Consulente per la scrittura del noto film Snowpiercer (2013) di Bong Joon-ho, poi vincitore del premio Oscar con Parasite, Kim ha ricevuto per tre volte il premio per la letteratura di fantascienza sudcoreana. La recensione di Lorenzo Lamperti della sua raccolta pubblicata da add editore
Noi siamo i suoi discendenti, o i suoi schiavi? Siamo il suo capolavoro, o il suo fallimento? Il nostro fato dipende della volontà di Dio, oppure dalle nostre scelte? La nostra vita è il frutto del disegno di Dio, oppure del nostro libero arbitrio? Dio è vivo, oppure è morto? Dove va l’anima che risiede nei nostri circuiti quando smettiamo di funzionare? Esiste davvero un paradiso creato apposta per noi? Tutti gli innumerevoli robot deceduti nei secoli sono ritornati in vita in un altro mondo? Abbiamo davvero un’anima? Quando ascenderemo al cielo, alla fine di questa vita dolorosa, Dio accoglierà a braccia aperte le nostre povere anime? Dio ci osserva? Queste domande sono state programmate?
Sono solo alcune delle domande che si addensano in L’origine delle specie di Kim Bo-Young, da poco pubblicato da add editore con una splendida illustrazione di copertina di Lucrezia Viperina. Kim è una delle autrici di fantascienza più importanti della Corea. È la prima autrice coreana di fantascienza ad essere pubblicata da HarperCollins e ha da poco visitato l’Italia in occasione del Lucca Comics. Consulente per la scrittura del noto film Snowpiercer (2013) di Bong Joon-ho, poi vincitore del premio Oscar con Parasite, Kim ha ricevuto per tre volte il premio per la letteratura di fantascienza sudcoreana ed è stata selezionata per il National Book Award nel 2021.
La sua esperienza cinematografica traspare in molti snodi (o circuiti integrati) della sua raccolta. Il racconto che dà il titolo al volume, L’origine delle specie, è un concentrato di filosofia distopica che fa venire in mente un po’ Philip K. Dick e un po’ la fiorente tradizione Sci-Fi made in Asia. Ma c’è anche qualche traccia de Il pianeta delle scimmie, “mondo altro” che in realtà è “mondo nostro” senza di noi, esseri umani. Nel primo caso ridotti a schiavi delle scimmie dopo una non precisata catastrofe che ha inabissato la statua della libertà sulla spiaggia scoperta a Charlton Heston, in questo caso invece esperimenti di biologia organica a metà strada tra dei e creature maledette. Da adorare, o forse da distruggere. Eliminandone qualsiasi traccia, per evitare di cambiare gli equilibri di un mondo forse non ancora pronto ad accoglierli.
O riaccoglierli, visto che anche qui un disastro climatico ha causato l’estinzione. A essere creati a immagine e somiglianza di Dio sono i robot. “Tuttavia, non ci sono testimonianze che dimostrino quale dei numerosi modelli esistenti sia quello più somigliante a Dio, anche se gli artisti lo raffigurano da sempre come un modello 700, conosciuto per essere il più stabile tra tutti“. Il Dio è la Fabbrica, che dà vita a tutti i robot. Arrivare da lì è una precondizione per essere considerati vivi. I modelli meno avanzati sono in grado di mostrare solo quattro emozioni principali – felicità, rabbia, tristezza e piacere –, quelli più avanzati sono invece in grado di esprimere una gamma di emozioni infinita.
Con una riflessione esistenziale profonda e mai scontata, i robot di Kim si chiedono chi sono, da dove vengono, chi li ha creati. Per loro avere libero arbitrio significa essere dotati di movimenti azionati dall’interno. Essere vivi significa possedere chip. E per restarci, vivi, bisogna evitare il contatto con sostanze “velenose” come ossigeno e acqua. La grande paura è a formazione di un buco nella “nuvola nera”, il prezioso strato protettivo che avvolge la Terra. Alimentata da polveri, ceneri e anidride carbonica emesse benevolmente dalle fabbriche fonti di vita.
“Le nuvole erano bianche, anziché nere. Era tutto così luminoso che facevo fatica a tenere gli occhi aperti. Nel cielo c’era un oggetto che emanava una luce così accecante da impedirmi di guardarlo direttamente. Kay, non ho la più pallida idea di cosa fosse… La sua luce inondava il mondo“, racconta uno dei protagonisti di Kim, che non ha mai conosciuto il sole. Un’era glaciale in cui la ricreazione in laboratorio di vita organica comporta un sentimento perturbante. Crescere nuovi esseri umani in provetta significa riportare in vita “mostri mitologici“. Senza la certezza di poterla considerare davvero vita: “La vita deve possedere il libero arbitrio, sfruttare l’energia elettrica, avere dei chip ed essere prodotta dalla fabbrica. Quale di questi requisiti soddisfa la tua materia organica?”
Di domande sono pieni anche gli altri racconti della raccolta. Il fulcro della ricerca interiore di Kim è l’identità, la definizione del sé, la propria collocazione nel mondo, i confini (reali o virtuali) del mondo in cui si ritrova a vivere. O in cui ci si ritrova a pensare di stare vivendo. “Vivo rinchiusa in un’enorme vasca che fa gonfiare i miei polmoni e battere il mio cuore, con tubi connessi al mio apparato digerente che pompano i nutrienti e fanno defluire i miei escrementi. Ha detto di aver creato questo mondo per me, che sono costretta a vivere in un’eterna oscurità e solitudine; e che mi ha creata conferendomi l’aspetto migliore che potesse mai donarmi”, dice la protagonista di Scripter. “Sono perfettamente consapevole della possibilità che tutto ciò possa essere vero, ma non riesco proprio ad accettare che questo mondo sia una bugia, un sogno, un’illusione“.
Anche i confini tra causa ed effetto sono labili, come in Tra zero e uno: “So che esisto come conseguenza della macchina del tempo, non come causa. So che sono un essere umano nato dallo scuotersi del passato. E allora verrebbe da chiedersi come potrebbe una conseguenza produrre la sua causa, ma tu potrai comprenderlo… Il futuro esiste solo come una probabilità e io ho reso questa probabilità il mio futuro. Tuttavia, non posso essere più sicura neanche di questo. Ho già dimenticato qual era la mia motivazione iniziale. Causa ed effetto si sono intrecciati. Forse sono io la ragione della tua morte“.
“Gli uomini che hanno avuto pochi contatti con il genere femminile credono che qualsiasi cosa faccia una donna, la fa in quanto donna”, si legge nel breve incipit Riflessione sui seni. I personaggi di Kim, forse lei stessa, si battono per rifuggire un’etichetta assegnatagli dall’esterno. Cercare il significato della propria interiorità per lasciar emergere la sfera individuale, speciale, non catalogata. “Non ho scelto in maniera intenzionale di dotarmi di un paio di mammelle. Allo stesso modo, scrivere prevalentemente opere di fantascienza non è stata una decisione deliberata. Le mie storie sono venute alla luce in modo naturale. Sono stati i lettori, in seguito, a classificarle come fantascientifiche“. Delimitando quei confini, così difficili da tracciare. All’interno di quei tratti così certi, si spalanca l’immensità della ricerca. In cui, forse, non tutte le domande sono programmate.
Di Lorenzo Lamperti
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.