Fantascienza made in China: “Il sole cinese” è l’ultima antologia di fantascienza cinese targata Future Fiction. Le voci più importanti della fantascienza cinese contemporanea intrecciano passato, presente e futuro, dando vita ad ipotetici scenari altamente plausibili. Racconti eterogenei che mettono al centro l’innovazione tecnologica e il rapporto uomo-macchina. La recensione di Letture Asiatiche, la rubrica sulla letteratura in Cina e in Asia a cura di Linda Zuccolotto
“Il sole cinese” è il titolo della quinta antologia di fantascienza cinese pubblicata da Future Fiction, un volume che raccoglie ben 17 racconti, di cui 8 inediti. Francesco Verso, editor della casa editrice che da otto anni porta la fantascienza da tutto il mondo in Italia, non ha esitato a descriverla come “l’antologia definitiva” della fantascienza cinese. Questo perché immergendosi nella lettura del volume si possono scoprire gli autori più importanti della fantascienza cinese, i cosiddetti “tre generali” ovvero Liu Cixin, Han Song e Wang Jinkang, ma anche tanti altri autori e autrici della generazione successiva che stanno portando il genere a godere di un nuovo periodo di fervore. Tra questi alcuni sono oramai noti a livello internazionale, come Chen Qiufan, Jiang Bo, Bao Shu, Xia Jia, Regina Kanyu Wang, altri invece potrebbero suonare nuovi al lettore italiano, ma si stanno affermando in vari paesi grazie alla traduzione delle loro opere.
Scrittori e scrittrici di fantascienza cinesi intrecciano passato, presente e futuro, immaginano ipotetici scenari non sempre collocati in uno spazio e tempo definiti ma altamente plausibili, dando voce ai timori e alle ansie comuni sulle possibili conseguenze delle tendenze di sviluppo attuali.
Dove porterà l’avidità e la smania di ricchezza e potere? “Il gigante reincarnato” di Wang Jinkang è l’uomo più ricco della nazione G, un uomo spietato e senza vergogna (come dice il suo stesso nome, in cinese 今贝无彦) che possiede da solo un sesto del territorio del Paese. Ormai settantaduenne, Imakai Mugen decide di far trapiantare il proprio cervello nel corpo di un bambino anencefalo per poter prolungare la sua fortunata esistenza. Il suo inesauribile desiderio di ricchezza e sviluppo, nella convinzione che il denaro possa comprare tutto e tutti, porterà a una situazione tragica e fuori controllo. Nonostante il tono ironico e satirico con cui l’autore costruisce la storia, questo racconto conduce in realtà il lettore a riflettere, tra l’altro, sui rischi di un’incessante crescita economica e su questioni etiche.
Questioni simili vengono sollevate anche da A Que in “Un biochip è per sempre”. Tecnologia applicata alla medicina: è l’obiettivo delle interfacce bio-tech, ancora in fase di sperimentazione ma potenzialmente in grado di curare malattie e potenziare le capacità intellettive umane. Sarà possibile così definirsi ancora umani o arriveremo a somigliare a delle macchine?
“Chen Yan aveva ancora un volto familiare, ma ormai avvertiva una distanza inimmaginabile tra loro.”
Il binomio uomo-macchina è un tema molto ricorrente in questo tipo di narrazioni, che tentano di dare una risposta alla paura comune, ad esempio in ambito lavorativo, di vedere il fattore umano sostituito da una macchina. “Il tempio ancestrale nella scatola” immaginato da Chen Qiufan rappresenta il compromesso fra i due, il punto di incontro fra due generazioni con idee diverse, quella di un padre che vuole portare avanti l’artigianato tradizionale dell’impresa di famiglia e quella di un figlio che è attratto dalle grandi opportunità tecnologiche dell’epoca in cui è nato.
Tecnologia, quindi, per rivoluzionare ma allo stesso tempo preservare la cultura tradizionale. Come le centottanta tecniche dell’intreccio delle listarelle di bambù custodite nelle mani del Vecchio Tang in “Con quelle mani” di Mu Ming (già presente nella raccolta “Colora il mondo” di cui vi ho parlato qui) o il kemoriano, la lingua apparentemente destinata a scomparire che Ilsa cerca con tutta se stessa di salvare ne “Il commutatore di Babel”. Regina Kanyu Wang, autrice di romanzi e racconti in inglese e cinese, riflette sul futuro della comunicazione e sull’inevitabile contaminazione linguistica nell’era della globalizzazione, con una storia che vede ancora due generazioni a confronto.
Il rapporto tra genitori e figli, particolarmente sentito nella patria di Confucio e della pietà filiale, rimane infatti un tema caro a scrittori e scrittrici di origine cinese, tra cui Han Song. Xiaomu, il protagonista del suo racconto, rappresenta una generazione senza sogni in un Paese che sta rapidamente invecchiando e stenta a riconoscersi, il quale dopo anni di distacco e disinteresse nei confronti dei genitori è spinto da un sogno infausto a ritrovarli. Ma una volta arrivato a “Paradiso 28”, una delle tante città altamente automatizzate create ad hoc per gli anziani che oramai non abitano più nella zona continentale, dedicata esclusivamente ai giovani, scoprirà che quello che stando al nome sembrerebbe un posto idilliaco, la terra della libertà, dietro l’angolo nasconde retroscena poco allettanti e sarà spinto a porsi diversi interrogativi.
“Ma questo non è forse diventato molto tempo fa un paese a sé?”
“E quello che siamo abituati a chiamare paese?”
“Credi che esista ancora?”
Al contrario, Liu Cixin ne “Il sole cinese” racconta gli ultimi decenni di trasformazioni del suo Paese attraverso la parabola di Shui Wa (水shuǐ “acqua” e 娃wá “bambino”), giovane contadino proveniente da un villaggio arido e polveroso che parte alla ricerca di un posto dove poter bere acqua non amara e trovare un po’ di fortuna. Spostando l’asticella sempre un po’ più in alto e ponendosi obiettivi sempre più ambiziosi, a poco a poco arriva a scoprire la città e le grandi opportunità che essa offre, ma anche la difficoltà di emergere. La notizia dell’avvio imminente di un progetto che prevede la costruzione di un sole artificiale nel cielo cinese che avrebbe dovuto contribuire all’aumento delle piogge negli aridi territori del Nord-ovest, lo porta a salire su un treno notturno alla volta della capitale insieme al compagno di stanza. Da contadino a minatore, da lustrascarpe a pulitore “uomo-ragno” delle vetrate dei grattacieli più alti di Pechino riuscirà a raggiungere lo Spazio, ma sempre in qualità di lavoratore instancabile come “contadino dello specchio”, scelto per ripulire l’immensa macchina del Sole cinese.
Non è cosa facile sviscerare in poche parole il contenuto di questi racconti, eterogenei sia per stile che per contenuti, che molto spesso attraverso una storia toccano moltissime tematiche e spingono a una serie di riflessioni a catena. In effetti, il duplice valore di queste opere è questo: avvicinare e incuriosire noi lettori riguardo tematiche che ci toccano sempre più da vicino, ma allo stesso tempo intrattenere con narrazioni in cui non mancano emozioni e sentimenti.
Di Linda Zuccolotto