Il momento politico peggiore per Xi Jinping, da quando la Cina è in piena emergenza da coronavirus, è arrivato a causa di un articolo pubblicato dalla rivista Qiushi, il magazine teorico ufficiale del partito comunista cinese. L’articolo in questione, in realtà, è un discorso di Xi Jinping nel quale si apprende che il numero uno di Pechino sapeva già tutto e anzi già predisponeva ordini per contrastare il coronavirus il 7 gennaio. Ovvero tredici giorni in anticipo rispetto al suo primo discorso ufficiale sull’epidemia, ma comunque sette giorni dopo che la Cina aveva già avvisato l’Organizzazione mondiale della sanità.
Naturalmente alcuni media internazionali hanno utilizzato la data del 7 gennaio per accusare Xi Jinping di aver ritardato le comunicazioni alla popolazione, coprendosi dunque del grave errore di aver sottovalutato il virus.
LA VERITÀ, però, sembra più scritta in quella liturgia comunicativa utilizzata dal partito comunista quando intende spiegare alcuni suoi comportamenti: la data del 7 gennaio, così insolitamente sottolineata nel discorso di Xi, potrebbe indicare infatti la volontà del Pcc di spiegare i motivi degli allontanamenti dei tanti funzionari della regione dell’Hubei: se il 7 gennaio Xi aveva dato indicazioni e i responsabili del Pcc dell’Hubei le hanno ignorate (proseguendo, come niente fosse, con l’organizzazione delle celebrazioni del capodanno cinese), ecco spiegato il loro allontanamento, insieme alla presentazione di Xi, come leader in grado di prendere subito in mano la situazione.
In ogni caso, per Xi Jinping – come per tutto l’apparato del Pcc – non è un momento semplice, come evidenziano i social media cinesi e la stretta che si è compiuta sulle voci critiche.
L’EMERGENZA del coronavirus, con persone costrette a stare in casa e uscire solo alcune volte al giorno, muniti di una nuova tessera che permette i movimenti fuori casa (questo accade in tutte le città cinesi, non solo nella blindata Wuhan), ha dato vita a un profluvio di video e post realizzati da semplici cittadini che hanno consentito di farsi un’idea di come stessero andando le cose, soprattutto nel primo periodo della quarantena a Wuhan e delle difficoltà in altre città.
Molti di questi video, in particolare, hanno mostrato le difficoltà degli ospedali a gestire la crisi, trovando una straordinaria vicinanza con molti articoli apparsi sulla stampa più intraprendente del paese. Si tratta di un filone percorso anche da Chen Qiushi, un avvocato che aveva postato in rete numerosi video che ben descrivevano lo stato di caos e l’insufficienza di letti e materiale medico degli ospedali di Wuhan. Chen e Fan Bin, un videogiornalista, sono spariti da alcuni giorni e c’è da credere che nella loro scomparsa ci sia lo zampino delle autorità.
NEGLI ULTIMI GIORNI, infatti, la macchina di controllo del Partito comunista ha cominciato a bloccare molti più contenuti rispetto all’inizio della crisi e ad arrestare o zittire alcune voci critiche nei confronti dell’operato del partito. Oltre a Chen e Fan scomparsi, è stato arrestato l’avvocato Xu Zhiyong, che già nel 2014 era finito in carcere per aver organizzato un evento del cosiddetto «movimento dei nuovi cittadini».
Il caso più eclatante è quello del professore della prestigiosa università Tsinghua, Xu Zhangrun, finito ai domiciliari dopo un lungo articolo critico nei confronti della gestione dell’emergenza da parte del Pcc, che segue un altro suo intervento nel quale metteva nel mirino l’incredibile accumulo di potere di Xi Jinping, accusandolo di aver modificato il limite del doppio mandato alla presidenza, ponendosi al di sopra di tutto, perfino del partito stesso. Come ha riportato il Guardian, secondo un amico, «lo hanno confinato in casa con il pretesto che doveva essere messo in quarantena».
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.