e di mettere in atto i pensieri del presidente sulla difesa e la strategia militare. Sono intervenuti il Comandante in capo dell’aviazione Ma Xiaotian, i comandanti delle sette regioni militari della Cina e della polizia paramilitare, i vice comandanti della marina e la seconda forza di artiglieria, i presidenti delle tre principali accademie militari e altri alti ufficiali dei quattro reparti del Epl. Il Quotidiano dell’Epl ha dedicato due pagine intere ai discorsi. Una copertura rara per questo tipo di eventi.
Come presidente della Commissione militare centrale, Xi Jinping è anche il comandante più alto dell’Elp. A differenza del suo predecessore Hu Jintao ha consolidato subito il suo potere nell’esercito promuovendo decine di generali. E la settimana scorsa ha lanciato la campagna anti corruzione anche tra le alte sfere dell’esercito.
Zhang Lifan, un commentatore di affari politici di Pechino, ha dichiarato al quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, che le ultime promesse di lealtà potrebbero salvaguardare le carriere dei generali. Questa settimana, l’ex vice capo della logistica dell’Epl Gu Junshan è stato accusato di corruzione e il suo ex capo e alleato, l’ex vice presidente Commissione Militare Centrale (CMC), Xu Caihou, è stato arrestato. "Tutto ciò riflette un certo tipo di atmosfera nervosa nell’ambiente militare”.
Quando Hu Jintao divenne presidente, Jiang Zemin – che lo aveva preceduto nella stessa carica – continuò a controllare la Commissione militare centrale ancora per due anni. Così, quando finalmente nel Hu Jintao gli succedette anche nel controllo della Cmc, il suo potere rimase confinato dall’ascendente che ancora esercitava il vecchio Jiang e da tutti gli uomini che il suo predecessore era riuscito a infilare nei posti chiave.
Questo è esattamente quello che Xi vuole evitare. In poco più di un anno il nuovo presidente è sembrato impegnato soprattutto ad assicurarsi l’obbedienza degli apparati militari e, cosa ancora più significativa, è riuscito a coinvolgerli nelle più importanti campagne politiche: il sogno cinese, la linea di massa e la lotta alla corruzione.
“Il potere politico nasce dalla canna di un fucile” è una delle massime più famose del Libretto rosso, bignami del pensiero del “grande timoniere”. Anche Deng Xiaoping riconosceva all’Esercito un ruolo fondamentale. Consigliò a chi era chiamato a sostituirlo di passare quattro dei cinque giorni lavorativi di ogni settimana con gli alti ufficiali dell’Esercito di liberazione.
La dicotomia tra Stato ed Esercito che caratterizza la Repubblica popolare è il risultato della pressione/soggezione che i vertici politici del politburo subiscono di fronte alle forze armate. Esiste infatti un legame intrinseco tra le vittorie dell’Esercito di liberazione e quelle del Partito comunista cinese.
È stato l’Esercito a consegnare il potere nelle mani del Partito quando nel 1949 sconfisse i nazionalisti e sempre l’Esercito ha “salvato” il Pcc dal potenziale pericolo portato delle proteste di Tian’anmen nel 1989. Qualsiasi presidente della Repubblica popolare cinese ha l’obbligo e la necessità di cementare i suoi legami con i generali, e questo il nuovo presidente Xi Jinping ha cominciato a farlo sin da subito.
Non era neanche passato un mese dalla sua nomina a presidente della seconda economia mondiale che Xi Jinping ha compiuto il suo primo viaggio ufficiale nel Guangdong (novembre 2012). Su un totale di cinque giorni trascorsi nella regione della Cina meridionale, il neo-designato presidente ha passato tre giorni nella base militare di Guangzhou. E la stampa cinese ha subito titolato entusiasta: “un paese ricco e un esercito forte”. Deng sarebbe stato fiero di lui.
[Scritto per Lettera43; foto credits: www.scmp.com]