Condannato per corruzione l’ex boss delle ferrovie

In by Gabriele Battaglia

Corruzione e limiti di un modello, quello dell’innovazione domestica. Queste le cause di uno degli incidenti ferroviari più tragici degli ultimi anni, quello di Wenzhou. Questi sono anche i macigni che pesano sulla figura di Liu Zhijun, ex ministro espulso dal partito, condannato oggi all’ergastolo. L’ex ministro delle Ferrovie cinese, Liu Zhijun, è stato condannato alla “pena di morte sospesa” per le sue responsabilità in un enorme scandalo relativo a un giro di tangenti emerso durante il suo mandato.

Lo comunica l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, secondo cui Liu, 60 anni, è stato condannato per corruzione e abuso di potere dalla Corte Intermedia del Popolo numero due di Pechino. Secondo la legge cinese, le condanne a morte sospese sono normalmente commutate in ergastolo.

Lo scandalo in cui Liu è coinvolto riguarda un giro di mazzette di circa 800 milioni di yuan (oltre 100 milioni di euro). L’ex ministro, rimasto in carica dal 2003 al 2011, ha confessato di aver preso tangenti mentre assegnava i contratti alle imprese coinvolte nel gigantesco progetto di espansione del sistema ferroviario ad alta velocità che coinvolge tutta la Cina.

Secondo l’accusa, avrebbe favorito 11 soggetti nell’ottenimento di contratti, avendone in cambio 64,6 milioni di yuan in tangenti, tra il 1986 e il 2011. Secondo quanto riporta Xinhua, l’accusa l’avrebbe additato come responsabile di “enormi perdite di beni pubblici e per gli interessi dello Stato e del popolo”.

Secondo la legge cinese la pena di morte può essere comminata per aver accettato tangenti superiori ai 100.000 yuan. La “sospensione” significa di fatto l’ergastolo: pur riaffermando il massimo della pena in una sorta di sanzione anche morale, si concede al condannato una “seconda possibilità” e si trasmette un’immagine di clemenza. È una pratica in vigore fin dai tempi di Mao Zedong. Il più noto caso recente di pena di morte sospesa è stato quello di Gu Kailai, la moglie dell’ex leader di Chongqing, Bo Xilai, condannata lo scorso settembre per l’omicidio del cittadino britannico Neil Heywood.

Il sistema ferroviario della Cina è costato centinaia di miliardi di dollari ed è stato il fiore all’occhiello del Dragone, che non solo vanta ora più lunga rete ad alta velocità del mondo, ma esporta le proprie tecnologie in giro per il mondo. Tuttavia il giocattolo ha rischiato di rompersi nell’estate del 2011, quando lo scontro tra due treni ad alta velocità presso la città di Wenzhou ha provocato la morte di circa 40 persone e un fiume di critiche nei confronti delle autorità.

A quel punto è scattata la caccia al responsabile, secondo un tipico istinto riflesso del potere cinese in base al quale, se qualcosa va storto, la colpa non è del sistema, bensì di qualche “corrotto”: da qui anche le condanne pesanti ed estremamente simboliche che, come nel caso di Liu, vengono generalmente comminate.

In realtà, dietro al disastroso incidente di Wenzhou ci furono soprattutto i limiti di un modello, la cosiddetta “innovazione domestica”. Questa consiste nell’adattare al contesto cinese tecnologie ideate da altri, per poi riesportarle incorporate in prodotti finiti nei Paesi che non possono permettersi gli “originali” occidentali o giapponesi, facendo leva sui vantaggi competitivi dell’economia di scala cinese.

È questo proprio il caso dell’alta velocità. La Cina utilizza tecnologia d’importazione e poi esporta, ad esempio in America Latina, il pacchetto completo – binari, treni, infrastrutture, forza lavoro a basso costo – secondo la strategia “win-win” – cioè, “ci guadagniamo tutti” – tanto cara alla retorica di Pechino.

Tuttavia il disastro di Wenzhou mise a nudo i limiti di una Cina che corre troppo – alla lettera, nel caso dei treni – e che non sempre è sostenuta da un adeguato livello tecnologico. In quel caso, un fulmine fece saltare tutto il sistema di sicurezza della linea ferroviaria, che era stato “copiato” male dall’originale giapponese. Ecco quindi la caccia al responsabile, senza voler per questo negare le responsabilità di Liu Zhijun.

Il ministero delle Ferrovie è stato scorporato all’inizio di quest’anno, con le sue funzioni amministrative assegnate al ministero dei Trasporti e la parte commerciale trasferita a una società di nuova costituzione, la China Railway Corporation. Liu è stato invece espulso dal Partito comunista nel novembre dello scorso anno.

La condanna dell’ex ministro si inserisce anche nel più generale giro di vite iniziato dai nuovi leader, il presidente Xi Jinping e il premier Li Keqiang, che hanno identificato nella diffusa corruzione dei funzionari il più grande pericolo per il potere del Partito comunista, a rischio di implosione interna. Da qui la grande enfasi data, anche dai media, a condanne altamente simboliche.

[Scritto per Lettera43; foto credits: theepochtimes.com]