“Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica curata in collaborazione tra China Files e Istituto Confucio di Milano. Qinglang è il nome di una campagna di rettifica indirizzata contro il cyberbullismo e le altre pratiche aggressive tipiche della fan culture cinese. L’obiettivo? Proteggere “la salute fisica e mentale dei minori” e salvaguardare la “prosperità comune”.
Decine di celebrità a scuola di formazione morale. È quanto successo ad agosto nelle due giornate di “sessione di formazione etica” organizzate dalla China’s National Radio and Television Administration (NRTA) nel pieno dello scandalo che ha coinvolto il cantante sino-canadese Kris Wu, finito agli arresti dopo diverse accuse di stupro. Pechino sta tentando di allineare lo star system all’obiettivo di “prosperità comune”, uno sforzo che prevede anche e soprattutto di restringere il raggio di azione dei fan club, fanquan 饭圈, contrastando le pratiche che influenzano negativamente la “salute fisica e mentale dei minori”. La maggior parte dei milioni di utenti che partecipano attivamente nelle comunità virtuali, infatti, sono giovanissimi, e per lo più donne. E non sempre innocui.
Nelle ore successive al suo arresto, i fan di Kris Wu non si sono limitati a difendere a spada tratta la star, ma hanno riversato sui social una miriade di commenti che si macchiavano di victim blaming, fino a progettare piani di evasione e a dichiararsi disposti a scontare la galera al posto della star. La Cyberspace Administration of China (CAC), il cane da guardia di internet di Pechino, non è rimasta a guardare: nel giro di pochi giorni ha notificato la cancellazione di oltre 150mila post, la chiusura di 4mila account e circa 1.300 gruppi, e la rimozione di 39 app legate a celebrità. A fine agosto, sono state poi emesse nuove linee guida che vietano le classifiche di idol sulla base del grado di popolarità stilate dalle piattaforme digitali, consentendo solo quelle dedicate a prodotti culturali come musica, film e programmi tv. Poi, un’altra presa di posizione a inizio settembre, con la messa al bando definitiva delle cosiddette “idol competition” – gare tra celebrità per conquistare i voti degli utenti – da qualsiasi piattaforma televisiva e di streaming del paese.
Oltre a limitare la diffusa ostentazione sui profili social di ricchezza e stili di vita stravaganti da parte dei fan, il governo mira a contrastare tutta una serie di atteggiamenti “malsani” e “devianti” dei fan club, che solo fino allo scorso anno erano descritti dai media ufficiali come veicoli di “energia positiva”. Contro l’imperante cyberbullismo o doxxing, che comporta la ricerca e la condivisione di informazioni private con intento malevolo su un particolare utente, Pechino aveva già lanciato a giugno la campagna qinglang 清朗, “Clear and Bright”, dichiarando l’intenzione di “sollecitare le piattaforme a adempiere alle loro responsabilità e regolamentare il comportamento dei membri dei fan club”.
Con l’industria degli idol che secondo le stime raggiungerà un valore di oltre i 140 miliardi di yuan nel 2022, e con le “idol competition” che occupano una grande fetta dell’industria dell’intrattenimento cinese, la competizione tra comunità di fan è sempre più “caotica” e aggressiva. La goccia – di latte – che ha fatto traboccare il vaso è quanto accaduto nel popolarissimo talent show in onda sulla piattaforma streaming iQiyi Youth With You 青春有你, che aveva incoraggiato gli spettatori a scansionare il QR code presente nei tappi delle bottiglie di latte della Mengniu Dairy, sponsor ufficiale, per supportare le loro star preferite. In poche ore il web era stato sommerso da video di fan che acquistavano enormi quantità di prodotto e buttavano il contenuto negli scarichi – gettando nelle fogne il latte di più di 270mila bottiglie, secondo alcune stime. Xinhua aveva condannato il talent per aver trascurato le proprie “responsabilità sociali”, in barba alla legge contro lo spreco alimentare approvata il mese precedente, e le autorità si erano affrettate a sospendere il programma e dichiarare di non avere più intenzione di far trasmettere show di questo genere.
Per supportare i loro idol, i fan partecipano a raccolte fondi, consumano prodotti pubblicizzati e interagiscono nel processo produttivo, tramutandosi in un’entità ibrida che Kim Rando, professore della Soeul National University, ha rinominato “fansumer” – da fan + consumer. Un ruolo sempre più “attivo” non sempre benefico per le celebrità, e di sicuro non per Pechino, vista l’enorme capacità delle comunità di influenzare l’opinione pubblica e di condizionare il mercato.
Quando non si tratta di boicottaggi da parte delle comunità virtuali, è Pechino a colpire le celebrità sulla base di presunte cattive condotte finanziarie e azioni politicamente sensibili. Lo raccontano i casi di Zheng Shuang, attrice multata ad agosto per 300 milioni di yuan con l’accusa di evasione fiscale, o di Zhang Zhehan. Sui social è tornata a circolare una foto del 2018 postata dall’attore di fronte al santuario Yasukuni in Giappone, al centro di controversie perché commemora, tra i caduti per la patria, anche alcuni considerati da Pechino criminali di guerra, attirando l’ira dei netizen cinesi. Dopo che i media cinesi lo avevano condannato per aver “ignorato la storia e la sofferenza perpetrata alla nazione”, molti brand hanno stracciato i contratti di collaborazione con la celebrità.
Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.