Anche la quinta generazione di leader avrà il compito di costruire una società moderatamente prosperosa. Analizzare gli indicatori che misurano il suo raggiungimento può aiutare a capire il presente e il futuro di questo paese. L’analisi dei dati statististici sulle dimensioni dello sviluppo 2000-2011.
L’obiettivo ufficialmente dichiarato del modello di sviluppo cinese è quello di costruire entro il 2020 una società che sia “quanmian xiaokang”, termine di ispirazione confuciana adottato per la prima volta da Deng Xiaoping verso la fine degli anni Settanta che sta ad indicare uno standard di moderata prosperità e che riguarda diversi aspetti e dimensioni dello sviluppo (economico, sociale, umano, istituzionale, ambientale).
Alla fine degli anni Novanta il concetto verrà definitivamente adottato dalla leadership cinese quale principio guida per la definizione di nuovi parametri di valutazione e monitoraggio dei risultati raggiunti dal modello di sviluppo cinese.
L’adozione di tali standard riflette la volontà di andare oltre il semplice sviluppo economico, cercando di realizzare uno sviluppo più uniforme, omogeneo e realizzato tramite l’adozione di un approccio scientifico.
Questo tipo di standard, corrispettivo cinese degli Obiettivi di sviluppo del millennio (Millennium Development Goals) stabiliti dalle Nazioni Unite, rappresenta per certi versi l’eredità lasciata dal governo Jiang Zemin alla gestione del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao.
Questi ultimi la lasceranno a loro volta in consegna alla futura classe dirigente che prenderà il potere nel prossimo autunno. All’interno della nuova ondata di leader, la quinta generazione, il principale promotore della xiaokang è l’attuale vice premier, e da tutti indicato come premier in pectore, Li Keqiang.
Gli indicatori utilizzati per monitorare la realizzazione degli obiettivi dello sviluppo offrono delle interessanti indicazioni per capire in che direzione si sta muovendo la Cina e a che punto si trova – almeno secondo i non sempre attendibili dati ufficiali – rispetto alla tabella di marcia che si è prefissata per il periodo che va dal 2000 al 2020.
Trattandosi di dati ufficiali (rilasciati dal Dipartimento di Statistica nazionale cinese nel dicembre 2011: qui la tabella), non stupisce che essi registrino in tutte le dimensioni dei notevoli miglioramenti rispetto all’anno di riferimento del 2000.
In parte, questi dati riflettono dei reali ed innegabili risultati ottenuti dal governo cinese negli ultimi 10 anni. Tuttavia, per una loro corretta lettura è necessario esaminare alcuni degli indicatori selezionati e trarre alcune considerazioni circa le loro performance.
In particolare, è interessante notare come, laddove sussistano ancora evidenti problemi (distribuzione del reddito, armonia sociale), il report fornisca solo dati parziali. Il che fa supporre che non siano stati raggiunti i risultati sperati e che sia stato quindi ritenuto più opportuno ometterli.
Per quanto riguarda la scelta degli indicatori è doveroso invece sottolineare come, da un punto di vista tecnico, si siano preferiti per lo più indicatori di tipo quantitativo a quelli qualitativi.
Tale tendenza non è in linea con le attuali metodologie utilizzate dalle organizzazioni internazionali che tendono, al contrario, ad integrare sempre più gli indicatori qualitativi a quelli quantitativi.
La scelta tra dati quantitativi e qualitativi, oltre ad essere dettata da esigenze e limiti tecnici, offre inoltre indicazioni di natura politica, in quanto indice di come gli obiettivi di sviluppo prefissati siano people-oriented, ossia quanto mettano al centro dei piani di sviluppo le persone piuttosto che i soli risultati macro-economici.
Ad esempio, nel caso del componente Cultura e istruzione, dove l’aspetto qualitativo dovrebbe avere un maggiore risalto, nello strumento cinese prevale l’aspetto economico e quest’ultimo tenderà ad influenzare gli obiettivi prefissati e le politiche adottate per ottenerli.
Una riflessione a parte la richiede invece il componente Istituzioni democratiche. Risulta abbastanza paradossale che i due indicatori utilizzati “Grado di soddisfazione degli abitanti verso i propri diritti democratici” – poco attendibile poiché fortemente soggetto a distorsione – e “Sicurezza sociale” mostrino un grado di realizzazione in entrambi i casi superiore al 90 per cento, quando gli stessi organi di stampa ufficiali raccontano di una situazione abbastanza diversa da quella apparentemente descritta dallo strumento statistico, ad esempio, un diffuso aumento del malcontento che spesso sfocia in rivolte nelle zone rurali o scioperi in quelle urbane.
