Lo scorso 26 novembre, il cantante rock Chen Yufan è stato arrestato per possesso di droga mentre si trovava con la sua ragazza a Pechino. Secondo la ricostruzione fornita dall’account WeChat della polizia distrettuale di Shijingshan, il fermo sarebbe avvenuto in un’abitazione privata dopo una segnalazione della “comunità di quartiere”: una misteriosa organizzazione nota con il nome di Shijingshan Lao Jiefang (“I vecchi vicini di Shijingshan”). Una delle tante spuntate in giro per la capitale create per sostenere le forze dell’ordine nella lotta al crimine. Si tratta di volontari – per lo più anziani o venditori ambulanti facilmente identificabili per via di una fascia rossa al braccio – incaricati di mantenere la sicurezza presso la comunità locale e segnalare le facce sospette. Il sistema si ispira alle varie strategie di vigilanza popolare, dai baojia di epoca Song (960 -1279 d.C.), allo spionaggio grassroots sguinzagliato contro “i nemici di classe”durante la Rivoluzione culturale.
Dalle “Zie di Xicheng” ai “Netizen di Haidian”, negli ultimi anni i principali distretti di Pechino si sono dotati delle proprie sentinelle, con risultati talvolta così soddisfacenti da meritare il plauso dei media statali. E’ il caso delle “Masse di Chaoyang”, dal nome del quartiere noto per la movida notturna e il business internazionale. È qui che vivono le celebrità ed è qui che si annida buona parte dello spaccio locale di stupefacenti. Secondo il Global Times, lo scorso anno, la squadra incaricata di pattugliare l’area ha raggiunto quota 140mila unità, ovvero 300 sentinelle per chilometro quadrato. Grazie alle “Masse di Chaoyang”, nel 2017 la polizia ha ricevuto 8.300 soffiate riguardanti 370 casi, sfociate in 270 arresti e 390 situazioni di rischio per la sicurezza riportate con successo alla normalità. Numeri rilevanti ma ancora distanti dalla task force dispiegata nel 2016 in occasione del G20 di Hangzhou, quando la città meridionale fu pattugliata da 500mila volontarie (“Le Zie di Wuling”) facilmente riconoscibili per la distintiva divisa rosa shocking. Come spiegava all’epoca il quotidiano locale Dushi Kuaibao, “non solo a Pechino ma anche ad Hangzhou, ovunque ci siano le zie non ci possono essere segreti“, che si tratti di un nuovo vicino di casa o di una tubatura rotta.
Tanto per modalità d’azione quanto per contingenza temporale, queste nuove forme di controllo popolare vanno ricondotte alla cosiddetta “esperienza di Fengqiao” (Fengqiao Jingyan) , il distretto della provincia del Zhejiang che nel 1963 dichiarò guerra agli “elementi reazionari” (silei fenzi) – perlopiù proprietari terrieri, contadini benestanti, controrivoluzionari e malfattori – , individuando un “nemico del popolo” ogni cinquanta abitanti. L’esperimento fu ritenuto tanto fruttuoso da spingere Mao Zedong a spronare le altre regioni del paese a “seguirne l’esempio, espandendo il lavoro attraverso programmi pilota”. Se un tempo il problema erano i silei fenzi, nella “Nuova Era” inaugurata dal presidente Xi Jinping la vera piaga sociale va ricercata nella decadenza dei costumi. Nel 2014, una serie di arresti per droga nel mondo dello spettacolo spinsero la State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television a bandire le star depravate – compreso il figlio di Jackie Chan– dal piccolo schermo e da tutti i media outlet. La misura restrittiva seguiva di pochi mesi l’avvio di un giro di vite contro stupefacenti, prostituzione e gioco d’azzardo supervisionato dal ministero della Sicurezza pubblica.
Come spiega China Media Project, progetto di ricerca indipendente condotto in partnership con il Journalism & Media Studies Centre della University of Hong Kong, proprio il mese passato le autorità cinesi hanno festeggiato il 55esimo anniversario dell’ “esperienza di Fengqiao” con una serie di eventi, dal gemellaggio Nord-Sud tra le “zie” di Pechino e quelle di Hangzhou organizzato dai comitati di partito locali, a una conferenza sul tema presieduta nientemeno che dalla Commissione per gli Affari politici e legali, l’organo preposto al controllo del gigantesco apparato della sicurezza interna cinese. D’altronde, nel 2003 era stato lo stesso Xi Jinping, allora segretario del partito del Zhejiang, a dirigere i lavori della cerimonia per i 40 anni dalla “Fengqiao Jingyan”. Con spirito profetico, il futuro presidente invitò a studiare il caso di Fengqiao “come principale punto di partenza per rafforzare la gestione della sicurezza sociale e pubblica nella nuova era”.
[Pubblicato su Il Fatto quotidiano online]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.