La speranza è che i dati siano sovrastimati, e che i reali obiettivi “democratici” siano ancora abbastanza lontani dalla loro totale realizzazione. E’ tuttavia più probabile che il partito comunista non abbia al momento grande intenzioni a estendere di molto lo spazio democratico all’interno del paese, per lo meno non nei prossimi dieci anni.
Dai dati sembra invece evidente che saranno fatti maggiori sforzi per portare avanti il processo di urbanizzazione del paese, aggravando ulteriormente la situazione già critica causata dalla scarsità di terra coltivabile, che è stata indirettamente una delle principali cause dello scoppio di rivolte nelle aree rurali.
La scarsità di terra disponibile ha fatto lievitare negli ultimi dieci anni il prezzo delle concessioni di utilizzo, portando a diversi casi di corruzione e appropriazione illegale dei terreni da parte dei funzionari locali – tra cui il più noto è il recente caso di Wukan – , che li sottraggono ai contadini e li cedono agli sviluppatori, in cambio di cospicue somme di denaro.
Per quel che concerne le statistiche relative alla protezione ambientale, sebbene evidenzino quello che è un reale impegno del governo cinese – ad esempio nella ricerca, lo sviluppo e l’adozione di tecnologie per la produzione di energia rinnovabile – anche queste sembrano essere sovrastimate e non in grado di riflettere il reale stato di inquinamento ambientale, in particolare per quel che riguarda la qualità dell’aria delle grandi metropoli cinesi – tra le più inquinate al mondo – e la qualità delle acque delle principali reti idriche del paese.
Consapevole del grosso divario che ha caratterizzato lo sviluppo economico cinese negli ultimi trent’anni, il governo cinese monitora anche i dati disaggregati relativi alle diverse regioni del paese, il dipartimento pubblica inoltre un report separato su quella che è la situazione nelle aree rurali che si basa su indicatori differenti.
I dati ufficiali, nonostante riportino un trend di miglioramento complessivo abbastanza uniforme, evidenziano ancora notevoli disparità nel tasso di realizzazione generale della xiaokang shehui tra le aree più sviluppate del paese (Regione orientale 88% e Regione Nord-orientale 82.3%) e quelle più arretrate (Regione centrale 77.7% e regione occidentale 71.4%), che riflette la natura non omogenea dello sviluppo cinese.
Ciò fa supporre che maggiori sforzi e investimenti saranno indirizzati allo sviluppo di queste regioni nei prossimi dieci anni, ed in particolare nella Regione occidentale maggiormente arretrata – che include le regioni autonome del Tibet, del Xinjiang, di Ningxia, del Guangxi e della Mongolia interna; le province del Sichuan, del Gansu, del Qinghai, dello Shaanxi, dello Yunnan, del Guizhou e la municipalità di Chongqing.
Molte delle province e regioni autonome di quest’area sono abitate in maggioranza da minoranze etniche ed alcune di esse – Tibet, Xinjiang e Sichuan – negli ultimi anni sono state teatro di sempre più frequenti proteste nei confronti della gestione del governo centrale. Il crescente dissenso è dovuto in parte proprio ai piani di sviluppo che Pechino ha imposto in queste aree.
Il quesito che rimane irrisolto è: la futura dirigenza cinese sarà in grado e, soprattutto, avrà la volontà di imparare dagli sbagli dei propri predecessori, ricalibrando meglio il suo impegno per la realizzazione di una reale società xiaokang?
O continuerà invece, ebbra dei “grandi” successi ottenuti, ad andare avanti lungo la strada già tracciata dai leader che li hanno preceduti, trasformando in mera retorica l’ideale di società xiaokang?
Una indicazione in un senso o nell’altro la si avrà probabilmente nel corso di quest’anno, quando saranno nominati i nuovi membri del Comitato Permanente del Politburo del Partito Comunista.
*Piero Cellarosi, sinologo e “sinofilo”, è un esperto in sviluppo umano e sicurezza alimentare. Ha lavorato in un progetto finanziato dall’International Fund for Rural Development (IFAD) delle Nazioni Unite dal 2008 al 2009 come Project Adviser e Food Security consultant nel corso delle fasi svolte in Cina di design, sviluppo e testing del Multidimensional Poverty Assessment Tool. Ama la filosofia e le arti marziali cinesi.
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